Politica
«A Barletta è in atto una guerra tra poveri»
Intervento del consigliere comunale Dario Damiani. «Si stanno esasperando i conflitti personali fra i leader politici»
Barletta - venerdì 1 luglio 2011
«Guerra aperta tra bande rivali. Non è uno scenario di guerriglia urbana, purtroppo consueto in tante realtà del nostro Paese, bensì la sintesi di quanto accaduto nella nostra città in occasione del primo consiglio comunale del Maffei bis».
«Una situazione talmente insostenibile, sul piano politico ma anche umano, da obbligare il Sindaco a ricorrere alla
minaccia delle dimissioni in caso di mancato accordo della coalizione di maggioranza sulla nomina del presidente del Consiglio. Un diktat legittimo e condivisibile, purtroppo caduto nel vuoto: nonostante i 45 giorni trascorsi dalla tornata elettorale, a cui si aggiungono le 6 ore di "pausa di riflessione" che sarebbero dovute servire per raggiungere in extremis l'accordo su un candidato, i consiglieri di centrosinistra sono stati per l'ennesima volta incapaci di trovare un punto di equilibrio. Non soddisfatti del danno arrecato alla città nei giorni scorsi, privata della opportunità di avviare un'azione aministrativa efficace mediante una giunta che fosse espressione di intenti condivisi, gli esponenti delle fazioni in lotta, le cui uniche finalità sono la visibilità personale e l'assalto alla diligenza dell'esecutivo comunale, hanno dato un ulteriore indegno esempio di disprezzo nei confronti delle aspettative della cittadinanza.
Bene ha fatto il primo cittadino Nicola Maffei a chiamarsi fuori dalla lotta intestina che, non si scopre certo adesso, da anni lacera e divora il centrosinistra barlettano (leggasi in primis il Pd locale): il senso dello istituzioni, quando c'è, impone di farsi sempreinterprete del bene comune, travalicando gli interessi di parte. In questo senso, con la sua presa di posizione rispetto alla "guerra tra poveri" in atto in città, poveri di idee, di progettualità politica, di valori comuni, ricchi soltanto della propria arroganza, il sindaco Maffei, almeno lui, è riuscito a elevarsi su un altro piano, quello politico nell'accezione nobile del termine. Esprimendo con le sue dimissioni lo sdegno contro questa classe dirigente, ha colto e interpretato il disagio dell'intera cittadinanza, unita nella critica all'immobilismo del muro contro muro che da troppo tempo sfianca le forze produttive del territorio.
Un segnale forte, che tuttavia non lascia presagire alcunché di positivo: il Maffei bis si conferma come la versione riveduta e corretta, in peggio, degli ultimi cinque anni di amministrazione cittadina, con l'aggravante dell'esasperazione dei conflitti personali tra personaggi autoproclamatisi leader sulla scorta dell'ultimo successo elettorale. Una circostanza che, più di prima, impedirà al primo cittadino di "volare alto", perché come si sa, "non potrai mai volare come un'aquila finché ti circondi solo di tacchini"».
«Una situazione talmente insostenibile, sul piano politico ma anche umano, da obbligare il Sindaco a ricorrere alla
minaccia delle dimissioni in caso di mancato accordo della coalizione di maggioranza sulla nomina del presidente del Consiglio. Un diktat legittimo e condivisibile, purtroppo caduto nel vuoto: nonostante i 45 giorni trascorsi dalla tornata elettorale, a cui si aggiungono le 6 ore di "pausa di riflessione" che sarebbero dovute servire per raggiungere in extremis l'accordo su un candidato, i consiglieri di centrosinistra sono stati per l'ennesima volta incapaci di trovare un punto di equilibrio. Non soddisfatti del danno arrecato alla città nei giorni scorsi, privata della opportunità di avviare un'azione aministrativa efficace mediante una giunta che fosse espressione di intenti condivisi, gli esponenti delle fazioni in lotta, le cui uniche finalità sono la visibilità personale e l'assalto alla diligenza dell'esecutivo comunale, hanno dato un ulteriore indegno esempio di disprezzo nei confronti delle aspettative della cittadinanza.
Bene ha fatto il primo cittadino Nicola Maffei a chiamarsi fuori dalla lotta intestina che, non si scopre certo adesso, da anni lacera e divora il centrosinistra barlettano (leggasi in primis il Pd locale): il senso dello istituzioni, quando c'è, impone di farsi sempreinterprete del bene comune, travalicando gli interessi di parte. In questo senso, con la sua presa di posizione rispetto alla "guerra tra poveri" in atto in città, poveri di idee, di progettualità politica, di valori comuni, ricchi soltanto della propria arroganza, il sindaco Maffei, almeno lui, è riuscito a elevarsi su un altro piano, quello politico nell'accezione nobile del termine. Esprimendo con le sue dimissioni lo sdegno contro questa classe dirigente, ha colto e interpretato il disagio dell'intera cittadinanza, unita nella critica all'immobilismo del muro contro muro che da troppo tempo sfianca le forze produttive del territorio.
Un segnale forte, che tuttavia non lascia presagire alcunché di positivo: il Maffei bis si conferma come la versione riveduta e corretta, in peggio, degli ultimi cinque anni di amministrazione cittadina, con l'aggravante dell'esasperazione dei conflitti personali tra personaggi autoproclamatisi leader sulla scorta dell'ultimo successo elettorale. Una circostanza che, più di prima, impedirà al primo cittadino di "volare alto", perché come si sa, "non potrai mai volare come un'aquila finché ti circondi solo di tacchini"».