Cacciata dei saraceni
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700 anni dalla morte di Giovanni Pipino

Un barlettano alla corte di tre Re

«Il 30 agosto 1316 moriva il barlettano Giovanni Pipino, uno dei più potenti baroni del Regno di Napoli al servizio della monarchia Angioina. La sua carriera fu una escalation di continui successi a partire dal 1° ottobre 1289 quando fu elevato al rango di nobile e nominato Maestro Razionale della Gran Corte, l'ufficio più importante che gestiva le finanze del Regno. La sua più importante impresa fu la distruzione della colonia saracena di Lucera stanziata in Puglia da Federico II nella prima metà del XIII secolo. Fu il Papa Bonifacio VIII, in occasione del Primo Giubileo della storia, indetto con la Bolla del 22 febbraio 1300 "Antiquorum habet fidem", a fare leva sull'inconsueto attivismo religioso del sovrano Carlo II d'Angiò e a costringerlo a indire una "crociata" contro l'insediamento di Lucera, situata troppo vicina al centro territoriale della cristianità, tanto da essere considerata una "spina nell'occhio del Papa".

Il comando per questa difficile impresa fu affidato al barlettano Giovanni Pipino, uomo capace, astuto e determinato, con lettera regia di Carlo II d'Angiò che gli attribuiva tutti i poteri (mero e misto imperio) con l'obbligo a tutti gli alti ufficiali regi di qualsiasi provincia di ubbidire al Pipino come alla persona del Re. Forte di una grossa coalizione armata formata dalle maggiori città di Capitanata, Giovanni Pipino conscio di un'operazione militare basata sulla rapidità di esecuzione, il 15 agosto 1300, giorno in cui la Chiesa festeggia l'Assunzione della Madonna, attaccò e conquistò la città di Lucera e la ribattezzò "Civitas Sanctae Mariae. Giovanni Pipino, in nome del sovrano Angioino, prese possesso di tutte le terre demaniali, sequestrò tutti i beni mobili e immobili e mise in atto una dispersione pianificata di tutti i saraceni superstiti che furono venduti come schiavi nelle maggiori città del Regno.

Si pensi che nella città di Barletta, considerata la piazza più importante di Puglia, in un resoconto documentato risalente al 1318 si attesta che, solo a Barletta, furono portati 2024 saraceni e di questi, il 13 gennaio 1302, ne erano stati già venduti ben 1634. Carlo II d'Angiò annunciò trionfante al Pontefice la conquista di Lucera e concesse a Pipino numerosi feudi, notevoli ricchezze e il governatorato di Lucera con poteri illimitati. Giovanni Pipino promosse l'edificazione della Cattedrale di Lucera, magnifica testimonianza di stile gotico – angioino e la chiesa e convento di S. Bartolomeo, nella stessa città. Il 7 agosto 1307, Papa Clemente V, in riconoscenza di quanto fatto dal trionfatore di Lucera, concesse al nobilis Johannes Pipinus miles, Magister Rationalis Curie Regis Caroli, il permesso di ampliari et dilatari opere sumptuose Maiorem ecclesiam Sancte Marie de Barulo. Giovanni Pipino finanziò personalmente l'ampliamento della Cattedrale di Barletta e donò alcuni manufatti islamici che, a tutt'oggi, fanno parte del "tesoro della cattedrale".

Giovanni Pipino morì in Napoli il 30 agosto 1316 e fu tumulato nella chiesa di S. Pietro a Maiella. La fama di un uomo così singolarmente favorito dalla fortuna e dalla Corte Napoletana aveva varcato i confini dello Stato e trovò eco benigna nella stessa Avignone, in quel periodo sede papale. Lo stesso pontefice scrisse a Roberto d'Angiò parole di vivo rimpianto, raccomandando alla sua riconoscente benevolenza il figlio Nicolò, erede di un nome onorato e di una tradizione luminosa. Ancora oggi, in Napoli, si può ammirare il sepolcro gentilizio di Giovanni Pipino, opera di Giovanni Barrile, databile attorno alla prima metà del XIV secolo.

Giovanni Pipino fu un grande uomo di Stato che seppe raggiungere senza mezzi termini i fini proposti dalla politica del Re e la sua assoluta fedeltà, l'ambizione e la tenacia ne fanno un grande ed epico personaggio delle nostre terre. Tutte le vicende storiche, con ampie trascrizioni documentali, sono efficacemente narrate nel libro di Francesco Pinto "GIOVANNI PIPINO, UN BARLETTANO ALLA CORTE DI TRE RE", edito nel 2015 e presente in Biblioteca Comunale al numero di catalogo "AP C 462" e disponibile per consultazione e prestito».
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