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Vincenzo De Stefano, artista barlettano da riscoprire

Nino Vinella: «Parte della nostra identità culturale»

«La battaglia ingaggiata sui media dalla società civile di Barletta contro la chiusura della Cantina sperimentale lascia oggi alle cronache quella preziosa traccia d'arte firmata Vincenzo De Stefano. Il pittore barlettano (1861-1942) rievocato come riferimento artistico ed associato, proprio per questo motivo di superiore interesse culturale, da chi si è mobilitato in questa lotta (Comitato spontaneo cittadino, Comune, soggetti istituzionali) nello stretto connubio esistente tra difesa della vitivinicoltura di tradizione ed il patrimonio via via storicamente raccolto dall'ormai defunta struttura di ricerca. Patrimonio culturale costituito dall'ingente "corpus" bibliografico articolato e raccolto in centinaia di volumi scientifici sulla materia enologica. Come pure nelle immagini dipinte dal De Stefano, a rappresentare le varietà dei vitigni autoctoni coltivati nei nostri territori. Immagini più volte passate e pubblicate dai vari organi di stampa e sul web nella tambureggiante campagna di stampa contro l'inevitabile (?) destino: immagini che sono apparse invero come vere fotografie per la precisione del tratto abbinata alla raffinatezza di un disegno "ad usum" prettamente scientifico, e come tale da enfatizzare sotto l'aspetto della precisione. Altro che photoshop! aggiungerei…

Se in fondo a questa penosa vicenda (che mostra tutta l'inadeguatezza di una certa politica nell'arco di almeno questi ultimi vent'anni) riesco infine a scorgere una luce di speranza per la nostra "identità culturale", tale si deve al recupero della memoria di Vincenzo De Stefano. Del quale tutti, più o meno i responsabili nei vari comunicati stampa e dichiarazioni di circostanza a sostegno della crociata anti-chiusura della Cantina sperimentale, hanno voluto scrivere il nome senza, al momento, curarsi di quanto, oltre al suo nome, abbia la sua opera, per quanto definibile provinciale nel suo più sano significato, contribuito alle fortune artistiche di Barletta. Chi è stato dunque Vincenzo De Stefano?

In ciò che state leggendo, ci metto anche stavolta del mio, perché di Vincenzo De Stefano ne ho familiare, diretta, affettuosa e precisa testimonianza da mio padre, Biagio Vinella (1911-1965). Perché ne fu allievo in gioventù, proprio nel periodo in cui il suo maestro era all'apice della popolarità ed il suo nome già occupava uno spazio ben preciso nell'orizzonte della pittura di quel Novecento barlettano ancora da esplorare criticamente. Ecco com'era De Stefano raccontato in alcune pagine del diario, tuttora inedito, di Biagio Vinella.

"Avevo meno di vent'anni e lavoravo da commesso nel negozio di dolciumi su corso Vittorio Emanuele, di fronte alla casa dov'era nato De Nittis. Ricordo (si era nel 1930) proprio in occasione del Natale dipinsi un paesaggio con case ed alberi coperti di neve dando a tutto l'insieme quell'atmosfera morbida che ben si addice al periodo natalizio. Il successo fu grandissimo e, più che ai prodotti esposti, il pubblico era attratto da questo paesaggio che tra le luci ed i vari dolciumi esposti sembrava veramente bello. Non solo, ma i barlettani mai avevano visto prima di allora vetrine così preparate. Fu a causa di questo paesaggio che iniziai a prendere i primi contatti con il Prof. Vincenzo De Stefano, il quale, essendo frequentatore di tale negozio e assistendo alla preparazione di tale paesaggio, non lesinò di suggerimenti, e spontaneamente volle dipingere due figure che sulla strada coperta di neve si allontanano con un realismo sorprendente. Da questi primi contatti con il Maestro venne spontaneo da parte mia il forte desiderio di apprendere ancora di più per conoscere più a fondo tutti i segreti della pittura, diventando non solo allievo prediletto ma addirittura un amico sincero ed inseparabile. Assicurati da una reciproca stima, il caro indimenticabile don Vincenzo mi autorizzò a frequentare la sua casa che era messa in Via Nazareth, proprio di fronte alla Chiesa omonima. Fu lui a pretendere che io provvedessi a farmi tutta l'attrezzatura necessaria al pittore come la cassetta (copia esatta della sua) e le spatole, che furono eseguite e copiate alla perfezione da quelle in suo possesso da un bravissimo artigiano meccanico locale. La meraviglia e lo stupore che mi prese la prima volta che varcai la soglia del suo studio-salotto fu grandissima. E quanta timidezza vi era in me al cospetto di tanto Maestro che si rendeva molto simpatico per il suo buonumore avendo un temperamento che non esitai a definire stravagante.

Insomma don Vincenzo era un vero artista nel senso completo della parola, con i suoi lati belli e brutti, con la parola facile e tagliente, in special modo quando si trattava di commentare tutto ciò che riguardava la nostra Barletta, le sue persone e la sua vita. Attraverso i suoi ragionamenti e commenti non ci volle molto a capire che don Vincenzo amava moltissimo questa nostra città che, a sentir lui, doveva sempre più progredire e rendersi sempre più bella e pulita. Lo stesso amore, la stessa passione – e perché no – gli stessi difetti e pregi del caro Maestro mi sono entrati nel sangue. In casa De Stefano erano pure frequentatori il dott. Franco Cocchiarole e il dott. Michele Tarantino che abitavano nella stessa strada. Tutti e due dilettanti in pittura. Ed anche con questi non mancai di fare buona amicizia con entrambi. Erano gli anni '30 e la vita in generale si svolgeva a Barletta calma e tranquilla"».

[Nino Vinella, giornalista]
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