"Se una mattina d'autunno un viaggiatore..."
Barletta-Bari andata e ritorno: cronaca di un'impresa
sabato 6 novembre 2010
iReport
Riceviamo e pubblichiamo questa lettera di protesta inviataci da un cittadino barlettano, che lamenta alcuni disservizi "offerti" da Trenitalia sulla tratta Barletta-Bari:
« Giovedi' 4 novembre. Sveglia alle 6:35. Alle 7:16 devo prendere dalla stazione di Barletta il treno per Bari, il cui arrivo è previsto alle 8,05. Inizio a lavorare alle 8:45, e la mia sede lavorativa dista dieci minuti a piedi dalla stazione di Bari. Il treno delle 7:16 mi dovrebbe (!) permettere di arrivare con buon anticipo, il che mi autorizzerebbe anche ad avere una rapida colazione prima di arrivare al lavoro. Arrivo in stazione alle 7:10, faccio il biglietto, trafelato arrivo sul binario dal quale dovrebbe (!) partire il treno, ma con sorpresa scopro che il treno è soppresso. La motivazione, manco a dirlo, non è possibile saperla per noi comuni pendolari. Pazienza, mi dico. Il prossimo treno per Bari parte dal binario 1 alle 7:31. L'arrivo di questo treno è previsto alle 8:19 a Bari. Poco male, penso tra me e me. Arriverei comunque in orario al lavoro. Raggiungo il binario 1 e noto una folla di persone che lo attendono a dir poco superiore alla media. Sarà un lungo viaggio, immagino. Alle 7:30 in punto, senza ritardi sulla tabella di marcia, il treno arriva alla stazione di Barletta. Inizia quella "via crucis" che consiste nella ricerca del posto a sedere. La gente in queste occasioni dimentica di conoscere chiunque stia salendo in treno, usa le borse per farsi spazio, sgomita come all'ingresso dei concerti di rock-stars americane. Partendo dalle retrovie nella fila creatasi per accedere al treno, non riesco a trovare posto a sedere e decido di stare in piedi tra i sedili, sperando che qualcuno scenda nelle tappe intermedie tra Barletta e Bari. Speranza vana. A Trani raccogliamo un'altra vagonata di gente. A Bisceglie stessa scena, con un'unica differenza: si alza una persona nel mio vagone, ma aveva già "promesso" il posto a un amico salito a Bisceglie. La temperatura nel treno si alza, il mix di odori comincia a diventare poco sostenibile. A Molfetta salgono anche i "ragazzi delle scuole" , che si recano ogni mattina a Bari e insieme allo spazio che occupano portano con sé una bella dose di inquinamento acustico. Nel vagone che occupo gli spazi si fanno sempre più stretti, le distanze con chi è seduto si riducono sempre di più. Va peggio a chi è nei corridoi: chi si trova nelle posizioni più laterali rischia di uscire dal treno involontariamente ogniqualvolta si aprono le porte della locomotiva. A Giovinazzo d'improvviso assisto ad una scena mai vista: vista la notevole quantità di gente che si appresta a salire sul treno, un controllore urla a noi occupanti ( e ricordiamolo, regolarmente PAGANTI!) di stringerci un po'. Per fortuna un signore gli risponde per le rime, facendogli notare l'indecenza della situazione in cui ci troviamo. Dopo la fermata di Giovinazzo tocca alle aree metropolitane di Bari: Santo Spirito, Palese e Zona Industriale. In pochissimi scendono e in pochi salgono. Procediamo con i finestrini mezzi abbassati, il che ci permette di "offrirci" alla brezza a dir poco fresca che le mattine autunnali sanno proporre. Il treno, stracarico oltre i limiti dell'immaginabile, viaggia a passo da lumaca. Alle 8:53, con 34 (!) minuti di ritardo sull'orario previsto, il treno arriva a Bari: l'uscita dal mezzo è un'altra impresa. Riprende il circo di spintoni, corse e gomitate già visto all'ingresso. Alle 8:58 metto piede all'esterno della stazione di Bari, e chiamo al lavoro per dire che farò ritardo.
Vi direte: ma scene di questo genere non sono nuove. Infatti arriva il viaggio di ritorno: orario di partenza da Bari previsto alle 13:35. Partiamo in orario o quasi. Stavolta il treno è meno pieno dell'andata, ma il risultato non cambierà. L'arrivo a Barletta, previsto alle 14:23, avviene alle 14:51, con 28(!) minuti di ritardo sulla tabella di marcia, dopo soste incomprensibilmente lunghe a Palese e Giovinazzo. A voler guardare il bicchiere mezzo pieno 6 minuti di ritardo in meno rispetto all'andata: ma l'ironia cede il passo alla stanchezza, e la voglia di protestare anche. Resta solo una considerazione: dal primo novembre Trenitalia ha aumentato di un euro il prezzo del biglietto "andata-ritorno" sulla tratta Barletta-Bari: chi pagava 6 euro e 80 centesimi, ora paga 7 euro e 80 centesimi. Ci possono spiegare come sono giustificati questi aumenti, che ovviamente coinvolgono anche gli abbonamenti settimanali e mensili? Esiste una giustificazione razionale, o la ragione è da cercare nel termine MONOPOLIO, quello che Trenitalia ha nel nostro Paese?
Ho viaggiato negli ultimi tempi su treni regionali in Piemonte e in Toscana: la situazione era totalmente diversa. Treni puntuali, nuovi e puliti agli stessi prezzi di quelle "carrette" offerte, salvo i miracoli chiamati "Vivalto", a chi, come me, si sposta in treno in Puglia. Eppure anche questa è Italia».
UN CITTADINO INDIGNATO
« Giovedi' 4 novembre. Sveglia alle 6:35. Alle 7:16 devo prendere dalla stazione di Barletta il treno per Bari, il cui arrivo è previsto alle 8,05. Inizio a lavorare alle 8:45, e la mia sede lavorativa dista dieci minuti a piedi dalla stazione di Bari. Il treno delle 7:16 mi dovrebbe (!) permettere di arrivare con buon anticipo, il che mi autorizzerebbe anche ad avere una rapida colazione prima di arrivare al lavoro. Arrivo in stazione alle 7:10, faccio il biglietto, trafelato arrivo sul binario dal quale dovrebbe (!) partire il treno, ma con sorpresa scopro che il treno è soppresso. La motivazione, manco a dirlo, non è possibile saperla per noi comuni pendolari. Pazienza, mi dico. Il prossimo treno per Bari parte dal binario 1 alle 7:31. L'arrivo di questo treno è previsto alle 8:19 a Bari. Poco male, penso tra me e me. Arriverei comunque in orario al lavoro. Raggiungo il binario 1 e noto una folla di persone che lo attendono a dir poco superiore alla media. Sarà un lungo viaggio, immagino. Alle 7:30 in punto, senza ritardi sulla tabella di marcia, il treno arriva alla stazione di Barletta. Inizia quella "via crucis" che consiste nella ricerca del posto a sedere. La gente in queste occasioni dimentica di conoscere chiunque stia salendo in treno, usa le borse per farsi spazio, sgomita come all'ingresso dei concerti di rock-stars americane. Partendo dalle retrovie nella fila creatasi per accedere al treno, non riesco a trovare posto a sedere e decido di stare in piedi tra i sedili, sperando che qualcuno scenda nelle tappe intermedie tra Barletta e Bari. Speranza vana. A Trani raccogliamo un'altra vagonata di gente. A Bisceglie stessa scena, con un'unica differenza: si alza una persona nel mio vagone, ma aveva già "promesso" il posto a un amico salito a Bisceglie. La temperatura nel treno si alza, il mix di odori comincia a diventare poco sostenibile. A Molfetta salgono anche i "ragazzi delle scuole" , che si recano ogni mattina a Bari e insieme allo spazio che occupano portano con sé una bella dose di inquinamento acustico. Nel vagone che occupo gli spazi si fanno sempre più stretti, le distanze con chi è seduto si riducono sempre di più. Va peggio a chi è nei corridoi: chi si trova nelle posizioni più laterali rischia di uscire dal treno involontariamente ogniqualvolta si aprono le porte della locomotiva. A Giovinazzo d'improvviso assisto ad una scena mai vista: vista la notevole quantità di gente che si appresta a salire sul treno, un controllore urla a noi occupanti ( e ricordiamolo, regolarmente PAGANTI!) di stringerci un po'. Per fortuna un signore gli risponde per le rime, facendogli notare l'indecenza della situazione in cui ci troviamo. Dopo la fermata di Giovinazzo tocca alle aree metropolitane di Bari: Santo Spirito, Palese e Zona Industriale. In pochissimi scendono e in pochi salgono. Procediamo con i finestrini mezzi abbassati, il che ci permette di "offrirci" alla brezza a dir poco fresca che le mattine autunnali sanno proporre. Il treno, stracarico oltre i limiti dell'immaginabile, viaggia a passo da lumaca. Alle 8:53, con 34 (!) minuti di ritardo sull'orario previsto, il treno arriva a Bari: l'uscita dal mezzo è un'altra impresa. Riprende il circo di spintoni, corse e gomitate già visto all'ingresso. Alle 8:58 metto piede all'esterno della stazione di Bari, e chiamo al lavoro per dire che farò ritardo.
Vi direte: ma scene di questo genere non sono nuove. Infatti arriva il viaggio di ritorno: orario di partenza da Bari previsto alle 13:35. Partiamo in orario o quasi. Stavolta il treno è meno pieno dell'andata, ma il risultato non cambierà. L'arrivo a Barletta, previsto alle 14:23, avviene alle 14:51, con 28(!) minuti di ritardo sulla tabella di marcia, dopo soste incomprensibilmente lunghe a Palese e Giovinazzo. A voler guardare il bicchiere mezzo pieno 6 minuti di ritardo in meno rispetto all'andata: ma l'ironia cede il passo alla stanchezza, e la voglia di protestare anche. Resta solo una considerazione: dal primo novembre Trenitalia ha aumentato di un euro il prezzo del biglietto "andata-ritorno" sulla tratta Barletta-Bari: chi pagava 6 euro e 80 centesimi, ora paga 7 euro e 80 centesimi. Ci possono spiegare come sono giustificati questi aumenti, che ovviamente coinvolgono anche gli abbonamenti settimanali e mensili? Esiste una giustificazione razionale, o la ragione è da cercare nel termine MONOPOLIO, quello che Trenitalia ha nel nostro Paese?
Ho viaggiato negli ultimi tempi su treni regionali in Piemonte e in Toscana: la situazione era totalmente diversa. Treni puntuali, nuovi e puliti agli stessi prezzi di quelle "carrette" offerte, salvo i miracoli chiamati "Vivalto", a chi, come me, si sposta in treno in Puglia. Eppure anche questa è Italia».
UN CITTADINO INDIGNATO