Roma, fermata Ottaviano, Via Barletta
Un pensiero alla nostra città dalla Capitale
domenica 22 novembre 2015
iReport
«Nonostante il tremolio del cervello sociale che, dopo il 13 novembre parigino, sembra aver perso ogni vigore, prendo la metro per recarmi a San Pietro e scendo alla fermata Ottaviano. Con gran sorpresa, alla fine delle scale, incrocio l'insegna con il nome della mia città: "Via Barletta", inciso su quelle composte lastre di pietra che trovi all'inizio e alla fine di ogni strada romana. Mi incanto a guardarla, tant'è che la foto esce anche storta, forse colpa del capo chino. Un pensiero senza particolare senso, solo quello di sapere la mia città simbolicamente vicina al cosiddetto obiettivo sensibile. Polizia ed esercito non giravano così tanto per la città dai tempi delle brigate rosse, dicono. Io non c'ero ancora. Ma oggi voglio esserci; ed esistere.
Per noi occidentali è difficile pensare di poter morire; il benessere ci ha reso così attaccati alla vita, che a 10 anni necessitiamo di una realtà aumentata e a 70 andiamo a correre sul litorale perché il medico ci ha detto che fa bene. Prolunghiamo il tempo e dilatiamo lo spazio, senza pensare che proprio questa espansione contiene già una morte in sé; quella del presente. Ecco cosa ci differenzia dalla popolazione medio-orientale: la paura della vita finibile e il coraggio di una morte interminabile. Anche questa è una delle tante lotte locali di questa terza guerra mondializzata.
Un caro saluto a tutti i miei concittadini da Roma».
[Filippo]
Per noi occidentali è difficile pensare di poter morire; il benessere ci ha reso così attaccati alla vita, che a 10 anni necessitiamo di una realtà aumentata e a 70 andiamo a correre sul litorale perché il medico ci ha detto che fa bene. Prolunghiamo il tempo e dilatiamo lo spazio, senza pensare che proprio questa espansione contiene già una morte in sé; quella del presente. Ecco cosa ci differenzia dalla popolazione medio-orientale: la paura della vita finibile e il coraggio di una morte interminabile. Anche questa è una delle tante lotte locali di questa terza guerra mondializzata.
Un caro saluto a tutti i miei concittadini da Roma».
[Filippo]