Le precisazioni di Vittorio Palumbieri sul tema Disfida
La risposta ai commenti dell'intervista a Barlettalife
giovedì 23 agosto 2012
iReport
Alla Redazione di Barlettalife
Non ho la ventura di conoscere questo tal Roberto Diviccaro, ma l'aggressività immotivata che contraddistingue il suo intervento o commento, che dir si voglia, alla intervista da me rilasciata a Codesta Redazione sul tema della "Disfida" mi sconcerta perché rivela un carattere livoroso ed anche un po' obliquo, per le cose che dice e non dice, riferimenti generici e sottili insinuazioni che rasentano il codice penale e ricordano il linguaggio allusivo e, perché no, intimidatorio di certe "coppole storte" ben note in letteratura e nella filmografia. Ma non è su questo che voglio intrattenermi, e neanche sulla incontenibile ed inutile discettazione che il nostro, annebbiato dalla voglia distruttiva di quanto è stato realizzato dall'ente turistico locale nel passato, si sarebbe potuta risparmiare se avesse avuto l'intelligenza di tenere distinti il certame cavalleresco della disfida di Barletta dalla rievocazione rievocazione storica dell'avvenimento.
A beneficio dei lettori, straniti da tanta bile, ricorderò in breve la differenza, con l'aupicio che l'erudito di turno voglia abbandonare supponenza e presunzione che sono sempre cattive consigliere.
L'Azienda di Turismo, soppressa da quindici anni, fu istituita nel 1966 non per essere l'Accademia dei Lincei né l'Istituto per la storia della Disfida, ma per promuovere le risorse turistiche del territorio, attraverso iniziative di richiamo verso i mercati nazionali ed internazionali. Di qui la scelta operata, sin dalle prime edizioni, denominare chiamare la manifestazione in questione "CERTAME CAVALLERTESCO DELLA DISIDA DI BARLETTA" e non Rievocazione Storica. Fatta questa fondamentale precisazione la polemica innescata dal Diviccaro si può considerare chiusa per cui le gravidanze, le parentele, le identificazioni, le denominazioni e tutto il resto, sulle quali si è librato l'erudito Diviccaro, lasciano il tempo che trovano, perché il fine ultimo della Azienda è stato sempre quello di ricreare il fascino di un'epoca, con varianti, invenzioni e innovazioni che servissero a rendere lo spettacolo coinvolgente ed affascinante, senz per questo tradire lo spirito del fatto storico. Risultati questi pienamente ottenuti con gli apprezzamenti degli Organi Ministeriali di vigilanza, e di coordinamento quale è l'Enit, nonchè della stampa scritta e parlata che ha sempre sottolineato la novità di uno spettacolo sempre nuovo e di richiamo. In buona sostanza l'Azienda di Turismo ha colto la opportunità di un fatto realmente avvenuto, e che mai sarebbe diventato patrimonio popolare se non ci fosse stato il romanzo di d'Azeglio, (anch'esso ricco di imperfezioni storiche e tuttavia di grande successo), per far rivivere un'epoca al di là di dettagli che nulla avrebbero aggiunto alla spettacolarità della manifestazione, pur con le sue variazioni, invenzioni e, perché no, trasgressioni, ma non falsificazioni, utili al risultato finale. Vada a leggersi il Diviccaro i servizi giornalistici e televisivi dell'epoca, ma con una avvertenza: se ha un'occupazione si metta in congedo perché avrà bisogno di molto tempo. Quanto al compenso alla Simona Izzo cui si fa riferimento o ai comportamenti discutibili di alcuni dei partecipanti, ci si rivolga altrove perché quelle edizioni non appartengono alla storia del locale ente turistico.
Mi dispiace per il Signor Roberto Diviccaro, ma la sua ampia discettazione mi richiama alla mente il manzoniano don Ferrante, erudito e teso sempre "ad isfoggiar dottrina e far vedere che non era indietro del suo secolo". Ma il poverino, che pur si era cimentato nel disquisire sulla inesistenza della peste ne morì "come un eroe di Metastasio prendendosela con le stelle". Considero qui chiusa la querelle innescata dal Diviccaro avvertendolo che non vi saranno ulteriori repliche da parte mia, qualunque cosa egli intenda pubblicare, perché ci sono questioni molto più importanti ed interessanti delle quali occuparsi e non certo del colore delle calze di Lucia Mondella indossate il giorno del suo mancato matrimonio. Piuttosto il Diviccaro cerchi di capire e di spiegarmi come mai la Disida 2012, annunciata alla BIT di Milano nel febbraio scorso e ricca di una dotazione di 200.000,00 euro, deliberata dalla Regione e disponibile dal novembre del 2011, non consente ancora oggi al Comune di Barletta di avviare i preparativi della manifestazione, potendo disporre in dodicesimi dello stanziamento del proprio bilancio 2011.
Mi resta solo, a questo punto, ringraziare affettuosamente l'avv. Morella per gli apprezzamenti nel ricordo del padre, sindaco ineccepibile che, con Peppino Palmitessa e Michele Tupputi, hanno rappresentato la parte migliore della classe cattolico-liberale formatasi nella parrochia di Sant'Agostino. Conservo del Sindaco Morella il miglior ricordo perché contribuì all'affermazione della Disfida nella nostra città negli anni 1965-70 quando ho avuto l'onore e l'onere si essere capo gruppo consiliare della Democrazia Cristiana.
Ed infine una curiosità: come mai il Diviccaro si lancia in questa battaglia storica di retroguardia, e cioè a distanza di oltre venti anni da quando l'Azienda di Turismo non si è più occupata della Disfida? Ha tenuto per tanti anni tanto veleno in corpo?
Grazie per l'ospitalità.
Vittorio A. Palumbieri
Non ho la ventura di conoscere questo tal Roberto Diviccaro, ma l'aggressività immotivata che contraddistingue il suo intervento o commento, che dir si voglia, alla intervista da me rilasciata a Codesta Redazione sul tema della "Disfida" mi sconcerta perché rivela un carattere livoroso ed anche un po' obliquo, per le cose che dice e non dice, riferimenti generici e sottili insinuazioni che rasentano il codice penale e ricordano il linguaggio allusivo e, perché no, intimidatorio di certe "coppole storte" ben note in letteratura e nella filmografia. Ma non è su questo che voglio intrattenermi, e neanche sulla incontenibile ed inutile discettazione che il nostro, annebbiato dalla voglia distruttiva di quanto è stato realizzato dall'ente turistico locale nel passato, si sarebbe potuta risparmiare se avesse avuto l'intelligenza di tenere distinti il certame cavalleresco della disfida di Barletta dalla rievocazione rievocazione storica dell'avvenimento.
A beneficio dei lettori, straniti da tanta bile, ricorderò in breve la differenza, con l'aupicio che l'erudito di turno voglia abbandonare supponenza e presunzione che sono sempre cattive consigliere.
L'Azienda di Turismo, soppressa da quindici anni, fu istituita nel 1966 non per essere l'Accademia dei Lincei né l'Istituto per la storia della Disfida, ma per promuovere le risorse turistiche del territorio, attraverso iniziative di richiamo verso i mercati nazionali ed internazionali. Di qui la scelta operata, sin dalle prime edizioni, denominare chiamare la manifestazione in questione "CERTAME CAVALLERTESCO DELLA DISIDA DI BARLETTA" e non Rievocazione Storica. Fatta questa fondamentale precisazione la polemica innescata dal Diviccaro si può considerare chiusa per cui le gravidanze, le parentele, le identificazioni, le denominazioni e tutto il resto, sulle quali si è librato l'erudito Diviccaro, lasciano il tempo che trovano, perché il fine ultimo della Azienda è stato sempre quello di ricreare il fascino di un'epoca, con varianti, invenzioni e innovazioni che servissero a rendere lo spettacolo coinvolgente ed affascinante, senz per questo tradire lo spirito del fatto storico. Risultati questi pienamente ottenuti con gli apprezzamenti degli Organi Ministeriali di vigilanza, e di coordinamento quale è l'Enit, nonchè della stampa scritta e parlata che ha sempre sottolineato la novità di uno spettacolo sempre nuovo e di richiamo. In buona sostanza l'Azienda di Turismo ha colto la opportunità di un fatto realmente avvenuto, e che mai sarebbe diventato patrimonio popolare se non ci fosse stato il romanzo di d'Azeglio, (anch'esso ricco di imperfezioni storiche e tuttavia di grande successo), per far rivivere un'epoca al di là di dettagli che nulla avrebbero aggiunto alla spettacolarità della manifestazione, pur con le sue variazioni, invenzioni e, perché no, trasgressioni, ma non falsificazioni, utili al risultato finale. Vada a leggersi il Diviccaro i servizi giornalistici e televisivi dell'epoca, ma con una avvertenza: se ha un'occupazione si metta in congedo perché avrà bisogno di molto tempo. Quanto al compenso alla Simona Izzo cui si fa riferimento o ai comportamenti discutibili di alcuni dei partecipanti, ci si rivolga altrove perché quelle edizioni non appartengono alla storia del locale ente turistico.
Mi dispiace per il Signor Roberto Diviccaro, ma la sua ampia discettazione mi richiama alla mente il manzoniano don Ferrante, erudito e teso sempre "ad isfoggiar dottrina e far vedere che non era indietro del suo secolo". Ma il poverino, che pur si era cimentato nel disquisire sulla inesistenza della peste ne morì "come un eroe di Metastasio prendendosela con le stelle". Considero qui chiusa la querelle innescata dal Diviccaro avvertendolo che non vi saranno ulteriori repliche da parte mia, qualunque cosa egli intenda pubblicare, perché ci sono questioni molto più importanti ed interessanti delle quali occuparsi e non certo del colore delle calze di Lucia Mondella indossate il giorno del suo mancato matrimonio. Piuttosto il Diviccaro cerchi di capire e di spiegarmi come mai la Disida 2012, annunciata alla BIT di Milano nel febbraio scorso e ricca di una dotazione di 200.000,00 euro, deliberata dalla Regione e disponibile dal novembre del 2011, non consente ancora oggi al Comune di Barletta di avviare i preparativi della manifestazione, potendo disporre in dodicesimi dello stanziamento del proprio bilancio 2011.
Mi resta solo, a questo punto, ringraziare affettuosamente l'avv. Morella per gli apprezzamenti nel ricordo del padre, sindaco ineccepibile che, con Peppino Palmitessa e Michele Tupputi, hanno rappresentato la parte migliore della classe cattolico-liberale formatasi nella parrochia di Sant'Agostino. Conservo del Sindaco Morella il miglior ricordo perché contribuì all'affermazione della Disfida nella nostra città negli anni 1965-70 quando ho avuto l'onore e l'onere si essere capo gruppo consiliare della Democrazia Cristiana.
Ed infine una curiosità: come mai il Diviccaro si lancia in questa battaglia storica di retroguardia, e cioè a distanza di oltre venti anni da quando l'Azienda di Turismo non si è più occupata della Disfida? Ha tenuto per tanti anni tanto veleno in corpo?
Grazie per l'ospitalità.
Vittorio A. Palumbieri