Barletta, categorie protette tra crisi e pregiudizio
Romeo Tuosto di CGIL la definisce una questione culturale
venerdì 7 maggio 2010
I nomi sono dettagli che possono anche passare in secondo piano, e poco importa se siamo in un supermercato, calzaturificio o maglieria. Basta avere una di quelle malattie che in un qualche modo stravolgono il normale svolgersi dell'attività lavorativa, ed ecco che sei fuori. Accade che per la legge fai parte di una categoria protetta, mentre per gli imprenditori barlettani sei un nulla facente. Lo spunto parte dalla vicenda di un lavoratore barlettano assunto in un grande supermercato della città della Disfida.
Quarantacinque anni, un'invalidità del 70%, due figli e una precedente esperienza lavorativa nel settore del calzaturiero. Una disfunzione renale lo costringe sul luogo di lavoro ad usare alcune accortezze, tra cui quello di assumere dei farmaci, non sollevare carichi troppo pesanti e fare di tanto in tanto alcuni minuti di pausa. Effettuati i tre mesi di prova, il lavoratore in questione diventa goccia che si perde nell'oceano di disoccupati iscritti alle liste di collocamento nell'attesa di trovare un nuovo lavoro, in quanto non gli rinnovano il contratto. Insomma a quanto pare, questo è il destino che accomuna tutti coloro che affetti da patologie pur potendo utilizzare la legge 68, nonostante tutto non riescono a trovare un impiego. La situazione diventa più grave ed emarginante se ci si ritrova dinanzi ad una donna, visto che può scattare una vera e propria doppia discriminazione.
Una prassi generale che fa diventare il problema della crisi solo una scusa, in realtà l'occupazione dei lavoratori appartenenti alle categorie protette è una questione molto difficile, soprattutto se si tratta di aziende private e in particolar modo quando si parla del Sud. Su questo ha le idee molto chiare Romeo Tuosto, responsabile dell'Ufficio H della Cgil di Bari e da alcuni mesi anche della nuova provincia pugliese Barletta, Andria e Trani. Il Dirigente della CGIL parla di questione culturale alla base dell'annoso problema. Spesso i lavoratori e le lavoratrici appartenenti alle categorie protette vengono visti come nullafacenti, come gente che non ha voglia di lavorare e che vuole prendere soltanto lo stipendio.
Purtroppo questo discorso al Sud è più evidente. Il pregiudizio nei confronti dei lavoratori disabili è talmente diffuso da avere delle serie ripercussioni sull'occupazione, anche una volta superato il primo step della chiamata, secondo stime CGIL oltre l'80% di quelli che vengono avviati al lavoro attraverso il collocamento delle categorie protette non supera il periodo di prova. Storie di ordinaria realtà, che a quanto pare numerose giungono sistematicamente agli uffici della nuova provincia di Barletta, Andria e Trani. Storie che in qualche modo si assomigliano tutte ed hanno un unico filo conduttore, vale per il terziario e il commercio, per i depositi farmaceutici, come per le aziende metalmeccaniche e per molte realtà produttive piccole e medie presenti sul territorio. Un pregiudizio appunto, perchè statistiche alla mano dicono che quando una persona con disabilità viene messa in condizione di lavorare si dimostra efficiente al 100%.
Quarantacinque anni, un'invalidità del 70%, due figli e una precedente esperienza lavorativa nel settore del calzaturiero. Una disfunzione renale lo costringe sul luogo di lavoro ad usare alcune accortezze, tra cui quello di assumere dei farmaci, non sollevare carichi troppo pesanti e fare di tanto in tanto alcuni minuti di pausa. Effettuati i tre mesi di prova, il lavoratore in questione diventa goccia che si perde nell'oceano di disoccupati iscritti alle liste di collocamento nell'attesa di trovare un nuovo lavoro, in quanto non gli rinnovano il contratto. Insomma a quanto pare, questo è il destino che accomuna tutti coloro che affetti da patologie pur potendo utilizzare la legge 68, nonostante tutto non riescono a trovare un impiego. La situazione diventa più grave ed emarginante se ci si ritrova dinanzi ad una donna, visto che può scattare una vera e propria doppia discriminazione.
Una prassi generale che fa diventare il problema della crisi solo una scusa, in realtà l'occupazione dei lavoratori appartenenti alle categorie protette è una questione molto difficile, soprattutto se si tratta di aziende private e in particolar modo quando si parla del Sud. Su questo ha le idee molto chiare Romeo Tuosto, responsabile dell'Ufficio H della Cgil di Bari e da alcuni mesi anche della nuova provincia pugliese Barletta, Andria e Trani. Il Dirigente della CGIL parla di questione culturale alla base dell'annoso problema. Spesso i lavoratori e le lavoratrici appartenenti alle categorie protette vengono visti come nullafacenti, come gente che non ha voglia di lavorare e che vuole prendere soltanto lo stipendio.
Purtroppo questo discorso al Sud è più evidente. Il pregiudizio nei confronti dei lavoratori disabili è talmente diffuso da avere delle serie ripercussioni sull'occupazione, anche una volta superato il primo step della chiamata, secondo stime CGIL oltre l'80% di quelli che vengono avviati al lavoro attraverso il collocamento delle categorie protette non supera il periodo di prova. Storie di ordinaria realtà, che a quanto pare numerose giungono sistematicamente agli uffici della nuova provincia di Barletta, Andria e Trani. Storie che in qualche modo si assomigliano tutte ed hanno un unico filo conduttore, vale per il terziario e il commercio, per i depositi farmaceutici, come per le aziende metalmeccaniche e per molte realtà produttive piccole e medie presenti sul territorio. Un pregiudizio appunto, perchè statistiche alla mano dicono che quando una persona con disabilità viene messa in condizione di lavorare si dimostra efficiente al 100%.