Mimmo Ricatti: «Corro tutti i giorni per Pietro Mennea»

Il maratoneta barlettano commenta il suo periodo di forma

venerdì 16 agosto 2013 1.46
A cura di Enrico Gorgoglione
Una vita sempre di corsa, quella di Mimmo Ricatti, una vita di "fondo", di un uomo maturo che sta vivendo una "trasformazione", pur continuando a mietere successi e risultati importanti. A 34 anni, Domenico Ricatti corre ancora come un ragazzino, continuando a stupire tanti addetti ai lavori con i suoi exploit. Recentemente, dopo una serie di piazzamenti di prestigio, sono arrivati anche i podi. Ai campionati assoluti di Milano, Ricatti ha conquistato il bronzo sulla distanza dei 5000 metri piani, ma il risultato più importante arriva direttamente da Navazzo di Gargnago, dove il barlettano è riuscito nell'impresa di battere 3 kenioti. Ai microfoni di Barlettalife, Mimmo Ricatti ci parla di obiettivi, risultati e periodi di forma, non nascondendo di covare un sogno "a cinque cerchi".

Domenico, sei reduce da un periodo di forma importante visti i tuoi risultati. Sei soddisfatto di quanto hai fatto vedere in questa calda estate?
«Sono tutte tappe che vanno ad avvalorare il mio periodo di forma. Certamente è un progetto che parte già da qualche tempo fa. Il mio progetto è la maratona, sono passato ad eventi per maratoneta. Oggi come oggi mi sento più maratoneta di ieri e anche in gare di caratura più o meno importante, cimentandomi provo a dare il meglio di me. Di recente è successo anche che io abbia scombinato i piani di una folta pattuglia africana. In tanti mi hanno chiesto come hai fatto, ma io ho risposto semplicemente che basta metterci tanta volontà e i risultati arrivano».

Ai recenti campionati italiani sui 5000 metri piani sei arrivato terzo. È un risultato arrivato in rimonta. Ti aspettavi di più da quella gara? Ti aspettavi di poter conseguire il titolo?
«Ogni volta che scendo in pista o in strada per gareggiare, tendenzialmente provo a fare il meglio, che solitamente corrisponde a vincere, sempre nell'umiltà che deve caratterizzare tutti noi. Perciò anche a Milano ho cercato di competere al massimo delle mie possibilità. Ci sono però dei dettagli tecnici da chiarire: mi sto trasformando in un maratoneta, e perciò competere in un 5000 per me diventa abbastanza complicato. Preparare tali distanze significa infatti quasi ritornare ad essere mezzofondisti veloci. Ovviamente, affrontare ragazzi più giovani, più preparati e avvezzi alle distanze diventa complicato. Però quando mi ci sono trovato, ci ho provato. Ad un certo punto avevo anche intravisto uno spiraglio per portare a casa questo titolo italiano che per me sarebbe stato un onore. Ho comunque centrato un podio che mi ha lasciato molto soddisfatto, ma sempre in ottica maratona. Se un maratoneta continua ad essere efficiente anche su distanze più brevi, vuol dire che quando si cimenterà a pieno in maratona, può darsi che potrà giocarsi le sue carte ancora meglio».

In questo momento per te non fa tanta differenza la breve o la lunga distanza. Stai attraversando un ottimo periodo di forma, tant'è che molti addetti ai lavori sono rimasti increduli di fronte ad alcuni tuoi risultati. Sei ormai diventato "l'africano d'Italia".
«Credo di essere un po' meglio di un africano d'Italia. Credo di essere un pugliese d.o.c., ma prima di tutto un barlettano. E questo mi da una garanzia di efficienza. Siamo un po' tutti figli del fenomeno Mennea. Pur correndo qualche metro in più, mi sento innanzitutto onorato di essere concittadino dell'oramai compianto Pietro, che però è stato per noi un mito, un faro. Perciò, senza attribuirmi titoli di africano d'Italia, penso che siamo tutti figli del Buon Signore, tutti quanti abbiamo due gambe. Probabilmente la marcia in più ci proviene dal nostro essere barlettani: quello che vogliamo fare, deve riuscirci al meglio».

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi, i tuoi prossimi appuntamenti?
«Mi trovo nel bel mezzo di uno stage di montagna. Le condizioni atmosferiche in tutta Italia sono proibitive, ci sono 40 gradi dappertutto. E giocoforza per allenarmi devo salire in montagna. Affrontare carichi importanti è assolutamente impossibile altrove. Sono qui da alcuni giorni, ma il mio stage proseguirà per alcune settimane. Questo allenamento mi serve per perfezionare il mio stato di forma e per affrontare al meglio la maratona in seguito. Di mezzo, avrei un paio di appuntamenti, di tappe intermedie che non vorrei saltare: uno è il titolo italiano sui 10 chilometri su strada. L'anno scorso ho vinto il titolo in Sicilia, ma quest'anno la manifestazione sarà organizzata quasi in casa, perché si correrà a Molfetta tra circa un mese. Dopo un altro mese, probabilmente mi cimenterò in un appuntamento valevole per il titolo italiano, ma sulla distanza della mezza maratona. Questi due appuntamenti sono prossimi, ma sottolineo che tutti gli eventi a cui partecipo sono funzionali alla distanza della maratona. Credo di essere ormai maturo per poter fare un crono di importanza, per cimentarmi in qualche competizione internazionale, difendere i colori italiani e, semmai, cercare di inseguire il sogno di una medaglia».

A proposito di medaglie, anche se sei un atleta maturo, pensi mai a quel grande sogno che sono le Olimpiadi?
«Le Olimpiadi, come mi è capitato spesso di dire, sono il sogno di tutti gli sportivi. Attorno alle Olimpiadi ci sono tante storie, tante favole. Ovviamente, il quadriennio olimpico è lungo, ma la distanza della maratona richiede una lunga preparazione. Ho cominciato questa preparazione da un po' di tempo. Sappiamo tutti che le prossime Olimpiadi saranno a Rio de Janeiro, sappiamo tutti che a Rio si balla parecchio, specialmente durante il carnevale (ride ndr). Tutti i presupposti sono orientati verso il divertimento, e io mi diverto a fare quello che faccio. Di mezzo però ci sono altre dimensioni. Sappiamo che le Olimpiadi come i Mondiali sono gare di grandissima caratura. Purtroppo a livello mondiale c'è una disparità di livello tra i continenti. Anche se recentemente riesco a battermi alla pari con una pattuglia di africani, non ci dimentichiamo che le pattuglie sono centinaia (ride ndr). Perciò, conservando il mio sogno di eccellere a livello assoluto, e quindi anche quello di arrivare alle Olimpiadi, preferirei in questo momento sottoscrivere a me stesso la promessa di impegnarci fino all'ultimo, anche se è un po' prematuro. Di mezzo, però, mi aspetto di riscuotere dei successi "continentali". Poi, se arrivano certi risultati, sarà tanto di guadagnato. Le cose si possono fare se siamo in tanti: più siamo a crederci, più le mie gambe potranno correre. Credo molto nell'umanità, e quando la gente crede in me, miracolosamente il giorno dopo mi alzo e vado a correre più forte. Credo che questo sia importante».

Un ultimissimo pensiero riguarda ancora Pietro Mennea. Il 12 settembre è in programma in diversi luoghi d'Italia il Mennea Day. Pensi di poter partecipare a questa manifestazione in ricordo di un grandissimo concittadino?
«Non è retorica, io corro tutti i giorni per Pietro. Penso perciò che il Menna Day sia un'importante circostanza per festeggiare nella sua memoria, ma credo che tutti i giorni lui viva con noi. Per quanto riguarda il 12 settembre, con gli organizzatori e con il mio entourage stiamo cercando di stilare un programma che mi permetta di comparire in questa giornata, per festeggiare Pietro di corsa. Sappiamo tutti che l'Italia è lunga, e gli spostamenti sono difficili. Magari faccio un po' di jetlag, salirò da un paio di aerei, ma penso e spero di esserci».