Un anno di Covid nella Bat: il racconto di Carlo Crescente, il primo contagiato

Il 3 marzo scorso il virus entrò nelle cronache e nelle vite di questo territorio

sabato 27 febbraio 2021 13.06
A cura di Lucia De Mari
Quando il 3 marzo 2020, nel corso della seduta di consiglio comunale di Barletta, il sindaco Cannito "svelò" l'esistenza del primo contagiato Covid nella Bat, si scatenò l'inferno. Esplosero chat e microfoni, vocali e interrogativi, paure recondite e reali. Chi sarà, chi lo conosce, chi ha avuto contatti con lui.

Si trattava di un uomo di 47 anni di Barletta, un imprenditore del settore calzaturiero residente a Trani, ricoverato a Bisceglie.

Carlo Crescente, intanto, era già da qualche ora nel letto del reparto Covid, all'epoca ancora in fieri: combatteva con una febbre insistente e un malessere generale, inappetenza, dolori muscolari e fortissimo mal di testa: "Capii di essere il primo di una lunghissima serie, ma non ho mai avuto paura: a farmi forza c'erano mia moglie e i miei bambini. Ero preoccupato più per loro che per me. Isolati, soli, a combattere contro le paure proprie e contro quelle della gente. Loro mi davano coraggio. E ce l'abbiamo fatta".

Quel giorno Carlo Crescente diventò nel giro di pochi minuti l'uomo più "ricercato" della provincia: secondo caso in Puglia, immediatamente on line in tutta Italia, e già si tracciavano le sue giornate ed i suoi numerosissimi contatti precedenti.

Che racconta così: "Era stato a Milano per una importantissima fiera di settore, poi a Verona per medesimi motivi, ad una cena con decine di persone. In molti già portavamo la mascherina. Ma non tutti. Avevo prenotato i biglietti per lo stadio di Lione, per la partita della Juve: i miei amici mi aspettavano lì. Ma mia moglie mi chiamò, dicendomi di avere un po' di febbre: invece di andare a Lione, presi il treno per tornare a casa. Prenotai anche un posto riservato, proprio perché non volevo rischiare nulla, anche se ancora la situazione non era esplosa. Il treno era semivuoto, e la stazione di Bologna, dove scesi per il cambio, deserta e spaventosa: ne conservo le immagini spettrali. Arrivato a casa, anch'io mi sentivo la febbre, mentre a mia moglie stava passando già quel rialzo di temperatura stagionale. Con 38 gradi e più, il medico mi consigliò la tachipirina. La febbre scendeva e risaliva. Cambiai la tachipirina con l'Oki: stesso effetto. La situazione peggiorava: il 2 marzo decidemmo di rivolgerci direttamente all'ospedale. Accompagnato da mia moglie e dai miei figli, ci recammo a Bisceglie".

Una serie di esami e radiografie, la diagnosi di polmonite bilaterale, convinsero i medici che potesse trattarsi di Covid: ai tamponi, ben 4, fu sottoposto solo il giorno successivo al ricovero, confermando purtroppo i sospetti.

E lì comincia l'avventura "pubblica", ma privatissima, del primo contagiato dal Covid nella Bat: "Ammetto che all'epoca i medici erano un po'…spaesati. Non sapevano bene come comportarsi, passavano per il giro, erano certo in difficoltà anche loro di fronte a questa sciagura. Per fortuna, a parte le dolorosissime flebo e il rumore dell'apparecchio per l'ossigeno, non ho avuto bisogno di altri strumenti invasivi nel mio decorso. E ne sono uscito bene. Naturalmente io e la mia famiglia abbiamo seguito tutti i protocolli, tutte le indicazioni normative di isolamento e quant'altro. Abbiamo avuto molta solidarietà ma anche numerosissimi messaggi cattivi di gente cattiva".

Ma in quei giorni Carlo Crescente si è reso conto "di quanto la sanità pubblica sia in difficoltà. Allora ho pensato di dare una mano, mettendo in piedi una raccolta fondi attraverso la piattaforma Go fund lanciando, viralmente, l'hashtag #uscirnesipuo. Grazie ad un lavoro capillare ha raccolto una somma che è stata utile ad acquistare ben 20 poltrone per stanze degenza nell'Unità operativa complessa di Malattie infettive dell'ospedale Covid di Bisceglie, ora a disposizione di tutti. Ma non è tutto: ora intende far acquistare anche un ecografo portatile. Per lui plausi dai medici e ringraziamenti anche dalla direzione della Asl. Ad un anno di distanza, naturalmente Carlo e famiglia godono di ottima salute, rispettando sempre tutte le raccomandazioni e anche di più.

Cosa gli ha insegnato questa esperienza: "Che nella vita è meglio non avere mai a che fare con gli ospedali e con la giustizia". Ha sempre voglia di scherzare Carlo. Sorride, e si vede anche se ha la mascherina sul viso.