Su Montaltino e le responsabilità della politica
Ruolo dei dirigenti e dei politici, la nota di Nicola Corvasce. Barletta ha bisogno di più trasparenza e partecipazione
sabato 16 febbraio 2013
«Prendo lo spunto dalla vicenda di Montaltino per alcune considerazioni sia legate al fatto in sè, sia di carattere generale. Di solito sia i detrattori dei politici sia i loro difensori ad oltranza, di fronte a casi del genere reagiscono sempre allo stesso modo. Da un lato il giustizialismo cieco (arrestateli tutti!), dall'altro il garantismo interessato (non sono stati condannati, anzi non sono stati neanche indagati, quindi hanno operato bene). No, non è così». Torna a scrivere sulle pagine di Barletta Nicola Corvasce, attualmente dirigente del Servizio Legislativo della Giunta Regionale (Area Presidenza e relazioni istituzionali).
«E allora cerco di ragionare e di farlo in altro modo. Non so se c'è anche un'indagine penale su questa vicenda, se c'è farà il suo corso e, se ci sono reati, i colpevoli saranno perseguiti. Ma poiché questo non basta, parto allora dal presupposto realmente garantista che i protagonisti siano tutti in buona fede fino a prova contraria, spostando il ragionamento sulle responsabilità. Il fatto di non commettere reati o altri illeciti (civili, contabili ecc.) è condizione necessaria ma non sufficiente per un buon governo. Negli altri paesi normali è una cosa scontata che normalmente non fa parte del dibattito politico. La responsabilità politica è invece un'altra cosa. Questa è legata invece al merito delle scelte che il politico mette in atto. Vediamo il caso di specie della lottizzazione di Montaltino. Tutti i pareri espressi (peraltro apparsi subito a molti abbastanza opinabili) significavano che per quel progetto non era proibito procedere, ma non che fosse necessario o, peggio ancora, automatico procedere. La decisione di realizzare quell'opera spettava poi al Consiglio comunale nella sua piena assunzione della responsabilità, per l'appunto, politica.
L'attribuzione di una pesante responsabilità politica ai protagonisti di questa vicenda nasce da una sequenza di fatti. Ebbene, chi ha buona memoria si ricorda che apparve chiaro a tutti già allora che si trattava di un'opera tutt'altro che indispensabile, fortemente invasiva e oltremodo controversa, tanto da suscitare critiche forti e diffuse sulla sua opportunità, ma anche diversi interventi in controtendenza sul piano della legittimità, oltre che ricorsi in via amministrativa. Ma non basta: la decisione fu presa da una ristretta minoranza di consiglieri in un giorno di agosto ad ora tardissima, contro ogni osservazione di segno contrario. Ancora: all'arrivo (scontato) dei ricorsi seguì una prima sentenza del TAR sfavorevole con motivazioni la cui fondatezza doveva già far riflettere, portando ad una riconsiderazione del caso. Non è finita: la compresenza di tutte queste complicazioni avrebbe dovuto consigliare più prudenza nel dare corso agli atti successivi per la realizzazione delle opere. Così non è stato e con il suo comportamento il Comune ha invece dato la netta impressione di una volontà pervicace, ai limiti dell'accanimento, come se si dovesse raggiungere a tutti i costi l'obiettivo.
Di fronte a questa sequenza, chi potrà convincere i cittadini che certe scelte di natura urbanistica, quand'anche non vi sia stata alcuna corruzione (e non c'è fino a prova contraria) non siano comunque il prezzo pagato per finanziamenti ricevuti prima per le campagne elettorali, alcune delle quali particolarmente sontuose? Si può continuare, ma mi fermo qui per passare ad un'altra questione spinosa, vale a dire quella che riguarda i dirigenti. Ad assolvere i politici si tira fuori in genere (e lo è stato anche in questo caso) l'argomento dei pareri tecnici dei dirigenti, che garantivano sulla legittimità degli atti, tacendo su un fatto fondamentale a riguardo del Comune di Barletta: qui quasi tutti i dirigenti non erano di ruolo, regolari vincitori di concorso, ma nominati direttamente e contrattualizzati prima dalla Giunta Salerno (se non ricordo male) e successivamente riconfermati più volte dalle Amministrazioni successive. Non mi soffermo né sulla percentuale dei dirigenti a contratto sul totale, né sulle modalità delle loro continue e discutibilissime proroghe. Sulla totale anomalia di questa situazione si possono scrivere dei trattati. Lasciamo perdere e andiamo avanti.
In una situazione del genere, in presenza di atti tecnicamente illegittimi, delle due l'una, non si sfugge: o i dirigenti non sono completamente autonomi nei loro pareri, ma condizionati direttamente dalla committenza politica (anche su questo ci sono intere pubblicazioni sulla situazione di sostanziale sudditanza e ricattabilità dei dirigenti a contratto) oppure sono sì autonomi ma tecnicamente inadeguati, anche se lautamente pagati. Nell'uno e nell'altro caso la responsabilità politica ricade comunque su chi li ha nominati e/o confermati, non ci si può esimere. E sì, perché non esistono solo i politici "nominati", ci sono anche i dirigenti "nominati", e dove si verifica questa situazione prima o poi si instaura quel "cerchio magico" politica-dirigenza (in qualche modo è quasi inevitabile) che pilota tutta l'operatività dell'Ente pubblico, con una commistione tra politica e attività amministrativa che non è esattamente una garanzia di trasparenza e di legalità. Mi auguro che al Comune di Barletta non sia così, ma se non è così, certo ci somiglia molto.
Questo dovrebbe già bastare: l'aver commesso reati penali o danni erariali o altro ancora non fa altro che aggravare la posizione degli interessati, così come il non averli commessi li esclude da ulteriori responsabilità, ma non alleggerisce la responsabilità politica, la quale resta ed è sufficiente. La conclusione non può quindi che essere questa: ora i politici implicati in questa storiaccia si assumano la piena responsabilità politica delle loro scelte, in questo caso sbagliate, infelici e da ora in poi anche costose per tutti i cittadini. Alle prossime elezioni amministrative si fermino per un giro, lo facciano soprattutto per loro, si evitino la gogna elettorale. E poi lo facciano per noi, ci risparmino lo strazio di una campagna elettorale di insulti tra persone. Barletta ha bisogno di essere ripensata come città, e non soltanto in materia urbanistica. Ha bisogno di trasparenza e di legalità nei comportamenti politici e amministrativi, di un nuovo rapporto tra amministrazione e cittadini, di un programma di rinascita credibile e condiviso, di persone disinteressate e possibilmente competenti per cambiare il suo volto ormai insopportabile.
Ma questa triste vicenda mi induce anche ad altre considerazioni a proposito di trasparenza e democrazia. La città è di tutti. La decisione di un nuovo piano di lottizzazione non riguarda soltanto i politici, i dirigenti, i costruttori e le persone che ci andranno ad abitare. Ogni parte della città appartiene all'intera città, al modo in cui essa è e sarà. Riguarda tutta la cittadinanza. I tempi stanno cambiando e queste decisioni hanno ormai bisogno di essere legittimate da un consenso ulteriore, attraverso una fase di partecipazione democratica. Non si possono più affidare scelte che riguarderanno noi e le future generazioni a poche persone inevitabilmente condizionabili, anche nelle migliori intenzioni, dalla lobby dell'edilizia. Gli strumenti per far partecipare di più i cittadini ci sono: dalle consultazioni tradizionali all'utilizzo dei forum via internet. Non è un sogno, si può fare. Ci sono esperienze di numerosi altri Comuni e il loro numero va sempre più aumentando. Trasparenza e partecipazione sono utili per tutti, anche per i politici che, soprattutto per le decisioni più importanti, possono trovare nella legalità dei comportamenti e nella democraticità delle procedure decisionali meno sospetti e più legittimazione. Possono persino raccogliere più consensi senza bisogno di ricorrere tristemente al voto di scambio. I tempi stanno cambiando e coloro i quali fanno politica sono ormai sotto i riflettori. E allora, anziché farsi scovare e illuminare nell'ombra, se non hanno nulla da nascondere si offrano essi stessi ai riflettori. E' nel loro stesso interesse».
«E allora cerco di ragionare e di farlo in altro modo. Non so se c'è anche un'indagine penale su questa vicenda, se c'è farà il suo corso e, se ci sono reati, i colpevoli saranno perseguiti. Ma poiché questo non basta, parto allora dal presupposto realmente garantista che i protagonisti siano tutti in buona fede fino a prova contraria, spostando il ragionamento sulle responsabilità. Il fatto di non commettere reati o altri illeciti (civili, contabili ecc.) è condizione necessaria ma non sufficiente per un buon governo. Negli altri paesi normali è una cosa scontata che normalmente non fa parte del dibattito politico. La responsabilità politica è invece un'altra cosa. Questa è legata invece al merito delle scelte che il politico mette in atto. Vediamo il caso di specie della lottizzazione di Montaltino. Tutti i pareri espressi (peraltro apparsi subito a molti abbastanza opinabili) significavano che per quel progetto non era proibito procedere, ma non che fosse necessario o, peggio ancora, automatico procedere. La decisione di realizzare quell'opera spettava poi al Consiglio comunale nella sua piena assunzione della responsabilità, per l'appunto, politica.
L'attribuzione di una pesante responsabilità politica ai protagonisti di questa vicenda nasce da una sequenza di fatti. Ebbene, chi ha buona memoria si ricorda che apparve chiaro a tutti già allora che si trattava di un'opera tutt'altro che indispensabile, fortemente invasiva e oltremodo controversa, tanto da suscitare critiche forti e diffuse sulla sua opportunità, ma anche diversi interventi in controtendenza sul piano della legittimità, oltre che ricorsi in via amministrativa. Ma non basta: la decisione fu presa da una ristretta minoranza di consiglieri in un giorno di agosto ad ora tardissima, contro ogni osservazione di segno contrario. Ancora: all'arrivo (scontato) dei ricorsi seguì una prima sentenza del TAR sfavorevole con motivazioni la cui fondatezza doveva già far riflettere, portando ad una riconsiderazione del caso. Non è finita: la compresenza di tutte queste complicazioni avrebbe dovuto consigliare più prudenza nel dare corso agli atti successivi per la realizzazione delle opere. Così non è stato e con il suo comportamento il Comune ha invece dato la netta impressione di una volontà pervicace, ai limiti dell'accanimento, come se si dovesse raggiungere a tutti i costi l'obiettivo.
Di fronte a questa sequenza, chi potrà convincere i cittadini che certe scelte di natura urbanistica, quand'anche non vi sia stata alcuna corruzione (e non c'è fino a prova contraria) non siano comunque il prezzo pagato per finanziamenti ricevuti prima per le campagne elettorali, alcune delle quali particolarmente sontuose? Si può continuare, ma mi fermo qui per passare ad un'altra questione spinosa, vale a dire quella che riguarda i dirigenti. Ad assolvere i politici si tira fuori in genere (e lo è stato anche in questo caso) l'argomento dei pareri tecnici dei dirigenti, che garantivano sulla legittimità degli atti, tacendo su un fatto fondamentale a riguardo del Comune di Barletta: qui quasi tutti i dirigenti non erano di ruolo, regolari vincitori di concorso, ma nominati direttamente e contrattualizzati prima dalla Giunta Salerno (se non ricordo male) e successivamente riconfermati più volte dalle Amministrazioni successive. Non mi soffermo né sulla percentuale dei dirigenti a contratto sul totale, né sulle modalità delle loro continue e discutibilissime proroghe. Sulla totale anomalia di questa situazione si possono scrivere dei trattati. Lasciamo perdere e andiamo avanti.
In una situazione del genere, in presenza di atti tecnicamente illegittimi, delle due l'una, non si sfugge: o i dirigenti non sono completamente autonomi nei loro pareri, ma condizionati direttamente dalla committenza politica (anche su questo ci sono intere pubblicazioni sulla situazione di sostanziale sudditanza e ricattabilità dei dirigenti a contratto) oppure sono sì autonomi ma tecnicamente inadeguati, anche se lautamente pagati. Nell'uno e nell'altro caso la responsabilità politica ricade comunque su chi li ha nominati e/o confermati, non ci si può esimere. E sì, perché non esistono solo i politici "nominati", ci sono anche i dirigenti "nominati", e dove si verifica questa situazione prima o poi si instaura quel "cerchio magico" politica-dirigenza (in qualche modo è quasi inevitabile) che pilota tutta l'operatività dell'Ente pubblico, con una commistione tra politica e attività amministrativa che non è esattamente una garanzia di trasparenza e di legalità. Mi auguro che al Comune di Barletta non sia così, ma se non è così, certo ci somiglia molto.
Questo dovrebbe già bastare: l'aver commesso reati penali o danni erariali o altro ancora non fa altro che aggravare la posizione degli interessati, così come il non averli commessi li esclude da ulteriori responsabilità, ma non alleggerisce la responsabilità politica, la quale resta ed è sufficiente. La conclusione non può quindi che essere questa: ora i politici implicati in questa storiaccia si assumano la piena responsabilità politica delle loro scelte, in questo caso sbagliate, infelici e da ora in poi anche costose per tutti i cittadini. Alle prossime elezioni amministrative si fermino per un giro, lo facciano soprattutto per loro, si evitino la gogna elettorale. E poi lo facciano per noi, ci risparmino lo strazio di una campagna elettorale di insulti tra persone. Barletta ha bisogno di essere ripensata come città, e non soltanto in materia urbanistica. Ha bisogno di trasparenza e di legalità nei comportamenti politici e amministrativi, di un nuovo rapporto tra amministrazione e cittadini, di un programma di rinascita credibile e condiviso, di persone disinteressate e possibilmente competenti per cambiare il suo volto ormai insopportabile.
Ma questa triste vicenda mi induce anche ad altre considerazioni a proposito di trasparenza e democrazia. La città è di tutti. La decisione di un nuovo piano di lottizzazione non riguarda soltanto i politici, i dirigenti, i costruttori e le persone che ci andranno ad abitare. Ogni parte della città appartiene all'intera città, al modo in cui essa è e sarà. Riguarda tutta la cittadinanza. I tempi stanno cambiando e queste decisioni hanno ormai bisogno di essere legittimate da un consenso ulteriore, attraverso una fase di partecipazione democratica. Non si possono più affidare scelte che riguarderanno noi e le future generazioni a poche persone inevitabilmente condizionabili, anche nelle migliori intenzioni, dalla lobby dell'edilizia. Gli strumenti per far partecipare di più i cittadini ci sono: dalle consultazioni tradizionali all'utilizzo dei forum via internet. Non è un sogno, si può fare. Ci sono esperienze di numerosi altri Comuni e il loro numero va sempre più aumentando. Trasparenza e partecipazione sono utili per tutti, anche per i politici che, soprattutto per le decisioni più importanti, possono trovare nella legalità dei comportamenti e nella democraticità delle procedure decisionali meno sospetti e più legittimazione. Possono persino raccogliere più consensi senza bisogno di ricorrere tristemente al voto di scambio. I tempi stanno cambiando e coloro i quali fanno politica sono ormai sotto i riflettori. E allora, anziché farsi scovare e illuminare nell'ombra, se non hanno nulla da nascondere si offrano essi stessi ai riflettori. E' nel loro stesso interesse».