Smart Cities: promossa la Puglia, Bat la piccola grande assente

Su 13359 aziende pugliese, neanche una della sesta provincia

domenica 21 dicembre 2014
A cura di Floriana Doronzo
Don't work hard, work smart, recita un geniale proverbio inglese, forse figlio di quell'attitudine tutta anglosassone a raggiungere il risultato con il minimo sforzo. E stanno cercando di lavorare intelligentemente anche le nostre città, al punto da definirsi smart cities. Cosa siano le città intelligenti lo dicono le infrastrutture tradizionali e moderne, dal trasporto fisico a quello virtuale, dalle rotaie all'etere; tutto è reale.

E se tutto è reale, vuol dire che tutto può essere pensato in un'ottica di ottimizzazione dei tempi, delle risorse, degli spazi e degli obiettivi. Peccato che questo tutto non contempli la provincia di Barletta-Andria-Trani, almeno stando alla recente indagine del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Unioncamere-Infocamere. La ricerca menziona le cinque grandi province pugliese, registrando per ciascuna il numero di aziende che operano in maniera smart: 7.945 aziende nella provincia di Bari; 84 nel brindisino; 1.539 aziende nella provincia di Foggia; 1.454 in quella di Lecce e 1.575 nel tarantino. Tutti questi numeri significano una quantità considerevole di imprenditoria che ha sviluppato non solo un'economia intelligente, ma anche mobilità, ambiente, persone e vita intelligenti. Questi sono infatti gli assi teorizzati dall'economista spagnolo Gildo Seisdedos Domínguez, con i quali è possibile classificare le smart cities. A questi va aggiunto quello della smart governance, forse il più importante e difficile da curare. Tuttavia, stupisce che, nonostante il metro di misurazione sia l'azienda, nessuna in territorio pugliese spicca per qualità manageriali ai livelli della smartness.

«Da tempo la nostra organizzazione – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – associa moltissime aziende innovative pugliesi e ne segue da vicino l'operato, supportandone la crescita e lo sviluppo. La crisi economica, il cui carattere strutturale è ormai acclarato, ha costretto gli imprenditori ad individuare nuovi spazi e nuove occasioni. Quello "smart" è un ambito altamente appetibile e fortemente interdisciplinare, trasversale rispetto a tutti i settori produttivi ed in grado di innestarsi anche all'interno di comparti maturi, rivitalizzandoli. D'altro canto –chiosa Sgherza – in questo periodo storico solo la smart innovation e l'internazionalizzazione sono in grado di garantire alle imprese l'adeguata competitività e la salvaguardia di accettabili livelli di profitto».

Il dominio del pensiero unico (detto altrimenti economico) sta per cedere lo scettro a uno spettro ben più ampio, che considera co-attori la smart mobility, lo smart environment, le smart people e la smart living. Occhio a quest'ultimo termine: per vita non s'intende il concetto filosofico di "life", bensì il vissuto, l'esperienza, la carica relazionale, affettiva, logistica e organizzativa che ogni esperienza porta con sé. L'economia reale sta scomparendo, l'ecosistema si sta esaurendo, le radici si spezzano e il tutto viene rispettivamente rimpiazzato da finanza, energie rinnovabili, mobilità. E cosa sarà della non contemplata, che rimane a contemplare?