Per 'L'Espresso' va alla provincia Bat la palma di 'sprecona'

In un'inchiesta pubblicata dal settimanale a firma Tommaso Cerno. Il commento del segretario provinciale del Pd Andrea Pio Patruno

martedì 5 luglio 2011 22.03
A cura di Luca Guerra
«Da queste parti giurano che la Bat era necessaria». Così, con parole trancianti e una sferzante ironia, Tommaso Cerno sulle colonne dell'Espresso nell'articolo intitolato "I Bat sprechi della Bat provincia" relaziona, in contemperanza con quanto fatto dagli esponenti del Pd provinciale e degli altri partiti di opposizione circa gli sprechi, in particolare quelli immobiliari, e le contraddizioni dell'ormai famosa "Sesta Provincia" pugliese, o altrimenti "l'ultima diavoleria burocratica dell'Italia sprecona". Un'Italia tanto dalle mani bucate quanto poco avveduta, se è vero, come Cerno pone in evidenza, che «ci sono state le elezioni, il Pdl aveva vinto,poi il giorno dopo si erano accorti che mancava la cosa più importante: il Bat-palazzo»: allora si è riparato in maniera errata alla poca previdenza pre-elettorale, come spiega il sottotitolo dell'articolo, dando vita a un'istituzione " che spende e spande per gettoni e auto blu. Ma non ha i soldi per scuole a strade". Questa sequela di sprechi ha prodotto a più riprese l'interesse dei media nazionali verso la poco oculata gestione della Bat, come avvenuto con lo speciale di Report su Rai Tre sulla guerra campanilistica per la sede legale.

A 2 anni abbondanti dalla costituzione ufficiale della Bat, ammonisce Cerno, il quadro è quello, desolante, di dieci comuni ribelli che hanno fatto la loro secessione a suon di milioni. Numeri che rafforzano l'idea di province come rappresentanti delle "caste" italiane: 107 sezioni territoriali, con oltre 4000 politici impegnati, 61000 dipendenti e 12 miliardi complessivi di spesa nel 2010. Sprechi, eccessi o "policentrismo funzionale", come a Barletta amiamo ripetere? La storia di questa «Sprecopoli», che annovera ben 3 capoluoghi di provincia per un totale di circa 400mila abitanti, è quella di un'esasperazione delle fervide richieste di autonomia dei maggiori centri, appunto Barletta, Andria e Trani, talmente incapaci di trovare un accordo da creare 3 centri di potere nell'arco di 20 chilometri.

Necessità gestionale o "affaire" politico con aumento di introiti per chi nella politica ci sguazza da anni? La lettura dell'articolo di Cerno fa pendere l'ago della bilancia per la seconda ipotesi, se pensiamo al fatto che sia Barletta, tanto Trani quanto Andria, hanno visto aumentare, come previsto dalla legge, il numero dei propri consiglieri comunali a libro paga. «La Bat è un mostro a tre teste- denuncia il senatore del Pdl Francesco Amoruso sul settimanale diretto da Bruno Manfellotto- quindi mangia il triplo. Non andava fatta, le Province vanno eliminate e non aumentate. Si passa il tempo a discutere di nulla: mozioni, ordini del giorno, nulla di concreto». Di concreto invece ci sono le spese affrontate dagli elettori per allestire gli uffici dei dirigenti provinciali. Come nel caso della segretaria generale Maria De Filippo, la cui "dimora" si trova al secondo piano: come racconta Cerno, ci troviamo di fronte a un «ufficio in bianco, mobili e lampade di design, poltrone in pelle bianca e super-tavolo per i meeting di staff». il tutto alla "modica" cifra, come la segretaria pare sottolineare con orgoglio, di 80mila euro. 10mila in meno della quota spesa per l'ufficio del presidente Francesco Ventola. Fasti che cozzano con il viavai di dipendenti che lavorano ammassati in micro-stanze o nei corridoi.

Spese che rivelano contraddizioni: come quelle della strada Andria-Trani, da noi spesso tristemente protagonista delle cronache di sangue (ribattezzata la "strada killer" per questo), per la quale mancano i fondi necessari alla messa in sicurezza da anni, o i tanti immobili scolastici, quindi pubblici, che per la Sesta Provincia sono ormai diventati un "peso". Una situazione quasi drammatica, come la dipinge con un pizzico di catastrofismo Cerno, quando passa a parlare delle scuole, tra le quali «non ce n'è una con i certificati a posto» . L'assessore provinciale al bilancio Dario Damiani spiega con lucidità che sono necessari i fondi erogati dalla Provincia di Bari per attuare nella Bat i progetti «che Bari snobbava», ma l'erogazione di fondi, spiega con altrettanta chiarezza Cerno, significherebbe uscita dal patto di stabilità e possibile commissariamento della Provincia "madre".

Due elementi restano sullo sfondo dopo la lettura di quest'articolo: la critica dirompente, forse eccessiva dell'autore, che sembra aggiungere ai punti di criticità rinvenuti nell'analisi gestionale ed economica della Bat tutta la sua avversità all'idea di "provincia", e quell'alone di ottimismo, forse immaturo, proprio di un'amministrazione che deve ancora crescere, dalla segretari De Filippo, che vanta il dato di «otto concorsi e 7500 domande di assunzione vagliate in due mesi», ben più rapidamente della media nazionale. Ma il personale serve solo quando è ben coordinato, come vale in tutti gli ambiti di rapporto tra dirigente e dipendente.

La lettura dei «Bat-sprechi», come Cerno li ha ribattezzati, esige un'analisi proveniente "dal campo", che noi abbiamo individuato in Andrea Pio Patruno, segretario provinciale del Pd.

Patruno, è davvero così nera?
«L'Espresso a mio parere non ha raccontato la vera realtà di sprechi nella Bat, perché noi del Pd, insieme agli altri partiti che compongono l'opposizione, abbiamo denunciato lo spreco che riguarda la politica dei fitti nella Provincia. Noi al momento stiamo pagando affitti per 430mila euro l'anno, con contratti validi per 12 anni. Questo per noi è uno spreco, all'interno di una realtà di organizzazione degli uffici che non solo non ha ancora valutato il peso economico dei fitti, ma anche il costo del personale, delle sedi periferiche a cui si aggiunge il numero del personale, in aumento man mano che il tempo procede».

Quali paradossi vive la Sesta Provincia oggi?
«Ad esempio, abbiamo voluto destinare 5 milioni di euro per allestire un casello autostradale e abbiamo strade che sono un colabrodo, e questa non è una scelta gestionale oculata di un istituzione. Abbiamo il paradosso di aver eretto uffici mastodontici per la Provincia, come appaiono nelle foto de L'Espresso, per i quali le opposizioni hanno prodotto un esposto firmato alla Procura della Repubblica. Abbiamo il paradosso di una pianta organica del personale partita con 18 settori, che solo la tagliola della legge-Brunetta ha costretto a ridimensionare. Abbiamo in programmazione la realizzazione di un museo archeologico al costo di 22 milioni di euro, cifra che appare uno sproposito. Non siamo solo in presenza di sprechi, ma di una scelte politiche lontane dalla logica gestione di questa Provincia».

Dunque, lei ritiene sia stato un errore dar vita alla Bat?
«Per me non è stato un errore, la Bat era nei programmi da tanto tempo. In realtà sono state le scelte politiche ad aver leso la tradizione di questo territorio che voleva costituirsi provincia. E' chiaro che le province non sono la panacea dei mali di un territorio. Noi ci siamo trovati nella difficoltà dovuta al taglio dei trasferimenti della spesa, che penalizza gli enti di nuova istituzione, che si sommano a scelte politiche che non stanno determinando una Provincia coesa. E' uno spreco mettere, ad esempio, 10 Uffici di Relazione con il Pubblico (U.R.P.) e porli in tutti i comuni della Bat. E' uno spreco avere un bel palazzo come quello dell'Istituto Tecnico Agrario che oggi ospita , ma detto Istituto è incompatibile con la Provincia, percui l'amministrazione provinciale avrebbe dovuto fare scelte perentorie e durature, invece di dar vita a quel capotico accapo previsto dall'articolo 1 e 2 dello Statuto della Provincia, che anziché essere una provincia policentrica si è rivelata una provincia che non fa scelte».