«Orgoglio, ma il viaggio è solo simbolico»
Discorso del Sindaco in occasione della tappa dell'ETR1000
venerdì 11 settembre 2015
21.27
Nell'ambito delle iniziative per l'edizione 2015 del "Mennea Day", istituito dalla Federazione Italiana di Atletica Leggera in omaggio al grande campione barlettano nella ricorrenza del record del mondo sui 200 metri conquistato il 12 settembre 1979 a Città del Messico, il nuovo ETR 1000 dedicato dalle Ferrovie dello Stato alla "Freccia del Sud" ha fatto tappa nella stazione di Barletta. Nel suo intervento il Sindaco di Barletta ha dichiarato:
«Benvenuti, allora, nella città della Disfida, storicamente scaturita da una discordia che al tempo – era il 1503 - suscitò un moto di riscossa e con il Risorgimento ha animato la causa dell'unità della nazione. Anche questa occasione nasce da una "discordia", quella "dei binari", come è stata definita, e ripropone a noi tutti la sfida della crescita dell'intero paese. Nel vedere sfrecciare la "freccia Mennea" dalla capitale verso la Milano dell'Expo ci chiedevamo - e avevamo chiesto all'amministratore delegato delle Ferrovie Italiane, il corregionale Michele Elia - se non si ritenesse di dover onorare le origini meridionali che Pietro aveva sempre rivendicato al punto da sentire l'orgoglio di essere chiamato "freccia del Sud". Ecco perché oggi vorremmo condividere con i famigliari di Mennea e con tutti i concittadini il sentimento di orgoglio che questo omaggio delle Ferrovie Italiane riserva nei confronti della straordinaria figura dell'atleta che aveva concepito la velocità come missione di vita e ragione di riscatto delle proprie origini e della propria condizione sociale. Per rispetto della verità, prima ancora che per onestà politica ed intellettuale, non possiamo - non ancora almeno - chiamare "freccia del Sud" il treno che pure richiama i primati di velocità di Pietro: certo, abbiamo sentito anche noi sibilare la "freccia" in questo viaggio di testimonianza, ma per molto tempo a venire questo treno non potrà tornare in un Sud ancora privo delle moderne e sempre più indispensabili infrastrutture dell' "alta velocità" e persino dell' "alta capacità", e in alcuni tratti - come nella vicina Basilicata – addirittura senza nemmeno linee ordinarie.
Non è indulgere a forzature semplificatorie o a polemiche fini a se stesse se rileviamo che il viaggio appena compiuto da Bari a Barletta, per quanto significativo e suggestivo, costituisce una eccezione, resa possibile da qualche accorgimento tecnico su una parte della rete ferroviaria che sconta l'anacronistico ritardo e giustamente ambisce alla normalità almeno dei collegamenti tra le proprie realtà visto il distacco con il resto del paese. Sappiamo che torneranno in servizio da queste parti, man mano che saranno sostituite dagli ETR 1000, le vecchie "frecce rosse" dismesse dalle altre linee dal Centro al Nord. Ma gli ETR 500 non raggiungeranno nemmeno la punta dello stivale, a Lecce e Taranto, e salteranno anche Barletta. Lo diciamo senza spirito campanilistico, anzi in nome di una progettualità che deve avere una pregnante valenza economica e sociale.
Il nostro posto sul mercato - si, sul mercato, a cui legittimamente anche una azienda pubblica deve guardare - vogliamo sia conquistato proprio sul campo della "sfida" tra "domanda" e "offerta". Il punto è: quale domanda e quale offerta? L'economia sociale di mercato non è neutra, asettica, separata e in contrasto con gli obiettivi pubblici e gli indirizzi politici. La domanda si raccoglie ma la si può - si deve - anche creare e sostenere per corrispondere a un fabbisogno di servizi pubblici unificanti del paese. Ecco perché questa occasione e' preziosa: ci consente di affermare una visione della crescita economica che si misuri con le esigenze di più rapidi collegamenti tra le città del Nord fino alla costa adriatica, per poi discendere verso Bari, ma tenga anche conto delle potenzialità emergenti "a rovescio" - per usare l'espressione con cui Giuseppe Di Vittorio guidava la battaglia per il Piano per il lavoro negli anni della ricostruzione - per cominciare a collegare con treni alla più alta velocità possibile le città del Mezzogiorno tra di loro - da Lecce a Pescara, da Napoli a Taranto, da Barletta a Potenza - e di qui proseguire ancora a Sud verso la Sicilia, così da integrare e potenziare naturalmente le linee già in esercizio verso il Centro e il Nord, perché solo a quel punto la rete ferroviaria potrà essere competitiva in tutto il paese e sul piano europeo.
È arrivato il momento di recuperare i dilemmi sulle condizioni reali del nostro "popolo di formiche" offrendo la identità dello Stato propria dello straordinario patrimonio meridionalista di elaborazioni, pensieri e persino di esperienze di governo - pensiamo solo ad Aldo Moro che in questa stazione inaugurava la Ferrotramviaria Bari Nord - improntate al compimento dell'unità nazionale. Invece che ignorare si deve attingere dalla "lezione" con cui Giustino Fortunato sin dal 1898 chiamava a difendere "ad ogni costo l'unità, quali che siano i suoi torti, quali che siano i suoi errori" perché "qualsiasi attenuazione del vincolo unitario segnerebbe l'inizio della comune perdizione". A distanza di oltre un secolo, quell'approccio parla allo Stato, in tutte le sue articolazioni, della necessità di un rinnovamento del patto nazionale unitario.
È l'insieme della società italiana che deve assumere le potenzialità di sviluppo del Mezzogiorno come condizione imprescindibile per una rinnovata crescita dell'economia italiana. Come "il maggiore dei nostri doveri" nei confronti della storia che proprio in questo luogo trova la sua più alta espressione. Davanti alla rinnovata targa che ricorda la devastazione della stazione di Barletta il 12 settembre 1943 da parte delle truppe naziste che assaltarono la città per "punire" con una barbara rappresaglia la volontà di riscatto della Patria, possiamo ben rivendicare il meglio del nostro passato storico e riappropriarci del presente. Serve – ha concluso il sindaco Cascella – solo uno "scatto" di volontà, di senso morale e di impegno civile per correre - con la velocità di cui Pietro era capace - verso un futuro di progresso».
Non è indulgere a forzature semplificatorie o a polemiche fini a se stesse se rileviamo che il viaggio appena compiuto da Bari a Barletta, per quanto significativo e suggestivo, costituisce una eccezione, resa possibile da qualche accorgimento tecnico su una parte della rete ferroviaria che sconta l'anacronistico ritardo e giustamente ambisce alla normalità almeno dei collegamenti tra le proprie realtà visto il distacco con il resto del paese. Sappiamo che torneranno in servizio da queste parti, man mano che saranno sostituite dagli ETR 1000, le vecchie "frecce rosse" dismesse dalle altre linee dal Centro al Nord. Ma gli ETR 500 non raggiungeranno nemmeno la punta dello stivale, a Lecce e Taranto, e salteranno anche Barletta. Lo diciamo senza spirito campanilistico, anzi in nome di una progettualità che deve avere una pregnante valenza economica e sociale.
Il nostro posto sul mercato - si, sul mercato, a cui legittimamente anche una azienda pubblica deve guardare - vogliamo sia conquistato proprio sul campo della "sfida" tra "domanda" e "offerta". Il punto è: quale domanda e quale offerta? L'economia sociale di mercato non è neutra, asettica, separata e in contrasto con gli obiettivi pubblici e gli indirizzi politici. La domanda si raccoglie ma la si può - si deve - anche creare e sostenere per corrispondere a un fabbisogno di servizi pubblici unificanti del paese. Ecco perché questa occasione e' preziosa: ci consente di affermare una visione della crescita economica che si misuri con le esigenze di più rapidi collegamenti tra le città del Nord fino alla costa adriatica, per poi discendere verso Bari, ma tenga anche conto delle potenzialità emergenti "a rovescio" - per usare l'espressione con cui Giuseppe Di Vittorio guidava la battaglia per il Piano per il lavoro negli anni della ricostruzione - per cominciare a collegare con treni alla più alta velocità possibile le città del Mezzogiorno tra di loro - da Lecce a Pescara, da Napoli a Taranto, da Barletta a Potenza - e di qui proseguire ancora a Sud verso la Sicilia, così da integrare e potenziare naturalmente le linee già in esercizio verso il Centro e il Nord, perché solo a quel punto la rete ferroviaria potrà essere competitiva in tutto il paese e sul piano europeo.
È arrivato il momento di recuperare i dilemmi sulle condizioni reali del nostro "popolo di formiche" offrendo la identità dello Stato propria dello straordinario patrimonio meridionalista di elaborazioni, pensieri e persino di esperienze di governo - pensiamo solo ad Aldo Moro che in questa stazione inaugurava la Ferrotramviaria Bari Nord - improntate al compimento dell'unità nazionale. Invece che ignorare si deve attingere dalla "lezione" con cui Giustino Fortunato sin dal 1898 chiamava a difendere "ad ogni costo l'unità, quali che siano i suoi torti, quali che siano i suoi errori" perché "qualsiasi attenuazione del vincolo unitario segnerebbe l'inizio della comune perdizione". A distanza di oltre un secolo, quell'approccio parla allo Stato, in tutte le sue articolazioni, della necessità di un rinnovamento del patto nazionale unitario.
È l'insieme della società italiana che deve assumere le potenzialità di sviluppo del Mezzogiorno come condizione imprescindibile per una rinnovata crescita dell'economia italiana. Come "il maggiore dei nostri doveri" nei confronti della storia che proprio in questo luogo trova la sua più alta espressione. Davanti alla rinnovata targa che ricorda la devastazione della stazione di Barletta il 12 settembre 1943 da parte delle truppe naziste che assaltarono la città per "punire" con una barbara rappresaglia la volontà di riscatto della Patria, possiamo ben rivendicare il meglio del nostro passato storico e riappropriarci del presente. Serve – ha concluso il sindaco Cascella – solo uno "scatto" di volontà, di senso morale e di impegno civile per correre - con la velocità di cui Pietro era capace - verso un futuro di progresso».