Omicidio Pellizzieri, tre indagati tornano in libertà
Il quarto resta in carcere: la sparatoria avvenne a Piazza Divittorio nel 2012
lunedì 13 novembre 2017
19.06
Tornano in libertà tre dei quattro indagati per l'omicidio del 32enne barlettano Michele Pellizzieri, morto 19 giorni dopo la sparatoria di cui fu vittima il 5 ottobre 2012 al mercato di Piazza Divittorio. Il quarto indagato resta in carcere ma per un'altra causa. Il "k.o." alle misure cautelari, e dunque alle indagini della Procura Antimafia di Bari, giunge dal Tribunale della Libertà di Bari sulla scorta della sentenza della Cassazione che a fine settembre aveva annullato con rinvio una prima decisione dei giudici baresi. Lo scorso marzo, infatti, un altro collegio del Tribunale della Libertà aveva confermato l'ordinanza di custodia cautelare del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari facendo così rimane in carcere il presunto esecutore materiale del delitto Giuseppe Cirino, 29 anni di Foggia, ed i presunti mandanti barlettani: Ruggiero Lattanzio, 56, detto "Rino non lo so"; Luigi Marchisella, 45, detto "lo zio", e Pasquale Lattanzio, 41, detto "Fanale". Tutti ora (su ricorso degli avvocati Nicola Mastrapasqua e Giuseppe Cioce) hanno visto cadere il provvedimento che li costringeva in cella per il delitto di "Tucchett", nomignolo con cui era noto Pellizzieri.
L'inchiesta, condotta dai Carabinieri, portò a ritenere che il suo delitto fosse maturato per ragioni legate al controllo delle attività illecite a Barletta in un momento di riassestamento degli assetti malavitosi.
Alla base dell'ordinanza custodiale dello scorso febbraio anche le versioni di tre collaboratori di giustizia, che però la Cassazione ha ritenuto divergenti. Nella sentenza la Suprema Corte non risparmia l'ipotesi di una pista investigativa alternativa coi nomi dei relativi sicari.
L'inchiesta, condotta dai Carabinieri, portò a ritenere che il suo delitto fosse maturato per ragioni legate al controllo delle attività illecite a Barletta in un momento di riassestamento degli assetti malavitosi.
Alla base dell'ordinanza custodiale dello scorso febbraio anche le versioni di tre collaboratori di giustizia, che però la Cassazione ha ritenuto divergenti. Nella sentenza la Suprema Corte non risparmia l'ipotesi di una pista investigativa alternativa coi nomi dei relativi sicari.