«Non per celebrare ma per ritrovare nella memoria l'identità di questa città»
Intervento di Cascella tenuto durante le celebrazioni del centenario della Grande Guerra
mercoledì 27 maggio 2015
11.13
"Ci ritroviamo qui, davanti a mura segnate dalla storia, non per celebrare ma per ritrovare nella memoria l'identità di questa città - la città della Disfida - indissolubilmente legata all'Italia una e indivisibile". Pubblichiamo l'intervento del sindaco, Pasquale Cascella, tenuto in occasione delle ccelebrazioni di ieri mattina, da BarlettaViva prontamente raccontatavi, alla presenza del Ministro della Difesa, sen. Roberta Pinotti, per il centenario della Grande Guerra; in allegato offriamo anche gli interventi dell'on. Nicola Latorre e del prof. Mario Spagnoletti.
"E siamo grati al ministro della Difesa per essere oggi a Barletta in ideale continuità con la commemorazione dell'altro giorno a Monte San Michele in quel di Gorizia, ricomponendo il tormentato percorso compiuto dal primo conflitto mondiale fino alle missioni che oggi sostanziano il principio del ripudio della guerra con l'impegno per la pace. Si sa quale sanguinoso contributo sia stato versato dai ragazzi del nostro Sud sulle terre lontane del Carso, che cento anni fa apparivano al giovane Giuseppe Carli persino più povere della campagna in cui abitava la sua famiglia. Ma quanti sanno che quel soldato voglioso di riscattare le proprie "origini cafonesche", credendo come Giuseppe Di Vittorio nella "guerra di liberazione europea, di civiltà e umanità", fu la prima medaglia d'oro al valor militare di quel conflitto?
Quanti sanno che sul Carso combattè una Brigata con il nome di questa città, ripreso dal reggimento di volontari guidato da Raffaele Lacerenza entrato al seguito di Garibaldi il 22 luglio del 1866 a Bezzecca, libera e italiana, con la bandiera che Menotti Garibaldi volle consegnare a Barletta per onorarne lo spirito patriottico in cui oggi possiamo ritrovarci?
Quanti sanno che all'alba del 24 maggio di cento anni fa fu proprio il Sud che l'impero austroungarico volle "punire" per il suo irredentismo? Il fronte era anche questo castello, bombardato dall'esploratore asburgico Helgoland: un vero e proprio atto di guerra, che ha lasciato le brecce profonde illuminate nel giorno del centenario con i colori - i tre colori - della bandiera che svettava sul cacciatorpediniere Turbine quando fermò l'attacco proditorio prima che rovinasse la Cattedrale e il quartiere marinaro. Quanti sanno delle tante ferite che altri conflitti hanno ancora inferto nel corpo della città? Persino il monumento ai caduti fu dal fascismo mutilato del bronzo dedicato al ricordo del sacrificio e del dolore anziché all'esaltazione bellica del regime.
Quanti sanno che dopo il Piave mormorò l'Ofanto e che proprio davanti alla stele spogliata del richiamo alla pietà, a Barletta, il 12 settembre del '43, si consumò una barbara rappresaglia nazista?
Sono tutti episodi, segni, vicende fin qui considerate microstorie rispetto alla tragica dimensione di due conflitti mondiali. Ma abbiamo il dovere, prima ancora dell'orgoglio, di ricomprenderli nella storia dei sentimenti umani e delle passioni civili che hanno riscattato gli orrori della guerra con i valori costituzionali della comune appartenenza all'Italia e all'Europa. Abbiamo bisogno di conoscere e riconoscerci in un nuovo sforzo condiviso per far tornare il paese a crescere nel suo insieme. Abbiamo bisogno di conoscere e riconoscere il principio della solidarietà tra i popoli, ora che la guerra torna a incombere come strumento di offesa in un mondo sempre più globalizzato, per continuare a costruire la pace e il progresso.
Questa è la storia che vogliamo consegnare tutta intera alle nuove generazioni, perché sappiano riscattare quel passato nel futuro.
"E siamo grati al ministro della Difesa per essere oggi a Barletta in ideale continuità con la commemorazione dell'altro giorno a Monte San Michele in quel di Gorizia, ricomponendo il tormentato percorso compiuto dal primo conflitto mondiale fino alle missioni che oggi sostanziano il principio del ripudio della guerra con l'impegno per la pace. Si sa quale sanguinoso contributo sia stato versato dai ragazzi del nostro Sud sulle terre lontane del Carso, che cento anni fa apparivano al giovane Giuseppe Carli persino più povere della campagna in cui abitava la sua famiglia. Ma quanti sanno che quel soldato voglioso di riscattare le proprie "origini cafonesche", credendo come Giuseppe Di Vittorio nella "guerra di liberazione europea, di civiltà e umanità", fu la prima medaglia d'oro al valor militare di quel conflitto?
Quanti sanno che sul Carso combattè una Brigata con il nome di questa città, ripreso dal reggimento di volontari guidato da Raffaele Lacerenza entrato al seguito di Garibaldi il 22 luglio del 1866 a Bezzecca, libera e italiana, con la bandiera che Menotti Garibaldi volle consegnare a Barletta per onorarne lo spirito patriottico in cui oggi possiamo ritrovarci?
Quanti sanno che all'alba del 24 maggio di cento anni fa fu proprio il Sud che l'impero austroungarico volle "punire" per il suo irredentismo? Il fronte era anche questo castello, bombardato dall'esploratore asburgico Helgoland: un vero e proprio atto di guerra, che ha lasciato le brecce profonde illuminate nel giorno del centenario con i colori - i tre colori - della bandiera che svettava sul cacciatorpediniere Turbine quando fermò l'attacco proditorio prima che rovinasse la Cattedrale e il quartiere marinaro. Quanti sanno delle tante ferite che altri conflitti hanno ancora inferto nel corpo della città? Persino il monumento ai caduti fu dal fascismo mutilato del bronzo dedicato al ricordo del sacrificio e del dolore anziché all'esaltazione bellica del regime.
Quanti sanno che dopo il Piave mormorò l'Ofanto e che proprio davanti alla stele spogliata del richiamo alla pietà, a Barletta, il 12 settembre del '43, si consumò una barbara rappresaglia nazista?
Sono tutti episodi, segni, vicende fin qui considerate microstorie rispetto alla tragica dimensione di due conflitti mondiali. Ma abbiamo il dovere, prima ancora dell'orgoglio, di ricomprenderli nella storia dei sentimenti umani e delle passioni civili che hanno riscattato gli orrori della guerra con i valori costituzionali della comune appartenenza all'Italia e all'Europa. Abbiamo bisogno di conoscere e riconoscerci in un nuovo sforzo condiviso per far tornare il paese a crescere nel suo insieme. Abbiamo bisogno di conoscere e riconoscere il principio della solidarietà tra i popoli, ora che la guerra torna a incombere come strumento di offesa in un mondo sempre più globalizzato, per continuare a costruire la pace e il progresso.
Questa è la storia che vogliamo consegnare tutta intera alle nuove generazioni, perché sappiano riscattare quel passato nel futuro.