"La voce dei senzatetto", un progetto di solidarietà tra le vie di Barletta
L'intervista a Davide Damato, fondatore dell'associazione
venerdì 24 marzo 2017
Un progetto nato da una necessità, dal senso di dovere verso tutte quelle persone quotidianamente ignorate e che vengono lasciate ai margini dalla società: per provare a risolvere queste problematiche nasce "La voce dei senzatetto", una associazione no-profit nata nella città di Roma e gestita da un nostro concittadino, Davide Damato, a cui abbiamo rivolto alcune domande sulla nascita di questo progetto e sui suoi obiettivi.
"Il blog nasce per dare voce a quelle persone a noi "invisibili" che tutti i giorni per strada ignoriamo o evitiamo o per egoismo o per paura." Questa la descrizione lasciata sulla pagina Facebook del vostro progetto, ma come nasce davvero "La voce dei senzatetto"?
«Beh, a dire il vero "La voce dei senzatetto" che oggi possiamo orgogliosamente definire un'associazione no profit, è nata poco più di un anno fa da un'idea maturata da me e Saverio Giovannuzzi (cofondatore dell'associazione) mentre passeggiavamo per il centro storico della nostra meravigliosa capitale. Inizialmente non avevamo chiaro un vero e proprio progetto, tutto è incominciato quando abbiamo conosciuto Pier "Le clochard celeste", il primo intervistato de "La voce dei senzatetto". Pier ci ha affascinato con i suoi racconti e con le sue incredibili doti di artista ed è stato così che sempre più spesso abbiamo passato interi pomeriggi sulle scale della chiesa di S. Ignazio chiacchierando con uno dei così detti "invisibili" della società contemporanea. Da questo primo incontro abbiamo poi pensato di creare un vero e proprio progetto. Ascoltando i racconti di Pier, è cresciuto in noi il desiderio di raccontare altre storie come la sua e di avvicinare altri narratori; è così che è nato il nostro blog. Vogliamo che tanti abbiano la possibilità di ascoltare racconti come quello di Pier e pensiamo che questo possa essere un modo per ridurre le distanze tra "gli invisibili" e il resto della società. L'idea è quella di creare uno spazio attraverso il quale dare voce a tutti coloro che vivono per strada ma vengono ignorati o scansati come se fossero delle sagome. Le loro vite sono profondamente diverse dalle nostre che ci contendiamo le comodità, come priorità assoluta, ma le loro aspirazioni, sogni e desideri sono molto simili ai nostri».
Il progetto è nato nella città di Roma, c'è l'intenzione di allargarlo ad altre grandi città e/o anche a realtà decisamente più piccole come la tua città natale, Barletta?
«Certamente! Questo è proprio uno dei nostri obiettivi… dopo i primi mesi di vita come blog personale, abbiamo pensato di trasformare "La voce dei senzatetto" in un progetto più ambizioso costituendo una vera e propria organizzazione di volontariato. L'intento è quello di avvicinare e coinvolgere, come abbiamo detto poco fa quanta più gente possibile proveniente da tutta Italia, augurandoci di diventare in futuro, un punto di riferimento nazionale per i clochard. Ovviamente essendo Barletta la mia città natale è stata la prima città dopo Roma ad essere coinvolta nel progetto, ed è infatti proprio a Barletta che abbiamo raccolto le prime adesioni all'associazione. Alcuni giovani ragazzi hanno saputo dell'iniziativa e con grande entusiasmo condividendo i propositi e lo spirito dell'associazione sono tra i primi soci fondatori. Questo è quello che proveremo a fare augurandoci di avere un ampio consenso anche nelle altre città italiane».
Sul vostro sito le statistiche di quante persone siano costrette ad utilizzare servizi di mensa o accoglienza notturna sono segnali di una realtà ormai consolidata, secondo voi per questa realtà, quella dei senzatetto, ci sono differenze tra grandi città e piccoli centri?
«Purtroppo devo rispondere di sì… In città grandi come Roma, Milano, Bologna, Torino, c'è sicuramente una maggiore organizzazione e attenzione al disagio sociale dovuta anche all'elevata presenza dei senzatetto in queste zone. In queste città a differenza di realtà più piccole e provinciali come Barletta, ci sono un maggior numero di associazioni e anche di eventi legati alla conoscenza e al supporto dei senza tetto. Nonostante ciò non possiamo affermare che ci sia un'organizzazione ottimale, a Roma ad esempio abbiamo potuto constatare che non esistono centri di accoglienza per donne senza fissa dimora».
Nel vostro approccio si nota una voglia di scavalcare il "muro invisibile" tra la realtà quotidiana normale e quella di questi "invisibili" presentando le loro storie direttamente, senza filtri, c'è stata una storia o più storie che ti hanno colpito?
«Sì, ci hanno colpito un po' tutte le storie che abbiamo raccontato,senza filtri, provando a scavalcare il muro dell'indifferenza. Tutte sono state molto emozionanti, alcune tristi come quella di Daniele, che ha perso la sua compagna e il lavoro allo stesso tempo, ed ora si ritrova a dormire in casa famiglia, altre più simpatiche come quella di Pier, di Roberto e di Amedeo che hanno scelto parzialmente di vivere la strada e che hanno coltivato una capacità innata riuscendo a vivere della propria passione. Pier e Amedeo sono due pittori di strada mentre Roberto è un tecnico informatico ed è riuscito a creare un blog nel quale racconta la sua vita e le difficoltà che supera giorno per giorno. Possiamo dire comunque che ogni storia ha in sé un messaggio diverso che l'interlocutore prova a trasmettere attraverso una chiacchiera confidenziale, ricordando il passato e raccontando le sensazioni quotidiane».
Quali sono i vostri obiettivi per il futuro di questo progetto?
«Un primo obiettivo è sicuramente quello di sensibilizzare la società alla tematica dei senza tetto. Sappiamo tutti che esiste questa realtà, ma la gran parte di noi ignora o evita di prendere in considerazione il problema. L'unico momento in cui la società si sveglia da questo dormiveglia è durante i giorni più freddi dell'inverno, quando, comodamente seduti nelle nostre case, ci arrivano notizie sull' emergenza clochard. Ciò che vogliamo fare è risvegliare la consapevolezza della società in quanto unico ed indivisibile "corpo sociale". Può sembrare assurdo, ma anche loro costituiscono la popolazione italiana e troppo spesso ce ne dimentichiamo. Un altro nostro obiettivo è quello di diventare un'associazione di riferimento a livello nazionale per quanto riguarda i temi della diffusione e della conoscenza, della sensibilizzazione di un aspetto che deriva direttamente dal declino della società dell'opulenza, ovvero quello di una povertà che continua la sua conquista di settori sociali . Quello che può essere definito l'obiettivo più ambizioso de "La voce dei senza tetto" è la creazione di associati e di volontari che tramite una rete di collegamenti sul territorio nazionale raccolga informazioni e le diffonda per migliorare le loro condizioni di vita promuovendo il reinserimento sociale. Mi piacerebbe concludere questa intervista con una citazione di un noto sociologo francese, Philippe Breton il quale afferma: "Noi viviamo in una società sempre più comunicante e sempre meno incontrante"… cerchiamo più spesso di aprirci all'incontro dell'altro. Ciò che rende incolmabile, a volte, la distanza di uomo da un altro uomo, proviene dalla mancanza del desiderio di conoscenza che la società contemporanea ha compresso in ciò che è dato sapere. Il viaggiatore scopre un luogo, il turista passa e a malapena ricorda. Così se solo ci concedessimo all'ascolto dell'altro scopriremmo che le incolmabili distanze albergano nei nostri pregiudizi. L'altro non è poi così diverso da noi. Questa è stata la nostra esperienza e abbiamo pensato di animarla e di darle un abito dignitoso».
"Il blog nasce per dare voce a quelle persone a noi "invisibili" che tutti i giorni per strada ignoriamo o evitiamo o per egoismo o per paura." Questa la descrizione lasciata sulla pagina Facebook del vostro progetto, ma come nasce davvero "La voce dei senzatetto"?
«Beh, a dire il vero "La voce dei senzatetto" che oggi possiamo orgogliosamente definire un'associazione no profit, è nata poco più di un anno fa da un'idea maturata da me e Saverio Giovannuzzi (cofondatore dell'associazione) mentre passeggiavamo per il centro storico della nostra meravigliosa capitale. Inizialmente non avevamo chiaro un vero e proprio progetto, tutto è incominciato quando abbiamo conosciuto Pier "Le clochard celeste", il primo intervistato de "La voce dei senzatetto". Pier ci ha affascinato con i suoi racconti e con le sue incredibili doti di artista ed è stato così che sempre più spesso abbiamo passato interi pomeriggi sulle scale della chiesa di S. Ignazio chiacchierando con uno dei così detti "invisibili" della società contemporanea. Da questo primo incontro abbiamo poi pensato di creare un vero e proprio progetto. Ascoltando i racconti di Pier, è cresciuto in noi il desiderio di raccontare altre storie come la sua e di avvicinare altri narratori; è così che è nato il nostro blog. Vogliamo che tanti abbiano la possibilità di ascoltare racconti come quello di Pier e pensiamo che questo possa essere un modo per ridurre le distanze tra "gli invisibili" e il resto della società. L'idea è quella di creare uno spazio attraverso il quale dare voce a tutti coloro che vivono per strada ma vengono ignorati o scansati come se fossero delle sagome. Le loro vite sono profondamente diverse dalle nostre che ci contendiamo le comodità, come priorità assoluta, ma le loro aspirazioni, sogni e desideri sono molto simili ai nostri».
Il progetto è nato nella città di Roma, c'è l'intenzione di allargarlo ad altre grandi città e/o anche a realtà decisamente più piccole come la tua città natale, Barletta?
«Certamente! Questo è proprio uno dei nostri obiettivi… dopo i primi mesi di vita come blog personale, abbiamo pensato di trasformare "La voce dei senzatetto" in un progetto più ambizioso costituendo una vera e propria organizzazione di volontariato. L'intento è quello di avvicinare e coinvolgere, come abbiamo detto poco fa quanta più gente possibile proveniente da tutta Italia, augurandoci di diventare in futuro, un punto di riferimento nazionale per i clochard. Ovviamente essendo Barletta la mia città natale è stata la prima città dopo Roma ad essere coinvolta nel progetto, ed è infatti proprio a Barletta che abbiamo raccolto le prime adesioni all'associazione. Alcuni giovani ragazzi hanno saputo dell'iniziativa e con grande entusiasmo condividendo i propositi e lo spirito dell'associazione sono tra i primi soci fondatori. Questo è quello che proveremo a fare augurandoci di avere un ampio consenso anche nelle altre città italiane».
Sul vostro sito le statistiche di quante persone siano costrette ad utilizzare servizi di mensa o accoglienza notturna sono segnali di una realtà ormai consolidata, secondo voi per questa realtà, quella dei senzatetto, ci sono differenze tra grandi città e piccoli centri?
«Purtroppo devo rispondere di sì… In città grandi come Roma, Milano, Bologna, Torino, c'è sicuramente una maggiore organizzazione e attenzione al disagio sociale dovuta anche all'elevata presenza dei senzatetto in queste zone. In queste città a differenza di realtà più piccole e provinciali come Barletta, ci sono un maggior numero di associazioni e anche di eventi legati alla conoscenza e al supporto dei senza tetto. Nonostante ciò non possiamo affermare che ci sia un'organizzazione ottimale, a Roma ad esempio abbiamo potuto constatare che non esistono centri di accoglienza per donne senza fissa dimora».
Nel vostro approccio si nota una voglia di scavalcare il "muro invisibile" tra la realtà quotidiana normale e quella di questi "invisibili" presentando le loro storie direttamente, senza filtri, c'è stata una storia o più storie che ti hanno colpito?
«Sì, ci hanno colpito un po' tutte le storie che abbiamo raccontato,senza filtri, provando a scavalcare il muro dell'indifferenza. Tutte sono state molto emozionanti, alcune tristi come quella di Daniele, che ha perso la sua compagna e il lavoro allo stesso tempo, ed ora si ritrova a dormire in casa famiglia, altre più simpatiche come quella di Pier, di Roberto e di Amedeo che hanno scelto parzialmente di vivere la strada e che hanno coltivato una capacità innata riuscendo a vivere della propria passione. Pier e Amedeo sono due pittori di strada mentre Roberto è un tecnico informatico ed è riuscito a creare un blog nel quale racconta la sua vita e le difficoltà che supera giorno per giorno. Possiamo dire comunque che ogni storia ha in sé un messaggio diverso che l'interlocutore prova a trasmettere attraverso una chiacchiera confidenziale, ricordando il passato e raccontando le sensazioni quotidiane».
Quali sono i vostri obiettivi per il futuro di questo progetto?
«Un primo obiettivo è sicuramente quello di sensibilizzare la società alla tematica dei senza tetto. Sappiamo tutti che esiste questa realtà, ma la gran parte di noi ignora o evita di prendere in considerazione il problema. L'unico momento in cui la società si sveglia da questo dormiveglia è durante i giorni più freddi dell'inverno, quando, comodamente seduti nelle nostre case, ci arrivano notizie sull' emergenza clochard. Ciò che vogliamo fare è risvegliare la consapevolezza della società in quanto unico ed indivisibile "corpo sociale". Può sembrare assurdo, ma anche loro costituiscono la popolazione italiana e troppo spesso ce ne dimentichiamo. Un altro nostro obiettivo è quello di diventare un'associazione di riferimento a livello nazionale per quanto riguarda i temi della diffusione e della conoscenza, della sensibilizzazione di un aspetto che deriva direttamente dal declino della società dell'opulenza, ovvero quello di una povertà che continua la sua conquista di settori sociali . Quello che può essere definito l'obiettivo più ambizioso de "La voce dei senza tetto" è la creazione di associati e di volontari che tramite una rete di collegamenti sul territorio nazionale raccolga informazioni e le diffonda per migliorare le loro condizioni di vita promuovendo il reinserimento sociale. Mi piacerebbe concludere questa intervista con una citazione di un noto sociologo francese, Philippe Breton il quale afferma: "Noi viviamo in una società sempre più comunicante e sempre meno incontrante"… cerchiamo più spesso di aprirci all'incontro dell'altro. Ciò che rende incolmabile, a volte, la distanza di uomo da un altro uomo, proviene dalla mancanza del desiderio di conoscenza che la società contemporanea ha compresso in ciò che è dato sapere. Il viaggiatore scopre un luogo, il turista passa e a malapena ricorda. Così se solo ci concedessimo all'ascolto dell'altro scopriremmo che le incolmabili distanze albergano nei nostri pregiudizi. L'altro non è poi così diverso da noi. Questa è stata la nostra esperienza e abbiamo pensato di animarla e di darle un abito dignitoso».