La storia italiana passa attraverso il “Giorno del Ricordo”
Riflessione a cura di Michele Grimaldi, direttore dell'Archivio di Stato di Bari Barletta e Trani
mercoledì 10 febbraio 2021
"Barletta celebra, forse una delle pochissime città al sud, il "Giorno del Ricordo" della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell'esodo, dalle loro terre, degli istriani, dalmati e friulani, avvenuto nel secondo dopoguerra. L'esodo istriano, conosciuto anche come esodo giuliano-dalmata, è un evento storico consistito nella diaspora forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana, che si verificò a partire dalla Seconda Guerra Mondiale e negli anni successivi dai territori occupati dall'Armata Popolare del maresciallo Josip Broz Tito e in seguito annessi dalla Jugoslavia.
In pochi lottano in maniera strenua da anni per non far cadere nell'oblio un'immane tragedia quale fu quella delle foibe che non solo viene ignorata dalle generazioni più datate, testimoni in prima persona degli avvenimenti accaduti in quei territori, ma è del tutto sconosciuta ai giovani di oggi i quali, oltre a non conoscere le figure basilari della Storia italiana, "rifiutano" perché non guidati ed informati, tutto quello che va oltre i libri di storia canonici.
Infatti quale professore ha mai spiegato loro che dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il pieno controllo del territorio dalmata-istriano fu assunto dalle formazioni partigiane slovene e croate legate al Movimento di liberazione jugoslavo, che proclamarono l'annessione dell'Istria alla Jugoslavia e parallelamente, procederono all'eliminazione fisica dei "nemici del popolo", categoria generica e simbolica nella quale furono fatti rientrare gli oppositori di un progetto politico che aveva come fine la jugoslavizzazione dell'area giuliana. Un progetto che, ancora in fase embrionale nell'autunno del 1943, esploderà due anni dopo, nel maggio del 1945.
La scelta del 10 febbraio non è casuale. Infatti questa ricorrenza nazionale si celebra ogni anno nello stesso giorno in cui, nel 1947, furono firmati a Parigi i trattati di pace in base ai quali l'Italia cedeva Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia, provocando l'esodo delle popolazioni istriane, fiumane e dalmate dalle loro terre. In totale, dopo la firma del trattato di Parigi del 1947 e del memorandum di Londra del 1954, furono circa 250.000 le persone che abbandonarono tutti i loro beni e preferirono andare in Italia. La maggior parte delle persone che se ne andarono, dopo aver stazionato per tempi più o meno lunghi in uno dei 109 campi profughi allestiti dal governo italiano, si sistemò in varie parti d'Italia, tra i quali quello di Barletta allocato nell'ex Caserma Fieramosca in via Manfredi, mentre circa 80.000 emigrarono in altre nazioni.
Il mio pensiero e vicinanza va a tutti i familiari delle vittime degli efferati massacri delle foibe ed ai rappresentanti delle associazioni che mantengono viva la memoria di quella tragedia e dell'esodo di intere popolazioni, portatrici di identità culturali e tradizioni che non devono essere cancellate. Coltivare la memoria di quanto è accaduto è indispensabile per ristabilire la verità storica. E proprio per questo motivo, è doveroso ricordare i nomi di venti barlettani barbaramente trucidati nelle foibe: Antonucci Francesco, Ardito Giovanni, Capolongo Francesco Paolo, Cortellino Angelo, Delvecchio Antonio, Delvecchio Francesco, Donvito Angelo, Gaeta Vitantonio, Gargano Sabino, Giannini Francesco, Giuliano Gennaro, Goffredo Giovanni, Lionetti Vincenzo, Marzocca Ruggiero, Paolicelli Michele, Rendina Luigi, Sciominio Francesco, Scommegna Francesco, Sfregola Cosimo Damiano ( a lui dedicata una lapide posta nella Questura di Trieste) e Surdi Giovanni.
Appare chiaro a tutti che una ricorrenza, come questa, codificata da legge dello Stato con il chiaro intento di ricordare, stigmatizzare, creare un monito, un segnale, può essere "celebrata", secondo me, nel modo migliore se c'è il coinvolgimento delle istituzioni che hanno il compito primario di formare donne e uomini non solo alla cultura dell'effimero, alla cultura della gestione del contingente, del quotidiano, ma debbono fare del ricordo, della memoria, della storia, un bagaglio da portarsi dietro perché un fatto è certo: alcune pagine buie della storia dell'umanità sono meno "importanti" di altre.
Tant'è, del giorno della memoria, del genocidio armeno, Metz Yeghern, non se ricorda nessuno, niente servizi televisivi. Il 10 febbraio, "Giorno del ricordo" delle Foibe e dell'Esodo istriano, non crea la stessa fibrillazione di altri tragici eventi. Quasi nessun film o sceneggiato ("Il cuore nel pozzo" non è stato mai più replicato), rarissimi servizi nei notiziari, per lo più, legati alle cronache delle cerimonie al Quirinale o nelle aule consiliari di pochi comuni, con sporadiche (o nulle) presenze nei talk show. La maggior parte degli Italiani giuliano-dalmati è morta senza avere non dico giustizia, ma almeno il sacrosanto diritto di veder riconosciuto il proprio immane sacrificio.
Quindi è utile riportare le parole di Papa Francesco "…nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla! ".
Un ultimo pro memoria qualora dovesse essere sfuggito a qualcuno: gli Istriani, oltre ad essere Persone erano Italiani … o qualcuno lo ignora?".
A cura di Michele Grimaldi, Direttore Archivio di Stato di Bari Barletta e Trani
In pochi lottano in maniera strenua da anni per non far cadere nell'oblio un'immane tragedia quale fu quella delle foibe che non solo viene ignorata dalle generazioni più datate, testimoni in prima persona degli avvenimenti accaduti in quei territori, ma è del tutto sconosciuta ai giovani di oggi i quali, oltre a non conoscere le figure basilari della Storia italiana, "rifiutano" perché non guidati ed informati, tutto quello che va oltre i libri di storia canonici.
Infatti quale professore ha mai spiegato loro che dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, il pieno controllo del territorio dalmata-istriano fu assunto dalle formazioni partigiane slovene e croate legate al Movimento di liberazione jugoslavo, che proclamarono l'annessione dell'Istria alla Jugoslavia e parallelamente, procederono all'eliminazione fisica dei "nemici del popolo", categoria generica e simbolica nella quale furono fatti rientrare gli oppositori di un progetto politico che aveva come fine la jugoslavizzazione dell'area giuliana. Un progetto che, ancora in fase embrionale nell'autunno del 1943, esploderà due anni dopo, nel maggio del 1945.
La scelta del 10 febbraio non è casuale. Infatti questa ricorrenza nazionale si celebra ogni anno nello stesso giorno in cui, nel 1947, furono firmati a Parigi i trattati di pace in base ai quali l'Italia cedeva Istria, Fiume e Zara alla Jugoslavia, provocando l'esodo delle popolazioni istriane, fiumane e dalmate dalle loro terre. In totale, dopo la firma del trattato di Parigi del 1947 e del memorandum di Londra del 1954, furono circa 250.000 le persone che abbandonarono tutti i loro beni e preferirono andare in Italia. La maggior parte delle persone che se ne andarono, dopo aver stazionato per tempi più o meno lunghi in uno dei 109 campi profughi allestiti dal governo italiano, si sistemò in varie parti d'Italia, tra i quali quello di Barletta allocato nell'ex Caserma Fieramosca in via Manfredi, mentre circa 80.000 emigrarono in altre nazioni.
Il mio pensiero e vicinanza va a tutti i familiari delle vittime degli efferati massacri delle foibe ed ai rappresentanti delle associazioni che mantengono viva la memoria di quella tragedia e dell'esodo di intere popolazioni, portatrici di identità culturali e tradizioni che non devono essere cancellate. Coltivare la memoria di quanto è accaduto è indispensabile per ristabilire la verità storica. E proprio per questo motivo, è doveroso ricordare i nomi di venti barlettani barbaramente trucidati nelle foibe: Antonucci Francesco, Ardito Giovanni, Capolongo Francesco Paolo, Cortellino Angelo, Delvecchio Antonio, Delvecchio Francesco, Donvito Angelo, Gaeta Vitantonio, Gargano Sabino, Giannini Francesco, Giuliano Gennaro, Goffredo Giovanni, Lionetti Vincenzo, Marzocca Ruggiero, Paolicelli Michele, Rendina Luigi, Sciominio Francesco, Scommegna Francesco, Sfregola Cosimo Damiano ( a lui dedicata una lapide posta nella Questura di Trieste) e Surdi Giovanni.
Appare chiaro a tutti che una ricorrenza, come questa, codificata da legge dello Stato con il chiaro intento di ricordare, stigmatizzare, creare un monito, un segnale, può essere "celebrata", secondo me, nel modo migliore se c'è il coinvolgimento delle istituzioni che hanno il compito primario di formare donne e uomini non solo alla cultura dell'effimero, alla cultura della gestione del contingente, del quotidiano, ma debbono fare del ricordo, della memoria, della storia, un bagaglio da portarsi dietro perché un fatto è certo: alcune pagine buie della storia dell'umanità sono meno "importanti" di altre.
Tant'è, del giorno della memoria, del genocidio armeno, Metz Yeghern, non se ricorda nessuno, niente servizi televisivi. Il 10 febbraio, "Giorno del ricordo" delle Foibe e dell'Esodo istriano, non crea la stessa fibrillazione di altri tragici eventi. Quasi nessun film o sceneggiato ("Il cuore nel pozzo" non è stato mai più replicato), rarissimi servizi nei notiziari, per lo più, legati alle cronache delle cerimonie al Quirinale o nelle aule consiliari di pochi comuni, con sporadiche (o nulle) presenze nei talk show. La maggior parte degli Italiani giuliano-dalmati è morta senza avere non dico giustizia, ma almeno il sacrosanto diritto di veder riconosciuto il proprio immane sacrificio.
Quindi è utile riportare le parole di Papa Francesco "…nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla! ".
Un ultimo pro memoria qualora dovesse essere sfuggito a qualcuno: gli Istriani, oltre ad essere Persone erano Italiani … o qualcuno lo ignora?".
A cura di Michele Grimaldi, Direttore Archivio di Stato di Bari Barletta e Trani