«La figura della Costituente Titomanlio non è poi così sconosciuta...»
Interviene il Direttore dell'Archivio di Stato Michele Grimaldi
mercoledì 20 luglio 2022
17.01
Un approfondimento sulla figura storica della barlettana Vittoria Titomanlio. Di recente è stato organizzato a Barletta dall'Associazione Donne Giuriste Italia Sezione di Trani, un incontro in collaborazione con Legambiente e Azione Cattolica, avente come tema "Racconto e lettura. Pagine di Vita. On. Vittoria, Anna Sterpeta Titomanlio, Membro dell'Assemblea Costituente".
Per l'occasione il Direttore dell'Archivio di Stato Michele Grimaldi ricorda questa fondamentale figura storica legata a Barletta.
«La figura della Costituente Titomanlio non è poi così sconosciuta. Infatti lo scorso 10 ottobre 2021 con la mostra documentaria "Il primo voto al femminile" e il 2 giugno 2016 a 70 anni del primo voto post secondo conflitto mondiale, la Sezione di Archivio di Stato di Barletta e la Prefettura della Provincia Barletta Andria Trani hanno ricordato, con un percorso espositivo aperto nel Palazzo del Governo, il referendum a suffragio universale con il quale i cittadini italiani furono chiamati a scegliere tra Repubblica e Monarchia. Una data cruciale che, oltre a determinare uno stravolgimento dell'assetto dello Stato italiano, segnò il raggiungimento di una sofferta conquista: la prima volta al voto delle donne.
Le italiane, in cinque giorni festivi dal 10 marzo al 7 aprile 1946, si trovarono di fronte al battesimo del voto, ovvero andarono a deporre per la prima volta la scheda nell'urna. Senza distinzione di censo o di cultura, signore e signorine, operaie e intellettuali erano attanagliate dall'ansia. Chi confessava che "mi tremavano le mani, le gambe, le braccia", mentre la scrittrice Maria Bellonci riferì di aver avuto "voglia di fuggire quando mi trovai in quella cabina di legno antico con in mano il lapis e la scheda" e la romanziera Anna Banti era ossessionata dal terrore di rendere nullo quel passo.
Preoccupazioni analoghe si ripresenteranno il 2 giugno dello stesso anno per la designazione dei membri dell'Assemblea Costituente e la fondamentale scelta tra monarchia e repubblica. Nonostante i diffusissimi timori femminili, però, a inciampare sulla scena politica non furono le neovotanti ma proprio i rappresentanti dei partiti di massa che si contendevano le loro preferenze, Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. I due leader del Pci e della Dc, nel decreto n. 23 del febbraio 1945, estesero il suffragio alle italiane che avessero almeno 21 anni. Però, mentre riconoscevano quell'ambìto diritto alle donne, dimenticarono la loro eleggibilità. Già, proprio così. Le donne potevano essere solo elettrici ma non elette. E questa svista verrà corretta solo nella primavera del 1946, rendendo le donne cittadine a pieno titolo.
La decisione di ammettere le donne al voto venne presa formalmente a poco più di due mesi dalla conclusione del conflitto, ma essa era maturata fin dal 1944. Soprattutto i leader dei più importanti partiti di massa, DC e PCI, erano infatti ormai convinti, nonostante le resistenze della base, della necessità di un provvedimento che avrebbe incluso nella dialettica tra cittadini e forze politiche una componente essenziale alla vita del Paese e avrebbe inevitabilmente modificato contenuti e metodi dell'organizzazione del consenso.
In un'Italia ancora divisa in due, con il Centro-Sud liberato e la Repubblica di Salò nel Nord occupato dai tedeschi, a Roma su richiesta di De Gasperi e Togliatti la questione venne infatti esaminata dal Consiglio dei ministri il 24 gennaio 1945. Il 30 si ebbe l'approvazione, ratificata con il decreto luogotenenziale n. 23, datato 1° febbraio 1945, un breve testo il quale stabiliva all'art. 2 che, vista l'imminente formazione nei Comuni delle liste elettorali, nelle suddette si iscrivessero in liste separate le elettrici.
Alla vigilia delle prime elezioni in cui anche le donne vennero chiamate ad esprimere il proprio parere, nessuna forza politica poté ignorare quale enorme importanza avrebbe assunto l'elettorato femminile, che, con 14.610.845 persone che acquisirono il diritto a recarsi per la prima volta in una cabina elettorale, costituiva circa il 53% del totale.
La partecipazione femminile diede uno schiaffo alla politica e fu altissima, anzi molto più alta che negli altri paesi europei: le votanti furono l'89 per cento delle aventi diritto, ovvero il 52, 2 per cento dell'elettorato, con una differenza irrisoria rispetto agli uomini. L'astensionismo femminile fu inferiore a quello maschile, sempre al contrario di quel che avvenne in altri stati del Vecchio Continente. Le donne, poi, andarono alle urne più nei paesi piccoli che nelle grandi città, in numero maggiore dei votanti maschi del Sud e assicurarono la loro presenza più alle elezioni politiche del 2 giugno che non alle amministrative. Cancellando il pregiudizio di avere più a cuore gli interessi di casa e bottega che non quelli del Paese.
Sui banchi dell'Assemblea costituente sedettero le prime parlamentari: nove della DC, tra le quali la barlettana Titomanlio Vittoria Anna Sterpeta eletta nel collegio di Napoli, nove del PCI, due del PSIUP ed una dell'Uomo Qualunque. Nata a Barletta in via Canosa al civico 20 alle due e venti del 22 aprile 1899 da Titomanlio Sabino, Ispettore Demaniale residente a Napoli ma a Barletta per lavoro e da De Boffe Carolina, Vittoria visse i suoi primi anni nella Città della Disfida. Tornata a Napoli, dove svolgerà l'attività di maestra elementare e terminerà la sua esistenza a 89 anni il 28 dicembre 1988, viene eletta, in quel collegio, nel 1946 a 47 anni, alla Costituente e poi il 3 giugno 1958 al Parlamento nel gruppo della Democrazia Cristiana sino al 15 maggio 1963. Durante quel mandato è componente della VIII Commissione Istruzione e Belle Arti, della XII Industria e Commercio ed infine della Commissione speciale per l'esame del disegno e delle proposte di legge concernenti provvedimenti per la Città di Napoli» conclude Grimaldi.
Quindi a 76 anni di distanza da quel fondamentale 2 giugno 1946, la Titomanlio rappresenta non solo una pietra miliare per il Paese e per il diritto al voto acquisito dalle donne, in termini di elettorato attivo e passivo, ma soprattutto lo slancio per dare forte e rinvigorito impulso alla parità di genere tra uomini e donne, sostanziale e non solo normativa, attraverso la promozione di azioni volte a eliminare le diseguaglianze in ambito sociale, lavorativo, politico e culturale».
Per l'occasione il Direttore dell'Archivio di Stato Michele Grimaldi ricorda questa fondamentale figura storica legata a Barletta.
«La figura della Costituente Titomanlio non è poi così sconosciuta. Infatti lo scorso 10 ottobre 2021 con la mostra documentaria "Il primo voto al femminile" e il 2 giugno 2016 a 70 anni del primo voto post secondo conflitto mondiale, la Sezione di Archivio di Stato di Barletta e la Prefettura della Provincia Barletta Andria Trani hanno ricordato, con un percorso espositivo aperto nel Palazzo del Governo, il referendum a suffragio universale con il quale i cittadini italiani furono chiamati a scegliere tra Repubblica e Monarchia. Una data cruciale che, oltre a determinare uno stravolgimento dell'assetto dello Stato italiano, segnò il raggiungimento di una sofferta conquista: la prima volta al voto delle donne.
Le italiane, in cinque giorni festivi dal 10 marzo al 7 aprile 1946, si trovarono di fronte al battesimo del voto, ovvero andarono a deporre per la prima volta la scheda nell'urna. Senza distinzione di censo o di cultura, signore e signorine, operaie e intellettuali erano attanagliate dall'ansia. Chi confessava che "mi tremavano le mani, le gambe, le braccia", mentre la scrittrice Maria Bellonci riferì di aver avuto "voglia di fuggire quando mi trovai in quella cabina di legno antico con in mano il lapis e la scheda" e la romanziera Anna Banti era ossessionata dal terrore di rendere nullo quel passo.
Preoccupazioni analoghe si ripresenteranno il 2 giugno dello stesso anno per la designazione dei membri dell'Assemblea Costituente e la fondamentale scelta tra monarchia e repubblica. Nonostante i diffusissimi timori femminili, però, a inciampare sulla scena politica non furono le neovotanti ma proprio i rappresentanti dei partiti di massa che si contendevano le loro preferenze, Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. I due leader del Pci e della Dc, nel decreto n. 23 del febbraio 1945, estesero il suffragio alle italiane che avessero almeno 21 anni. Però, mentre riconoscevano quell'ambìto diritto alle donne, dimenticarono la loro eleggibilità. Già, proprio così. Le donne potevano essere solo elettrici ma non elette. E questa svista verrà corretta solo nella primavera del 1946, rendendo le donne cittadine a pieno titolo.
La decisione di ammettere le donne al voto venne presa formalmente a poco più di due mesi dalla conclusione del conflitto, ma essa era maturata fin dal 1944. Soprattutto i leader dei più importanti partiti di massa, DC e PCI, erano infatti ormai convinti, nonostante le resistenze della base, della necessità di un provvedimento che avrebbe incluso nella dialettica tra cittadini e forze politiche una componente essenziale alla vita del Paese e avrebbe inevitabilmente modificato contenuti e metodi dell'organizzazione del consenso.
In un'Italia ancora divisa in due, con il Centro-Sud liberato e la Repubblica di Salò nel Nord occupato dai tedeschi, a Roma su richiesta di De Gasperi e Togliatti la questione venne infatti esaminata dal Consiglio dei ministri il 24 gennaio 1945. Il 30 si ebbe l'approvazione, ratificata con il decreto luogotenenziale n. 23, datato 1° febbraio 1945, un breve testo il quale stabiliva all'art. 2 che, vista l'imminente formazione nei Comuni delle liste elettorali, nelle suddette si iscrivessero in liste separate le elettrici.
Alla vigilia delle prime elezioni in cui anche le donne vennero chiamate ad esprimere il proprio parere, nessuna forza politica poté ignorare quale enorme importanza avrebbe assunto l'elettorato femminile, che, con 14.610.845 persone che acquisirono il diritto a recarsi per la prima volta in una cabina elettorale, costituiva circa il 53% del totale.
La partecipazione femminile diede uno schiaffo alla politica e fu altissima, anzi molto più alta che negli altri paesi europei: le votanti furono l'89 per cento delle aventi diritto, ovvero il 52, 2 per cento dell'elettorato, con una differenza irrisoria rispetto agli uomini. L'astensionismo femminile fu inferiore a quello maschile, sempre al contrario di quel che avvenne in altri stati del Vecchio Continente. Le donne, poi, andarono alle urne più nei paesi piccoli che nelle grandi città, in numero maggiore dei votanti maschi del Sud e assicurarono la loro presenza più alle elezioni politiche del 2 giugno che non alle amministrative. Cancellando il pregiudizio di avere più a cuore gli interessi di casa e bottega che non quelli del Paese.
Sui banchi dell'Assemblea costituente sedettero le prime parlamentari: nove della DC, tra le quali la barlettana Titomanlio Vittoria Anna Sterpeta eletta nel collegio di Napoli, nove del PCI, due del PSIUP ed una dell'Uomo Qualunque. Nata a Barletta in via Canosa al civico 20 alle due e venti del 22 aprile 1899 da Titomanlio Sabino, Ispettore Demaniale residente a Napoli ma a Barletta per lavoro e da De Boffe Carolina, Vittoria visse i suoi primi anni nella Città della Disfida. Tornata a Napoli, dove svolgerà l'attività di maestra elementare e terminerà la sua esistenza a 89 anni il 28 dicembre 1988, viene eletta, in quel collegio, nel 1946 a 47 anni, alla Costituente e poi il 3 giugno 1958 al Parlamento nel gruppo della Democrazia Cristiana sino al 15 maggio 1963. Durante quel mandato è componente della VIII Commissione Istruzione e Belle Arti, della XII Industria e Commercio ed infine della Commissione speciale per l'esame del disegno e delle proposte di legge concernenti provvedimenti per la Città di Napoli» conclude Grimaldi.
Quindi a 76 anni di distanza da quel fondamentale 2 giugno 1946, la Titomanlio rappresenta non solo una pietra miliare per il Paese e per il diritto al voto acquisito dalle donne, in termini di elettorato attivo e passivo, ma soprattutto lo slancio per dare forte e rinvigorito impulso alla parità di genere tra uomini e donne, sostanziale e non solo normativa, attraverso la promozione di azioni volte a eliminare le diseguaglianze in ambito sociale, lavorativo, politico e culturale».