La disfida della città marinara
Barletta potrebbe sfruttare questo tipo di turismo?
venerdì 21 febbraio 2014
0.45
A chi andrebbe il giusto merito per l'inaspettato successo di un turismo colto, attento e intelligente, con alcune migliaia di presenze, provenienti da tutta la nazione, per scoprire anche i tesori storico-culturali rievocati dalla Disfida di Barletta? Perché la penuria di sentore culturale e di risorse comunali che facevano pensare ad una passeggiata paesana, si è trasformata in abbondante vivacità di ricezione turistica e quindi economica? E' indubbio la prontezza di disponibilità del sindaco e dell'Assessore al cultura, alla proposta Touring Club. Ma decisiva è stata l'autorevolezza di un soggetto esterno all'Amministrazione: quello del console Luciana Doronzo, svolto solo per amore per la città. Forte della sua credibilità (per due edizioni, del 2005 a Barletta e del 2007 a Canosa) ha motivato la direzione nazionale del Touring, già dai primi mesi del 2013, a selezionare Barletta su otto città italiane. Ed il successo di visitatori per la disfida pare abbia superato quello della metropoli di Milano.
Sarebbe pronta Barletta, se fosse insignita dello strepitoso titolo di Città Marinara? Magari con tanto di riconoscimento ministeriale? Quali benefici ne ricaverebbe? Cosa succederebbe con l'arrivo di un turismo internazionale e non solo paesano? Si assisterebbe effettivamente a regate internazionali e campionati nazionali e regionali di canottaggio con altre città marinare? Che fare per il nostro mare con le nostre coste portuali ricche di zippenne fatiscenti e maleodoranti simili a bidonville da terzo mondo? La città marinara e della sicurezza, sarebbe capace di offrire una sicura e dignitosa accoglienza? Quale lo stato di salute del nostro mare e quali i provvedimenti necessari? Ma cosa dovrebbe accomunare la città della Disfida a quella Marinara, se non una rilettura della storia dai Normanni fino ad oggi? Quale il necessario percorso di frammentate e separate identità: storiche e storiografiche, militare e mercantile, politica e di autogoverno?
Di contro, ad Amministrazioni locali che non acquisiscono libri sulla identità civile e marinara della città, lo stesso dibattito su questo giornale ci suggerisce contraddizioni verso il sentire comune della cittadinanza: tra il non si vive di solo porchette (Michele Grimaldi) e la moderna necessità di pensare non più in termini paesani, ma per macro-progetti (Franco Caputo), a chi la gloria per queste celebrazioni? Al paesano assonnato che diventerebbe turista di se stesso, o alla piemontese barlettana (Dora Ricco) che di fatto bacchetta il linguaggio edulcorato ed equivoco degli storici nostrani? A quale città dare la giusta gloria, a quella delle istituzioni o a quella civile? O ancora a quella militare? A quella mercantile o Marinara?
Pensare, agire, progettare, fare cultura, praticare coesione sociale, non più quindi da paesani chiusi nel proprio guscio, non significa forse governare le istituzioni in termini di macro regione Adriatico-Ionica come giustamente sollecitato da quasi un decennio dall'Unione Europea? Se allora la vera sfida sulla identità marinara e su un turismo moderno, sembra quella di ripartire dalla cultura storica e storiografica, che ruolo hanno assunto la città di Barletta e la Puglia nel contesto delle nazioni bagnate dall'Adriatico?
Alcune di queste problematiche sono state sciorinate e individuate nel recente lavoro in corso di stampa, del sottoscritto, dal titolo: "Traffici navali. Da Barletta la rete portuale dell'Adriatico. Nei Quaderni del Regio Portulano di Puglia". Si tratterebbe dell'anello mancante nella storiografia pugliese che registra, tra l'altro, una straordinaria ricchezza anche di navigli tipici pugliesi e barlettani; nonché denominazioni e tipologia delle imbarcazioni, nomi e provenienze di armatori, fideiussori, procuratori, cambiatores, ma anche personaggi e di altolocate autorità istituzionali, quantità e qualità di vectovaglie et legumina.
Quella del Regio Portulano di Puglia in Barletta è una storia lunga, che abbraccia e attraversa 7 secoli, a partire dal '200 fini agli inizi all'1800. La lunga storia del Portulano, quella degli Ordini religiosi, insieme a quella della civitas regia, sono indecifrabili alla storiografia tradizionale. Tuttavia, questa lunga storia è un prezioso patrimonio racchiuso nei Quaderni del Regio Portulano di Barletta del codice diplomatico veneto-napoletano, smarrito durante la Seconda guerra mondiale. Di cui ci pregiamo di una prima e sistematica traduzione dalla complicata lingua latina di allora. Un documento dotato anche di ricchissime schede ufficiali - se ne contano ben 172 - sulle esportazioni di vettovaglie in tutto l'Adriatico e nel Mediterraneo orientale. Da tale quaderno, si evince che ogni sorta di tipologia e quantità di merci dal medioevo all'età moderna, era trasportata per via mare in tutti i porti e le città dell'Adriatico. Insomma, quella della città marinara è una lunga storia ancora tutta da riscoprire e soprattutto da rivivere in prima persona e da autentici cittadini in un modo e in un mondo nuovo.
Dr. Nicola Palmitesssa e Dr.ssa Carla Colucci
(Centro Studi, La cittadella Innova)
Sarebbe pronta Barletta, se fosse insignita dello strepitoso titolo di Città Marinara? Magari con tanto di riconoscimento ministeriale? Quali benefici ne ricaverebbe? Cosa succederebbe con l'arrivo di un turismo internazionale e non solo paesano? Si assisterebbe effettivamente a regate internazionali e campionati nazionali e regionali di canottaggio con altre città marinare? Che fare per il nostro mare con le nostre coste portuali ricche di zippenne fatiscenti e maleodoranti simili a bidonville da terzo mondo? La città marinara e della sicurezza, sarebbe capace di offrire una sicura e dignitosa accoglienza? Quale lo stato di salute del nostro mare e quali i provvedimenti necessari? Ma cosa dovrebbe accomunare la città della Disfida a quella Marinara, se non una rilettura della storia dai Normanni fino ad oggi? Quale il necessario percorso di frammentate e separate identità: storiche e storiografiche, militare e mercantile, politica e di autogoverno?
Di contro, ad Amministrazioni locali che non acquisiscono libri sulla identità civile e marinara della città, lo stesso dibattito su questo giornale ci suggerisce contraddizioni verso il sentire comune della cittadinanza: tra il non si vive di solo porchette (Michele Grimaldi) e la moderna necessità di pensare non più in termini paesani, ma per macro-progetti (Franco Caputo), a chi la gloria per queste celebrazioni? Al paesano assonnato che diventerebbe turista di se stesso, o alla piemontese barlettana (Dora Ricco) che di fatto bacchetta il linguaggio edulcorato ed equivoco degli storici nostrani? A quale città dare la giusta gloria, a quella delle istituzioni o a quella civile? O ancora a quella militare? A quella mercantile o Marinara?
Pensare, agire, progettare, fare cultura, praticare coesione sociale, non più quindi da paesani chiusi nel proprio guscio, non significa forse governare le istituzioni in termini di macro regione Adriatico-Ionica come giustamente sollecitato da quasi un decennio dall'Unione Europea? Se allora la vera sfida sulla identità marinara e su un turismo moderno, sembra quella di ripartire dalla cultura storica e storiografica, che ruolo hanno assunto la città di Barletta e la Puglia nel contesto delle nazioni bagnate dall'Adriatico?
Alcune di queste problematiche sono state sciorinate e individuate nel recente lavoro in corso di stampa, del sottoscritto, dal titolo: "Traffici navali. Da Barletta la rete portuale dell'Adriatico. Nei Quaderni del Regio Portulano di Puglia". Si tratterebbe dell'anello mancante nella storiografia pugliese che registra, tra l'altro, una straordinaria ricchezza anche di navigli tipici pugliesi e barlettani; nonché denominazioni e tipologia delle imbarcazioni, nomi e provenienze di armatori, fideiussori, procuratori, cambiatores, ma anche personaggi e di altolocate autorità istituzionali, quantità e qualità di vectovaglie et legumina.
Quella del Regio Portulano di Puglia in Barletta è una storia lunga, che abbraccia e attraversa 7 secoli, a partire dal '200 fini agli inizi all'1800. La lunga storia del Portulano, quella degli Ordini religiosi, insieme a quella della civitas regia, sono indecifrabili alla storiografia tradizionale. Tuttavia, questa lunga storia è un prezioso patrimonio racchiuso nei Quaderni del Regio Portulano di Barletta del codice diplomatico veneto-napoletano, smarrito durante la Seconda guerra mondiale. Di cui ci pregiamo di una prima e sistematica traduzione dalla complicata lingua latina di allora. Un documento dotato anche di ricchissime schede ufficiali - se ne contano ben 172 - sulle esportazioni di vettovaglie in tutto l'Adriatico e nel Mediterraneo orientale. Da tale quaderno, si evince che ogni sorta di tipologia e quantità di merci dal medioevo all'età moderna, era trasportata per via mare in tutti i porti e le città dell'Adriatico. Insomma, quella della città marinara è una lunga storia ancora tutta da riscoprire e soprattutto da rivivere in prima persona e da autentici cittadini in un modo e in un mondo nuovo.
Dr. Nicola Palmitesssa e Dr.ssa Carla Colucci
(Centro Studi, La cittadella Innova)