La crisi a palazzo di città, invito alla classe politica
Renato Russo: «Cercare di farsi carico della volontà popolare». «Un problema che attiene alle regole di comportamento»
venerdì 22 luglio 2011
«Quando viene rieletto un sindaco, ci si aspetterebbe una partenza veloce e disinvolta, senza preamboli superflui, specialmente nel caso nostro, attesa l'esperienza maturata dall'attuale inquilino del palazzo nei cinque anni precedenti. E invece purtroppo siamo partiti male, malissimo, e non per contrasti con l'opposizione, ma maturati all'interno della stessa coalizione di maggioranza. Lo scoglio? L'elezione del presidente del consiglio: sei da una parte, quattro dall'altra, in uno sterile braccio di ferro». Così dice la nota politica inviataci dal dott. R. Russo sulla crisi politica nella nostra città; da esperto notista della situazione contingente analizza puntuale i contrasti della maggioranza. «Al di là delle apparenze? Si dice sia l'esito della contrapposizione fra due aree facenti capo a due consiglieri regionali, Ruggiero Mennea e Filippo Caracciolo. Ho dei dubbi e lo riferisco col beneficio del dubbio, ma se così fosse, si delineerebbe un contrasto molto più complesso di quanto non appaia a una prima superficiale lettura, qualcosa di più profondo e durevole che attiene ai metodi collaborativi all'interno di una medesima compagine che ha determinato l'elezione di un sindaco il quale si sente imbrigliato nell'azione di governo e minaccia di chiudere il suo secondo mandato prima ancora di essere partito per la sua realizzazione».
«Un problema che attiene quindi alle regole di comportamento della civile democratica convivenza fra opposti schieramenti. Che fare? Tra i due litiganti il terzo gode (ma questa è una lettura di corto respiro), così ad essere eletto presidente alla fine è stato il terzo consigliere regionale, cioè Franco Pastore, e purtroppo con una risicatissima maggioranza, il che lascia intravedere scenari operativi sofferti e anemici. E intanto incalza la scadenza del bilancio, che anche ad approvarlo nel pieno dell'estate, con tanto ritardo, sarebbe una grave iattura perché avrebbe già prodotto numerosi irreparabili danni».
«Il segnale più manifesto, agli occhi della città, al di là delle notizie di stampa, è un indice apparentemente effimero, eppure significativo, cioè la mancanza di una programmazione estiva (a parte le rappresentazioni estemporanee già programmate) a cominciare dall'assenza del calendario castellare cinematografico tanto gradito al pubblico. Si addensa sulla città una nube sempre più scura, è la diffusa disistima dei cittadini verso una classe politica che non riesce a trovare una ragionevole intesa per uscire fuori dal tunnel buio in cui si è andata a cacciare senza apparenti vie d'uscita. Non ce la sentiamo di dar pareri e consigli, soprattutto di esprimere giudizi trancianti verso chicchessia, né di scandagliare i retroscena di antiche represse incomprensioni; ci limitiamo solo a rilevare che la gravità della crisi è nella impostazione di fondo dell'atteggiamento dei leaders, del loro modo di confrontarsi, perché - almeno dall'esterno - non sembra che il nodo consista nel contrasto sulla sostanza delle problematiche cittadine, ma in un conflitto di posizioni personalizzate dirette a stabilire gli ambiti di prevalenza dei rispettivi gruppi.
Se i motivi della contesa fossero scoppiati alla vigilia della consultazione elettorale, nulla quaestio, era legittimo. Ma dopo che si sono celebrate le primarie e le votazioni e abbiamo eletto democraticamente un sindaco, vorremmo ricordare, a chi lo avesse dimenticato, che non esiste più una perfetta parità tra le parti in contenzioso, ma che il sindaco - al di là delle nostre personali simpatie o antipatie - rappresenta ad unità l'intera città, tutti gli elettori indistintamente e, per essi, le stesse forze politiche. Questo non vuol dire che se i motivi del contrasto fossero talmente gravi da determinare la sfiducia al primo cittadino, non potrebbero legittimamente portare ad una conta e quindi ad una risoluzione del pactum electoralis, ma vivaddio siamo ancora all'inizio e ci parrebbe veramente una deprecabile eventualità».
«Vorrei che fosse chiaro che personalmente non parteggio per nessuna componente, mi limito solo a guardare allo scenario della rappresentazione politica cittadina, per auspicare che i responsabili dell'impasse abbiano la lungimiranza di frenare gli atteggiamenti ostili per trovare una ragionevole soluzione di compromesso. Quella della votazione di Pastore - interlocutoria e ragionevole - aveva rappresentato un'ottima via d'uscita. Non è stata colta ed ora lo scenario si fa più problematico e nebuloso col dubbio che non solo non si delineano aggiustamenti durevoli per l'immediato, ma non se ne intravedono neppure per l'eventualità di un ritorno alle urne, perché tanto l'impostazione di fondo non cambierebbe e bisognerebbe – per la nostra città – inventarsi un nuovo più aggiornato modello commissariale».
«In condizioni di ordinarietà avrei suggerito l'ovvio ricorso alle segreterie dei partiti, ma solo nel caso ci fosse stata una disciplinata gerarchia (locale, provinciale e nazionale, come era un tempo e funzionava benissimo). Ma non esiste più, ed è la più grave iattura che ci poteva capitare dopo la fine della prima Repubblica. E allora?»
«Una parola ragionevole, un invito al superamento della stagnante situazione potrebbe venire dal vertice della Chiesa: mons. Giovan Battista Pichierri ci ha provato durante l'omelia dell'ultima celebrazione patronale; oppure dal responsabile locale della Gazzetta del Mezzogiorno, Rino Daloiso, che visse da presso e lucidamente commentò la grave crisi politica che colpì la città agli inizi anni Novanta; o personalità di comprovata esperienza, il cui attuale silenzio induce al sospetto che essi pure si siano rassegnati…, oppure gente del popolo, comuni cittadini fra i quali sempre più serpeggia la diffusa convinzione che al punto in cui stanno le cose, di fronte alla palese incapacità della nostra classe politica di trovare un'intesa, i responsabili dell'immobilismo si facciano da parte e venga un commissario di governo, magari con cadenza quinquennale!»
«Brutto, bruttissimo segnale. Ne sono consapevoli gli attori di questa drammatica stagnante situazione? Riflettano, essi, che non sono i padroni della città - come certi atteggiamenti inducono a ritenere - ma solo gli speaker della volontà popolare. Ebbene, se un ultimo conclusivo suggerimento posso dare, è proprio quello di cercare di farsene interpreti, senza prevenzioni di sorta verso chicchessia».
«Un problema che attiene quindi alle regole di comportamento della civile democratica convivenza fra opposti schieramenti. Che fare? Tra i due litiganti il terzo gode (ma questa è una lettura di corto respiro), così ad essere eletto presidente alla fine è stato il terzo consigliere regionale, cioè Franco Pastore, e purtroppo con una risicatissima maggioranza, il che lascia intravedere scenari operativi sofferti e anemici. E intanto incalza la scadenza del bilancio, che anche ad approvarlo nel pieno dell'estate, con tanto ritardo, sarebbe una grave iattura perché avrebbe già prodotto numerosi irreparabili danni».
«Il segnale più manifesto, agli occhi della città, al di là delle notizie di stampa, è un indice apparentemente effimero, eppure significativo, cioè la mancanza di una programmazione estiva (a parte le rappresentazioni estemporanee già programmate) a cominciare dall'assenza del calendario castellare cinematografico tanto gradito al pubblico. Si addensa sulla città una nube sempre più scura, è la diffusa disistima dei cittadini verso una classe politica che non riesce a trovare una ragionevole intesa per uscire fuori dal tunnel buio in cui si è andata a cacciare senza apparenti vie d'uscita. Non ce la sentiamo di dar pareri e consigli, soprattutto di esprimere giudizi trancianti verso chicchessia, né di scandagliare i retroscena di antiche represse incomprensioni; ci limitiamo solo a rilevare che la gravità della crisi è nella impostazione di fondo dell'atteggiamento dei leaders, del loro modo di confrontarsi, perché - almeno dall'esterno - non sembra che il nodo consista nel contrasto sulla sostanza delle problematiche cittadine, ma in un conflitto di posizioni personalizzate dirette a stabilire gli ambiti di prevalenza dei rispettivi gruppi.
Se i motivi della contesa fossero scoppiati alla vigilia della consultazione elettorale, nulla quaestio, era legittimo. Ma dopo che si sono celebrate le primarie e le votazioni e abbiamo eletto democraticamente un sindaco, vorremmo ricordare, a chi lo avesse dimenticato, che non esiste più una perfetta parità tra le parti in contenzioso, ma che il sindaco - al di là delle nostre personali simpatie o antipatie - rappresenta ad unità l'intera città, tutti gli elettori indistintamente e, per essi, le stesse forze politiche. Questo non vuol dire che se i motivi del contrasto fossero talmente gravi da determinare la sfiducia al primo cittadino, non potrebbero legittimamente portare ad una conta e quindi ad una risoluzione del pactum electoralis, ma vivaddio siamo ancora all'inizio e ci parrebbe veramente una deprecabile eventualità».
«Vorrei che fosse chiaro che personalmente non parteggio per nessuna componente, mi limito solo a guardare allo scenario della rappresentazione politica cittadina, per auspicare che i responsabili dell'impasse abbiano la lungimiranza di frenare gli atteggiamenti ostili per trovare una ragionevole soluzione di compromesso. Quella della votazione di Pastore - interlocutoria e ragionevole - aveva rappresentato un'ottima via d'uscita. Non è stata colta ed ora lo scenario si fa più problematico e nebuloso col dubbio che non solo non si delineano aggiustamenti durevoli per l'immediato, ma non se ne intravedono neppure per l'eventualità di un ritorno alle urne, perché tanto l'impostazione di fondo non cambierebbe e bisognerebbe – per la nostra città – inventarsi un nuovo più aggiornato modello commissariale».
«In condizioni di ordinarietà avrei suggerito l'ovvio ricorso alle segreterie dei partiti, ma solo nel caso ci fosse stata una disciplinata gerarchia (locale, provinciale e nazionale, come era un tempo e funzionava benissimo). Ma non esiste più, ed è la più grave iattura che ci poteva capitare dopo la fine della prima Repubblica. E allora?»
«Una parola ragionevole, un invito al superamento della stagnante situazione potrebbe venire dal vertice della Chiesa: mons. Giovan Battista Pichierri ci ha provato durante l'omelia dell'ultima celebrazione patronale; oppure dal responsabile locale della Gazzetta del Mezzogiorno, Rino Daloiso, che visse da presso e lucidamente commentò la grave crisi politica che colpì la città agli inizi anni Novanta; o personalità di comprovata esperienza, il cui attuale silenzio induce al sospetto che essi pure si siano rassegnati…, oppure gente del popolo, comuni cittadini fra i quali sempre più serpeggia la diffusa convinzione che al punto in cui stanno le cose, di fronte alla palese incapacità della nostra classe politica di trovare un'intesa, i responsabili dell'immobilismo si facciano da parte e venga un commissario di governo, magari con cadenza quinquennale!»
«Brutto, bruttissimo segnale. Ne sono consapevoli gli attori di questa drammatica stagnante situazione? Riflettano, essi, che non sono i padroni della città - come certi atteggiamenti inducono a ritenere - ma solo gli speaker della volontà popolare. Ebbene, se un ultimo conclusivo suggerimento posso dare, è proprio quello di cercare di farsene interpreti, senza prevenzioni di sorta verso chicchessia».