Gianluca e l’app per ordinare i "paninos italianos" sulla spiaggia di Rio

Da Barletta al Brasile al ritmo dell'italian food

lunedì 11 maggio 2015
A cura di Viviana Damore
Il sangue brasiliano e la caparbietà barlettana costituiscono un mix perfetto per la buona riuscita di sogni ed ambizioni, se poi il tutto è concentrato in un giovane 25enne allora non esiste ricetta migliore per conseguire grandi risultati. Gianluca infatti, nato a Barletta, classe 1990, vive da 3 anni a Rio de Janeiro, a pochi passi dalla vivace spiaggia di Copacabana. Da sempre amante del viaggio e trasognante ambizioso, sin da giovane ha girato il mondo, vivendo tra l'altro per qualche tempo nell'uggiosa Londra. Ma il sangue caldo e la voglia di vivere le proprie origini, lo hanno trascinato dall'altra parte dell'oceano, dove a ritmo di samba, carneval e feijoada ha escogitato un ingegnoso e unico metodo di vendita del tipico prodotto dell'italian food: il panino. Un'app per le ordinazioni, produzione casalinga e simpatia barlettano-brasiliana, hanno portato il giovane Gianluca ad attirare l'attenzione del O globo Jornal, che gli ha dedicato un'intera pagina d'intervista per raccontare ai brasiliani della sua Praia Gourmet. Per questo abbiamo voluto rubargli qualche istante per poter riportare sulle nostre pagine la sua esperienza, ricca d'atmosfere allegre e note gioiose, di malinconia e al tempo stesso di voglia di fare, con l'immancabile nostalgia di casa e la costante ricerca delle migliori opportunità.

Quando e come hai deciso di iniziare a vendere panini in spiaggia?
«Forse lo spunto vero e proprio me lo hanno dato dei miei amici. Ogni giorno andando al mare, da buon mezzo barlettano, mi preparavo un panino da mangiare in spiaggia, che piaceva tantissimo ai miei amici, così mi dicevano che avrei dovuto prepararne di più per venderli, allora ha iniziato a frullarmi in mente quest'idea. Poi sono stato un giorno intero a pensare che, se dovevo fare qualcosa del genere, avrei dovuto trovare un differenziale, proponendo qualcosa che gli altri non avevano. Ho iniziato quindi ad ottobre come "Baratta tonta" a Rio si dice così, preparavo i panini a casa, zainetto in spalla, bandiera italiana e andavo, vendevo perché puntavo ad un target medio alto, visto che la gente era attratta da ciò che preparavo io, essendo un tipo di cibo molto diverso da quello che si trova solitamente qui in spiaggia. Vedendo che aumentavano le richieste ho aperto un point appoggiandomi ad una baracca del Cesar Park, di proprietà di alcuni nostri amici, già molto conveniente per il prezzo dell'ombrellone col lettino: si chiama infatti "Baracca 105 aqui o preço justu". Ho capito una cosa importante, l'unica cosa che il brasiliano paga, e lo fa anche bene, è il cibo diverso. Poi da gennaio io e Lorenzo, il mio socio che in realtà più che un socio è uno di quegli amici su cui puoi contare sempre, da poco papà, già ci stavamo organizzando, considerando che dopo febbraio e quindi dopo il carnevale i brasiliani sarebbero tornati a lavorare. Abbiamo deciso così di battere il ferro finché fosse stato ancora caldo. In effetti adesso siamo nella stagione delle piogge, quindi la gente non va molto in spiaggia. Per avere una sistemazione stabile stavamo cercando un chioschetto a Botafogo e, a noi, per due mesi, non l'avrebbero affittato, volevano tutti vendere a 15.000 real. Nonostante io potessi passare per brasiliano per loro ero sempre un "playboy", come definiscono le persone benestanti. Loro credevano, visto che vendevamo panini, che fossimo i tipici ricconi giunti là per fare soldi e quindi volevano venderci ad ogni costo il chiosco anziché affittarcelo. Già sono razzisti tra loro figurati con noi. Gli affitti in questa zona sono altissimi, per poter avviare un'attività bisogna partire minimo con 200.000 real. Per il momento quindi sto lavorando con le delivery, la gente mi ordina focacce o panini, io glieli preparo e li porto a destinazione. Ho comprato un forno proprio a questo scopo. Quando invece, nel pieno del lavoro, ci arrivavano le ordinazioni le consegnavamo con la bici, poi le richieste in spiaggia erano così tante che alla fine ci siamo focalizzati solamente sulla spiaggia in cui avevamo l'appoggio della baracca. Il mio panino costa 10 real, ma è molto grande, pesa circa 700 grammi. Ho creato sin da subito il menù, con le foto tutte fatte da me, quindi già il fatto che andassi con il menù in spiaggia era una cosa particolare, le signore apprezzavano molto il poter scegliere in questo modo».

Il successo dell'intervista di "O globo Jurnal", punta di diamante del giornalismo brasiliano. Come ti sei sentito quando ti hanno contattato?
«Stavano facendo un servizio su tutti gli ambulanti che vendevano prodotti diversi dai soliti in spiaggia, approfondendo le diverse tipologie di cibi e bevande che offrivano: hanno sentito un ragazzo che vendeva un gelato imbustato al gusto di birra, un'altra ragazza che faceva e vendeva succhi naturali, un altro vendeva birra alla spina portandosi lo spillatore nello zaino, così nel loro servizio rientrava anche la mia attività. Sinceramente all'inizio ho pensato che fosse strano che, considerando tutti i problemi che ci sono in Brasile, fossero venuti ad intervistare proprio noi su un argomento del genere».

In che modo hai sviluppato l'app?
«Volevo fare qualcosa di mio, avendo quel qualcosa che gli altri venditori ambulanti non avessero. Allora mi è venuta l'idea dell'app. Nessuno aveva un metodo veramente efficace per ricevere e smistare ordinazioni e considerato che ormai i siti sono diventati, soprattutto in queste tipologie di necessità, obsoleti, ho deciso di creare una mia applicazione. Ho usato un sito che ti permette di creare autonomamente una propria applicazione. Nella mia c'è un menù virtuale che porta direttamente a Whatsapp da cui i clienti possono farmi l'ordinazione. Per sponsorizzare l'applicazione ho iniziato consegnando dei flyer con un codice da cui i clienti potevano scaricarsi l'app. Mi sono detto che vendendo il panino facevo una scommessa con il cliente e nel momento in cui mi dicevano che gli piaceva e che avrebbero voluto ordinarmene altri, gli lasciavo il flyer col quale poi riuscivano facilmente a contattarmi tramite l'app. Ad un certo punto non riuscivamo più a gestire tutte le delivery e quindi siamo ritornati a lavorare fissi nel point della Baracca 105, tanto che i miei colleghi della baracca mi dicevano che quando non ci andavo arrivavano un sacco di clienti a cercarmi. Il momento più difficile è stato quando ho dovuto scegliere il nome dell'app. Pensandoci bene mi venne l'illuminazione di chiamarla "Ifome" che in brasiliano significa "Hai fame", ma sin da subito con una piccola ricerca mi resi conto che già esisteva un'app con questo nome, quindi infine ho scelto il nome in "Pazzo, italian food" che pensandoci bene mi identifica meglio e si richiama ad una provenienza italiana».

Cosa progetti per il futuro?
«Per il futuro stavo pensando di creare un mio chioschetto o un ristorantino, anche se l'idea più pazza che mi piacerebbe realizzare è quella di aprire un laboratorio di produzione e vendita diretta, magari organizzando eventi collaterali».

Hai visto dei cambiamenti da quando sei arrivato in Brasile il 2011?
«La cosa più evidente è l'aumento dei prezzi. Ad esempio il biglietto dell'autobus costa 3,50 real, quando sono arrivato io costava 1,50 real, allora mi immedesimo nei panni del brasiliano medio che si vede alzare i prezzi in questo modo e penso che possa essere davvero difficile soprattutto per loro. La birra prima costava 2 real la piccola e 3 la grande, adesso costa 5 real la piccola e 7 real la grande, parliamo anche dei prezzi del supermercato, sicuramente stando a Rio i prezzi sono più alti che nel resto del Brasile, ma per sommi capi è tutto aumentato dopo i Mondiali e le Olimpiadi, hanno inoltre avanzato come scusante quella della costruzione e delle migliorie per le infrastrutture. Da poco c'è stato lo scandalo Petrobras, magnate petrolifera ed energetica. Quindi da qualche anno il Brasile è diventato, ancor più che prima, un Paese pieno di contrasti. Barletta mi manca, non poco, mi manca il cibo italiano, gli amici, la mia cara macchina, ma tendo a vedere la mia vita come una bilancia, ho passato i miei primi anni di vita a Barletta, adesso, essendo anche brasiliano, sto vivendo il mio tempo a Rio. Anche se proprio in quest'ultimo periodo il mio rapporto col Brasile è fatto di odio e amore, il popolo è molto simile a quello italiano, quindi molto socievole e aperto, ma a livello economico il Brasile si è venduto agli Stati Uniti, non ha coltivato molto il suo amor patrio. Il Brasile è il Paese degli eterni paradossi».
Foto di Jornal O Globo, Brasile