Gabriella Carlucci dell'Udc racconta la sua verità

«Traditrice», così apostrofata dagli esponenti del Pdl. Lei ribatte: «La mia decisione giusta, per fare il bene dell'Italia»

mercoledì 23 novembre 2011
A pochi giorni dall'annuncio ufficiale, l'on Gabriella Carlucci spiega le motivazioni del passaggio all'Udc in un video messaggio. La parlamentare, oggi sindaco di Margherita di Savoia, cittadina profondamente legata a Barletta, ha ripercorso tutte le tappe della sua storia politica e raccontato i fatti dietro la sua decisione: «Sono passati alcuni giorni dalla mia decisione di lasciare il PDL. Questa scelta ha attirato su di me ogni tipo di critica, ma anche diversi elogi, tutti avvenuti rigorosamente in privato soprattutto da colleghi di partito che mi hanno confessato di pensarla allo stesso modo, ma di non aver trovato il coraggio per un'azione così forte e impopolare. Io capisco la sorpresa, le perplessità e rispetto le critiche, anche quelle che mi sono violentemente piovute addosso su internet dove il linguaggio è inevitabilmente più crudo. Non pretendo di farvi cambiare idea, ma credo di avere il diritto di spiegare con dovizia di particolari i motivi della mia sofferta decisione.

Io ho scelto di lavorare nel partito fondato da Silvio Berlusconi sin dalla sua discesa in campo, perché ho fortemente creduto alla rivoluzione liberale e meritocratica che lui aveva in animo. Non avevo certo bisogno di un lavoro, in quel momento ero una conduttrice affermata con due Festival di Sanremo alle spalle, edizioni di successo di Buona Domenica e tante prime serate. Però ho pensato che potevo impegnarmi in qualcosa di veramente grande. Ho lavorato con serietà nel partito e all'interno del partito ho fatto sentire la mia voce quando non condividevo atteggiamenti e prese di posizione. Non sono mai stata una signorsì, perché penso che il bene spesso si fa dicendo verità scomode e non indiscriminati sissignore. All'esterno ho sempre difeso il mio capitano perché così si fa in una squadra. Credo che l'esperienza politica di Berlusconi abbia portato elementi di novità positivi per il nostro Paese, anche se non tutto si è riuscito a realizzare, lo spirito di combattere per un futuro migliore prendendo di petto i problemi non è mai venuto meno.



Negli ultimi mesi però la situazione è cambiata e improvvisamente precipitata. La crisi internazionale ci ha messo spalle al muro e serviva un colpo d'ala, un guizzo, una presa di coscienza forte da parte del nostro grande partito. Da un anno e mezzo, sono sindaco di un piccolo paese, Margherita di Savoia, che ha grandi potenzialità ma ha una disoccupazione altissima e una povertà devastante, che ha raggiunto anche fasce sociali che prima erano benestanti.
E la gente viene da me, in quanto sindaco, per chiedere un aiuto concreto per mangiare, per pagare le bollette, ho così toccato con mano giorno dopo giorno le difficoltà sempre crescenti che le persone devono affrontare e il ritardo irreversibile nel dare risposta e speranze. In tutto questo, mi dispiace che non si sia riconosciuto il mio lavoro.

Sono stata candidata, e ho vinto, tre elezioni, prima con Forza Italia e poi con il Pdl. Il mio impegno in politica risale al 1996 quando ho fondato il Dipartimento dello Spettacolo di Forza Italia e nel 2001 ho iniziato la mia attività parlamentare. Nel 2007, la mia riforma del cinema è stata inserita nella Finanziaria del Governo Prodi. Nel 2008, la mia proposta di legge quadro sullo spettacolo dal vivo - una legge che disciplina un intero settore - è rimasta ferma in Commissione Cultura perché il partito di cui facevo parte, il Pdl non ha voluto supportarmi nonostante la proposta di legge fosse stata votata all'unanimità anche dall'opposizione. Tanto che durante la seduta della Commissione Cultura del 5 ottobre scorso, come si legge dal resoconto stenografico, ho annunciato che non avrei più partecipato al voto sulle proposte di nomina in esame e sui futuri atti provenienti dal Ministro Galan, fino a quando non sarebbe stato fornito alla Commissione bilancio di questo ramo del Parlamento la relazione tecnica sugli oneri finanziari della sua legge quadro sullo spettacolo dal vivo approvata all'unanimità dalla Commissione, ricordando che si tratta di un atto dovuto del Governo che si attende da prima dell'estate.

Nel Gruppo Pdl c'è una discussione che va avanti da mesi, il gruppo di Antonione ha pubblicato un documento chiedendo a Silvio Berlusconi di fare un passo indietro. Così non è stato e se io, insieme ad altre 8 persone, non avessimo avuto il coraggio di non dare il mio voto a Berlusconi/al centro-destra, le conseguenze sarebbero state devastanti per la nostra economia e il nostro Paese tutto. Ma poi chiedo a voi. Non sarebbe stato più comodo per me starmene in disparte senza espormi al fuoco incrociato di critiche spesso violente? Sarebbe stato facile per me ricandidarmi col PDL partito per cui ho sempre dato il massimo dell'impegno e dell'entusiasmo, invece ho voluto metterci la faccia e volevo che il mio gesto diventasse simbolico: c'è un interesse nazionale che viene prima di tutto. Se la maggioranza del partito ora sosterrà il governo tecnico di Monti ritenendolo fondamentale per la salvezza del nostro Paese, se i nostri parlamentari Berlusconi compreso, voteranno compatti assieme a quelli del Pd vuol dire che c'è una situazione d'emergenza, dove il tempo stringe e bisogna fare bene e in fretta. E allora se la mia scelta è servita in parte ad accelerare questo processo, non mi importa delle critiche. Io so in coscienza che ho agito nell'interesse comune e così gli altri miei colleghi.

Se noi abbiamo avuto il coraggio di metterci la faccia e di esporci agli attacchi, molti altri colleghi del Pdl, invece, in modo subdolo, facevano mancare il loro voto rimanendo appostati dietro l'emiciclo. Ho sperato fino all'ultimo che Silvio Berlusconi l'uomo in cui ho creduto, capisse che la situazione era diventata insostenibile e che facesse il famoso passo indietro per il bene del Paese e anche suo. Non volevo che lui e tutti noi passassimo alla storia per essere affondati insieme all'Italia. Non volevo che l'Italia rischiasse quello che sta rischiando. Ma gli yes men che negli ultimi tempi si sono moltiplicati attorno al nostro leader evidentemente sono stati più ascoltati di noi. Il fatto che alcuni giorni fa (alla conferenza stampa al G-20 di Cannes) ancora negasse la crisi, parlando di ristoranti pieni, mi conferma che la decisione presa è stata la più giusta, la più coerente con quello che abbiamo promesso ai nostri elettori: fare il bene dell'Italia».