Don Aniello Manganiello, il volto dell'anticamorra del cuore
Presentato il suo volume autobiografico agli studenti del Liceo Cafiero. "Per spingere a colpire al cuore la mafia, togliendole aria e acqua"
lunedì 7 maggio 2012
Per amore del mio popolo non tacerò.
Con questa citazione di Isaia, Don Aniello Manganiello comincia il racconto dei sedici anni trascorsi a Scampia tra lotta e misericordia nel suo libro "Gesù è più forte della camorra", che lo scorso sabato 5 maggio il parroco ha presentato presso il liceo scientifico "Carlo Cafiero" di Barletta, nell'ambito di un'iniziativa legata al Pon Legalità "Le(g)ali al Sud", ottimamente moderata dal giornalista Giuseppe Dimiccoli e lo scrittore Tommy Dibari, organizzata dall'associazione "Barletta si fa in quattro" rappresentata dal presidente dell'associazione, Marina Rizzitelli e Ruggiero Mennea.
Nel volume, scritto con Andrea Manzi, i cui proventi andranno in beneficenza al Centro Don Guanella di Napoli e alle famiglie indigenti, Don Aniello parla delle sue denunce delle piazze di spaccio e racconta come ha strappato al "sistema" tantissimi giovani con il costante impegno sociale, rifiutandosi di dare la comunione ai camorristi e di battezzare i loro figli. Una presa di posizione che gli è costata le minacce della camorra quando l'intervento del parroco è diventato troppo rischioso, tanto da andare a toccare i loro interessi economici. Don Aniello non usa mezzi termini e parla con la forza dei fatti e con il sorriso che lo contraddistingue per insegnare a dare un calcio a tutto quello che può rovinare la vita.
"Che sia un' anticamorra delle opere, del contagio dell'esempio, dell'intervento concreto; un'anticamorra discreta che ha più effetto però di una grande campagna mediatica, perché nel suo Dna c'è il potere seduttivo della verità. Perciò, per risultare credibile, la lotta alle mafie non può essere un lavoro ma deve essere una missione, un'opera generosa e gratuita".
Il volto di una chiesa attiva e viva, che si mette in gioco ogni giorno per dare coraggio di uscire da una dura realtà come quella malavitosa, unica frontiera per molti ragazzi. Una chiesa che si configura come una seconda possibilità, un'ancora di salvezza che "scardini il cuore e la mente" aprendo gli occhi verso altri orizzonti, per vivere davvero secondo le proprie inclinazioni. Un prete che definiremmo un eroe ma Don Manganiello non si sente così, segue appieno la missione di vita che ha scelto di seguire rispondendo alle necessità del territorio, per essere aiuto concreto per amore del popolo di Scampia, per insegnare a prendere in mano la propria vita sulla quale nessuno ha diritto di comandare. Per spingere a colpire al cuore la mafia, togliendole aria e acqua, business e adepti.
Per fare questo bisogna ricorrere alla forza dell'associazionismo di chi si è costruito una vita senza il cosiddetto "aiutino" con tanta voglia di combattere unita all'azione della chiesa, il tutto affiancato dalla forte azione del mezzo mediatico. L'individualismo rappresenta la crisi della legalità che va sempre coniugata alla solidarietà. Ma non basta. Senza mentirci, è la politica a sovraintendere tutto e bisogna compiere un'azione radicale partendo da questo ambito. Se la mafia vive tacitamente appoggiata per la debolezza della politica che cerca giornalmente un compromesso per salvare la pelle, si riparta da se stessi, prendendosi le proprie responsabilità anche su chi abbiamo voltato. Gira e rigira, la catena di S. Antonio non finirà mai continuando a scuotere le spalle quasi come se son si potesse fare nulla. Come insegna Don Aniello, la paura va trasformata in adrenalina per combattere chi cerca di distruggere la società, il nostro mondo costruito con gli sforzi di anni di lavoro; scorgere ciò che non è inferno e plasmarlo ogni giorno con un costante impegno alla legalità fatto anche da gesti come il boicottaggio dell'acquisto di droga, per citarne uno.
Fondamentale per dire basta è la collaborazione di tutti i punti di riferimento della società, coesi per far fronte ad una emergenza dilagante anche a Barletta, quella della riorganizzazione della malavita evidenziata dagli attentati incendiari alle attività commerciali, 10 in 3 mesi, tutti accolti spesso scuotendo le spalle, accettati dagli stessi commercianti come se vadano aspettati senza poter fare niente, come se la malavita fosse legittimata a distruggere in una notte i sacrifici di una vita. Si deve lottare, lottare fino alla fine nonostante le sconfitte per provare a cambiare questo sistema corrotto. Perchè, affinchè il male trionfi basta che gli uomini del bene non facciano niente.
[G.D.]