Chiusure domenicali di negozi e ipermercati, il parere di Unimpresa Bat
«Per i piccoli commercianti cambia poco, per la grande distribuzione sarà il tracollo»
domenica 3 febbraio 2019
Torna d'attualità un argomento da sempre caro al piccolo commercio. Il tema delle aperture straordinarie domenicali e festive dei negozi e degli ipermercati ha segnato oltre quindici anni di conflitti. Partendo da quella che era una regolamentazione che prevedeva solo un numero minimo di aperture straordinarie domenicali e festive dei negozi, quindi la norma regionale che, giustamente, parlava di "deroga" alla chiusura obbligatoria, si arrivò, in pochi anni, alla deregulation totale con la sciagurata liberalizzazione totale del Governo Monti, fortemente sostenuta dalle lobby dei centri commerciali spesso forti delle accondiscendenze di associazioni di categoria che sull'argomento hanno sempre mantenuto posizioni opportunistiche e sovente di vantaggio.
Una battaglia storica, combattuta sempre sul campo a capo ed al fianco di Comitati del Nord Barese e del Capoluogo pugliese dal rappresentante della Micro e Piccola Imprese, l'andriese Savino Montaruli che dichiara: "Accanto all'uscita del commercio ambulante dalla Direttiva Bolkestein, il nostro Piano di Lavoro discusso anche in sede ministeriale è sempre stato quello della regolamentazione delle aperture domenicali e festive dei negozi e degli ipermercati. Il provvedimento in discussione in queste ore rappresenta un ulteriore risultato conseguito grazie all'azione di questo Governo. Bene ha fatto Luigi Di Maio a non introdurre il concetto di deroga assoluta per le cosiddette Città d'Arte e ad Economia Prevalentemente Turistica in quanto questa sarebbe stata l'ennesima beffa per il piccolo commercio e avrebbe avvantaggiato la Grande Distribuzione Organizzata visto che per qualunque comune ottenere quel "riconoscimento" è come bere un bicchier d'acqua perché i requisiti per le Città d'Arte sono talmente flebili ed inconsistenti che qualunque città d'Italia, anche la più piccola, potrebbe ottenerlo senza alcuna fatica, come di fatto sta accadendo in Puglia. Quello delle città d'arte fu già il trucchetto utilizzato in passato proprio per raggirare gli ostacoli di una normativa regionale allora molto restrittiva con un numero massimo che non superava le otto aperture festive, tranne che nelle città d'arte e questa fu la beffa concordata da coloro, sempre gli stessi, che sedevano e siedono al tavolo regionale chiuso. La nostra richiesta di andare oltre quella condizione è stata oggi recepita dal Governo quindi si va verso un numero di aperture festive che riesce comunque a mediare l'attuale condizione di liberismo assoluto che ha prodotto solamente danni, disorientamento, costi aumentati e nessun vantaggio, al contrario di quanto sosteneva l'allora ministra di destra dai capelli rossi. Fino ad un massimo di trenta aperture all'anno, con eventuali deroghe per centri storici e vacanze, per gli esercizi commerciali di vicinato. Questa è la soluzione che da l'avvio ad una revisione profonda della disciplina in Italia.
Un provvedimento di chiaro sostegno al piccolo commercio che però inciderà pesantemente sulla grande distribuzione organizzata con conseguenze che, secondo me, potrebbero essere pesantissime fino alla chiusura di centri commerciali ormai già in profonda crisi, dopo aver assalito il territorio in maniera incontrollata dagli anni duemila ad oggi ma caduti anch'essi in qualcosa più grande di loro che è il commercio on-line, che non avevano messo in conto. Sulle deroghe previste per i centri storici e solo per gli esercizi di vicinato, che sono quelli di dimensioni fino a 250 metri quadrati, sarà fondamentale la programmazione commerciale sui territori ma le città, specie quelle della Puglia, arrivano del tutto impreparate in quanto quasi tutte sono dotate dei vecchi Piani del Commercio mai rinnovati e scaduti. Andria e Barletta i casi estremi di un ritardo storico mai colmato e neppure affrontato. Un passaggio importante quello in discussione che darà dignità al commercio e soprattutto ristabilirà un principio di uguaglianza tra la piccola e la grande distribuzione fino ad oggi completamente disequilibrato con gli ipermercati che hanno goduto di tutti i benefici elargiti con disinvoltura e generosità da amici politici e polisindacalisti. La pacchia è finita, ora bisogna invece trovare il modo per regolamentare le vendite sul web ma qui la cosa si fa molto più seria e il tutto non può essere certamente relegato a qualche incontro di circostanza senza senso, concepito solo per sperperare ulteriore denaro pubblico, inutilmente ed a vantaggio dei soliti noti" – ha concluso Montaruli.
Una battaglia storica, combattuta sempre sul campo a capo ed al fianco di Comitati del Nord Barese e del Capoluogo pugliese dal rappresentante della Micro e Piccola Imprese, l'andriese Savino Montaruli che dichiara: "Accanto all'uscita del commercio ambulante dalla Direttiva Bolkestein, il nostro Piano di Lavoro discusso anche in sede ministeriale è sempre stato quello della regolamentazione delle aperture domenicali e festive dei negozi e degli ipermercati. Il provvedimento in discussione in queste ore rappresenta un ulteriore risultato conseguito grazie all'azione di questo Governo. Bene ha fatto Luigi Di Maio a non introdurre il concetto di deroga assoluta per le cosiddette Città d'Arte e ad Economia Prevalentemente Turistica in quanto questa sarebbe stata l'ennesima beffa per il piccolo commercio e avrebbe avvantaggiato la Grande Distribuzione Organizzata visto che per qualunque comune ottenere quel "riconoscimento" è come bere un bicchier d'acqua perché i requisiti per le Città d'Arte sono talmente flebili ed inconsistenti che qualunque città d'Italia, anche la più piccola, potrebbe ottenerlo senza alcuna fatica, come di fatto sta accadendo in Puglia. Quello delle città d'arte fu già il trucchetto utilizzato in passato proprio per raggirare gli ostacoli di una normativa regionale allora molto restrittiva con un numero massimo che non superava le otto aperture festive, tranne che nelle città d'arte e questa fu la beffa concordata da coloro, sempre gli stessi, che sedevano e siedono al tavolo regionale chiuso. La nostra richiesta di andare oltre quella condizione è stata oggi recepita dal Governo quindi si va verso un numero di aperture festive che riesce comunque a mediare l'attuale condizione di liberismo assoluto che ha prodotto solamente danni, disorientamento, costi aumentati e nessun vantaggio, al contrario di quanto sosteneva l'allora ministra di destra dai capelli rossi. Fino ad un massimo di trenta aperture all'anno, con eventuali deroghe per centri storici e vacanze, per gli esercizi commerciali di vicinato. Questa è la soluzione che da l'avvio ad una revisione profonda della disciplina in Italia.
Un provvedimento di chiaro sostegno al piccolo commercio che però inciderà pesantemente sulla grande distribuzione organizzata con conseguenze che, secondo me, potrebbero essere pesantissime fino alla chiusura di centri commerciali ormai già in profonda crisi, dopo aver assalito il territorio in maniera incontrollata dagli anni duemila ad oggi ma caduti anch'essi in qualcosa più grande di loro che è il commercio on-line, che non avevano messo in conto. Sulle deroghe previste per i centri storici e solo per gli esercizi di vicinato, che sono quelli di dimensioni fino a 250 metri quadrati, sarà fondamentale la programmazione commerciale sui territori ma le città, specie quelle della Puglia, arrivano del tutto impreparate in quanto quasi tutte sono dotate dei vecchi Piani del Commercio mai rinnovati e scaduti. Andria e Barletta i casi estremi di un ritardo storico mai colmato e neppure affrontato. Un passaggio importante quello in discussione che darà dignità al commercio e soprattutto ristabilirà un principio di uguaglianza tra la piccola e la grande distribuzione fino ad oggi completamente disequilibrato con gli ipermercati che hanno goduto di tutti i benefici elargiti con disinvoltura e generosità da amici politici e polisindacalisti. La pacchia è finita, ora bisogna invece trovare il modo per regolamentare le vendite sul web ma qui la cosa si fa molto più seria e il tutto non può essere certamente relegato a qualche incontro di circostanza senza senso, concepito solo per sperperare ulteriore denaro pubblico, inutilmente ed a vantaggio dei soliti noti" – ha concluso Montaruli.