Binetti: «Guanti e mascherine abbandonati sulle spiagge di Barletta»
L’appello per salvare il mare di Barletta: dopo il COVID-19 rischio emergenza rifiuti
lunedì 18 maggio 2020
Da un'emergenza all'altra. Rallenta la fase più acuta dell'allerta Coronavirus ma all'orizzonte si materializza una nuova minaccia, legata all'abbandono dei dispositivi di protezione personale, come mascherine e guanti monouso. Disperdere nell'ambiente questi oggetti, ormai divenuti di uso comune, può portare a conseguenze molto gravi per l'ambiente.
Antonio Binetti, subacqueo ambientalista barlettano, da tempo si occupa di documentare il fenomeno dell'abbandono dei rifiuti in mare e lungo le coste, imbattendosi spesso durante le sue immersioni in rifiuti davvero pittoreschi e imprevedibili.
«Dopo la pandemia il disastro ambientale. Ecco cosa mi spaventa. Ormai la produzione di dispositivi di sicurezza, come guanti e mascherine, è triplicata, e per molto tempo li utilizzeremo quotidianamente, anche in spiaggia durante la nostra giornata di relax al mare. Il problema è che molte volte non vengono conferiti in maniera corretta, nemmeno una pandemia è in grado di scardinare l'incuria e l'egoismo di un numero troppo elevato di persone. Un impatto devastante sui nostri mari, già molto compromessi dalle tonnellate di plastica che vengono riversate. Visto che si avvicina la stagione balneare sinceramente sono preoccupatissimo di quanto potrebbe accadere».
Nelle tue attività più recenti hai trovato guanti o mascherine abbandonati?
«Sì: ho già evidenziato durante i miei monitoraggi (da terra) un numero indefinito di guanti e mascherine sui litorali sia di Ponente che di Levante. Un disastro vero e proprio, e non ho ancora monitorato i fondali nel rispetto dello stop imposto dal governo».
Quali possono essere le conseguenze di questo fenomeno legato fortemente alla convivenza col virus?
«Quando parliamo di guanti e mascherine dobbiamo capire che si tratta di materiali pericolosissimi per la nostra fauna che tante volte scambia questi oggetti per cibo. Tonnellate di nuovi rifiuti di plastica aggraveranno probabilmente la situazione nei nostri mari, già inquinati. La cosa più sconcertante è che la possibile contaminazione con saliva o secrezioni nasali rende difficile il riciclaggio delle mascherine e la raccolta, visto e considerato che il virus secondo un'ipotesi di studio statunitense persiste fino a 72 ore su materiali plastici, con dimezzamento della carica infettante dopo 7 ore».
Vista la tua vocazione ambientalista, che soluzioni proponi per fronteggiare il problema?
«Il mio appello va ai gestori dei lidi e alle istituzioni: per le spiagge private è indispensabile installare sin da subito opportuni raccoglitori per mascherine e guanti con chiusura ermetica a ridosso della battigia e all'entrata della spiaggia, installare cartelli e monitorare costantemente lo smaltimento e accertarsi che questo avvenga in tutta sicurezza per gli operatori che se ne occupano.
Con questa pandemia si è resa possibile la diminuzione di smog in tutto il mondo e il "benessere" in un certo senso del mare: questo dimostra che l'inquinamento è solo causa dei comportamenti sbagliati dell'essere umano. Adesso tocca al mare».
Antonio Binetti, subacqueo ambientalista barlettano, da tempo si occupa di documentare il fenomeno dell'abbandono dei rifiuti in mare e lungo le coste, imbattendosi spesso durante le sue immersioni in rifiuti davvero pittoreschi e imprevedibili.
«Dopo la pandemia il disastro ambientale. Ecco cosa mi spaventa. Ormai la produzione di dispositivi di sicurezza, come guanti e mascherine, è triplicata, e per molto tempo li utilizzeremo quotidianamente, anche in spiaggia durante la nostra giornata di relax al mare. Il problema è che molte volte non vengono conferiti in maniera corretta, nemmeno una pandemia è in grado di scardinare l'incuria e l'egoismo di un numero troppo elevato di persone. Un impatto devastante sui nostri mari, già molto compromessi dalle tonnellate di plastica che vengono riversate. Visto che si avvicina la stagione balneare sinceramente sono preoccupatissimo di quanto potrebbe accadere».
Nelle tue attività più recenti hai trovato guanti o mascherine abbandonati?
«Sì: ho già evidenziato durante i miei monitoraggi (da terra) un numero indefinito di guanti e mascherine sui litorali sia di Ponente che di Levante. Un disastro vero e proprio, e non ho ancora monitorato i fondali nel rispetto dello stop imposto dal governo».
Quali possono essere le conseguenze di questo fenomeno legato fortemente alla convivenza col virus?
«Quando parliamo di guanti e mascherine dobbiamo capire che si tratta di materiali pericolosissimi per la nostra fauna che tante volte scambia questi oggetti per cibo. Tonnellate di nuovi rifiuti di plastica aggraveranno probabilmente la situazione nei nostri mari, già inquinati. La cosa più sconcertante è che la possibile contaminazione con saliva o secrezioni nasali rende difficile il riciclaggio delle mascherine e la raccolta, visto e considerato che il virus secondo un'ipotesi di studio statunitense persiste fino a 72 ore su materiali plastici, con dimezzamento della carica infettante dopo 7 ore».
Vista la tua vocazione ambientalista, che soluzioni proponi per fronteggiare il problema?
«Il mio appello va ai gestori dei lidi e alle istituzioni: per le spiagge private è indispensabile installare sin da subito opportuni raccoglitori per mascherine e guanti con chiusura ermetica a ridosso della battigia e all'entrata della spiaggia, installare cartelli e monitorare costantemente lo smaltimento e accertarsi che questo avvenga in tutta sicurezza per gli operatori che se ne occupano.
Con questa pandemia si è resa possibile la diminuzione di smog in tutto il mondo e il "benessere" in un certo senso del mare: questo dimostra che l'inquinamento è solo causa dei comportamenti sbagliati dell'essere umano. Adesso tocca al mare».