Barletta: una città a democrazia limitata, con quali garanzie?

Riflessioni sul rapporto tra elettori, eletti, partiti ed amministrazione. Dopo la nota di Giuseppe Gammarota de 'La Buona Politica'

lunedì 6 giugno 2011 17.12
A cura di Alessandro Porcelluzzi
All'indomani di ogni elezione amministrativa, si ripropone la vexata quaestio: il ruolo dei partiti, il ruolo degli eletti, il rapporto tra amministrazione e segreterie di partito. Il tema è stato riproposto qui su Barlettalife da Giuseppe Gammarrota de "La Buona Politica". Gammarrota prende spunto dalle proteste per il voto di scambio e dalle dimissioni di Curci e Lattanzio dalla dirigenza del Pdl. E da questi episodi tira la volata al ritorno alla centralità del ruolo dei partiti e delle loro segreterie:
  1. "Sono le forze politiche garanti del Sindaco e della sua attività amministrativa". Queste ultime, assieme ai capigruppo consiliari dovrebbero "tornare ad avere un ruolo Istituzionale".
  2. E il Sindaco dovrebbe essere libero di "interloquire direttamente con i Partiti per l'organizzazione dell'assetto amministrativo".
  3. Ancora, afferma sempre Gammarrota, "è necessario che i Partiti tornino a indicare la linea politica che dovrà essere portata in Consiglio per bocca dei loro Consiglieri".

Questa impostazione impone adeguate riflessioni:
  1. Le forze politiche, i partiti, non sono garanti dell'attività amministrativa. Le forze politiche lavorano a una candidatura condivisa per il ruolo di sindaco prima delle elezioni. Dovrebbero delineare programma e regole di collaborazione. Ma un candidato sindaco, una volta eletto (direttamente dagli elettori, da vent'anni a questa parte), risponde ai cittadini e alla sua maggioranza in Consiglio. Le forze politiche non hanno alcun ruolo istituzionale. Ruolo che invece hanno i gruppi consiliari che si richiamano ad un partito politico (o a più partiti, o a movimenti civici).
  2. Gammarrota sostiene, traduco dal politichese: l'assessore deve essere indicato al Sindaco dal partito, invece che dal gruppo consiliare. Anche questa tesi è piuttosto discutibile. Perché delle due l'una: o tra eletti e partito di riferimento c'è comunione di intenti, e allora non si capisce perché non possano essere i consiglieri a indicare un assessore capace, leale e in linea con il partito; o tra eletti e partito c'è divergenza, ma allora ci si chiede come mai siano stati candidati in quella lista (forse per gonfiare ad arte il risultato elettorale?).
  3. Nella visione di Gammarrota i Consiglieri comunali sono vincolati a un "mandato imperativo". Con questa espressione si definisce il rapporto tra elettori ed eletti in cui gli eletti hanno un rapporto con gli elettori tale per cui, nel momento in cui le loro decisioni contrastino con il volere popolare, essi possono perdere la carica acquisita. In tutte le democrazie, dalla Rivoluzione francese in poi, il mandato imperativo è stato soppresso. L'eletto è rappresentante dell'intera comunità (la città, in questo caso) e non dei propri elettori. Gammarrota vorrebbe reintrodurlo, sostituendo agli elettori i partiti. Non esistono esempi in tal senso. A parte le repubbliche popolari, i Paesi del socialismo reale. E non mi pare che si possano citare come successi della democrazia.

Infine, e per chiudere, vorrei solo far notare a Gammarrota che il suo richiamo alla Costituzione è incompleto. Al dettato costituzionale sui partiti non si è mai dato seguito (lo stesso vale per i sindacati). I partiti, a più di sessant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, non sono soggetti ad alcun controllo di democrazia interno. E il lettore comune, come certamente anche Gammarrota, sa che tesseramenti gonfiati, commissariamenti da parte dei livelli superiori (provinciali, regionali), spartizioni tra correnti, elezioni per acclamazione sono prassi quotidiane nei partiti. Tutto sono tranne che buone pratiche di democrazia.