Aggredì un coetaneo in via Sant'Antonio, la madre chiede perdono

«Chiedo umilmente scusa al ragazzo e ai suoi genitori». Il misfatto risale a mercoledì 8 febbraio

martedì 14 febbraio 2012 14.50
A cura di Luca Guerra
Bullismo, violenza repressa, cattiveria gratuita: parole che fanno paura e piaghe purtroppo costantemente presenti nella nostra realtà. Molti ricorderanno l'ultimo episodio avente ad oggetto le babygang di teppisti e violenti, purtroppo di giovanissima età, nella nostra città. Il fattaccio risale alla serata di mercoledì 8 febbraio, intorno alle ore 19:00, quando all'incrocio tra via Sant'Antonio e via Monfalcone: un ragazzo di 15 anni fu aggredito e malmenato da un gruppo di coetanei per futili motivi. Stando alla ricostruzione dei fatti, il gruppo di tre aggressori - tutti minorenni e originari di Molfetta - avrebbe prima chiesto una sigaretta alla vittima, e dinanzi al rifiuto della stessa si avventarono sul coetaneo con una cazzottiera, "decorata" anche con teschi (certo non indice di quiete nella simbologia), per poi darsi alla fuga verso via Renato Coletta. Un passante, udite le grida del ragazzo, allertò prontamente il 113, permettendo agli agenti di individuare gli aggressori e portare i tre minorenni in commissariato per ulteriori indagini. La vittima fu invece accompagnata e medicata presso il Pronto Soccorso dell'ospedale "Dimiccoli".

Un misfatto che ha colpito al cuore la città, impaurendo gli animi dei tanti ragazzi e ferendo i cuori dei genitori, sempre più in tribolazione per le sorti dei propri figli fuori dalle mura casalinghe. Genitori ne hanno anche gli aggressori, e a quanto sembra parimenti colpiti e scioccati dall'accaduto. Lo confermano le parole di Rosa, madre di uno dei tre aggressori, che, come riportato oggi dalla Gazzetta del Nordbarese, ha manifestato l'intenzione di porgere le proprie costernate scuse, unite a quelle del proprio figlio, al ragazzo aggredito e alla sua famiglia. "Chiedo umilmente scusa - scrive la signora Rosa - sperando in un suo perdono e in un dialogo prossimo per porgergli, insieme a mio figlio, le dovute scuse di persona. Auguro al ragazzo la più prossima delle guarigioni, un abbraccio da tutta la nostra dispiaciuta famiglia". Scuse verso la vittima di una violenza, frutto di "una ragazzata -precisa Rosa- Mio figlio non fa parte di nessuna babygang, è assolutamente estraneo a situazioni di questo genere ed è rimasto seriamente traumatizzato dai fatti". Fatti dei quali la signora riconosce la stupidità e la deprecabilità: "Mio figlio era incosciente -aggiunge- dei danni che poteva provocare entrando in una situazione più grande di lui, ora ne è pentito e rammaricato". Una excusatio petita che sa tanto di accusatio manifesta verso gesti quasi surreali che ancora oggi nel 2012 ci troviamo a commentare.

Tante le domande che restano all'orizzonte del fattaccio e delle reazioni scaturite in seguito all'accaduto: cosa ci faceva un ragazzo di 16 anni alle 19 di sera in una città a 25 chilometri da casa sua, mentre tanti suoi coetanei a quell'ora sono impegnati con gli studi? I tre hanno agito con un fine preciso, premeditato o sono stati sospinti dalla follia del branco? C'è un leader, una mente nel gruppo? Nel momento in cui agivano con violenza e veemenza contro la vittima pensavano davvero alle conseguenze? E soprattutto, se non ci fosse stata la segnalazione di un passante e la polizia non fosse intervenuta, oggi cosa staremmo raccontando?