150 dopo la Battaglia di Lissa, ancora un ricordo di Conteduca
«Eroe a soli ventidue anni, prima medaglia d’oro al valor militare dell’Italia unita»
mercoledì 20 luglio 2016
11.28
"La medaglia d'oro Francesco Conteduca e la Battaglia di Lissa. 150 anni dopo…": titola così l'intervento del giornalista Nino Vinella. «Lissa. E' un'isola al centro dell'Adriatico, nell'arcipelago delle Curzolane, proprio di fronte a Spalato: una novantina di kilometri quadrati al largo della Croazia, "l'ultimo paradiso naturalistico del Mediterraneo orientale" secondo il Wwf. Oggi la ritrovate sul web cliccando il suo nome in lingua moderna: Vis. Ma l'origine è greca, poi romana. Oggi meta turistica di chi va a caccia: di buon pesce ma soprattutto aragoste, di spiagge low cost dal mare cristallino e quanto più deserte possibile. Perfetta per una fuga estiva, come scrive il Financial Times. Lissa, chiamata la "Gibilterra dell'Adriatico" per la sua posizione strategica. Fu in quello stesso mare, fra il 18 e il 20 luglio 1866, centocinquant'anni fa, che il giovanissimo Regno d'Italia (ad appena cinque anni dalla sua istituzione) affrontava il nemico di sempre, l'Austria Ungheria, per completare il disegno risorgimentale e guardare a nuove annessioni di territorio.
LA TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA - L'astuzia diplomatica dei Savoia indusse il governo italiano a stringere accordi con la Prussia, e la loro alleanza strategico-militare funzionò: ma solo per i Prussiani. Che sbaragliarono pesantemente gli austo-ungarici nella battaglia di Sadowa pur essendo di numero inferiore. Mentre gli italiani furono sconfitti a Custoza (salvando a stento con la famosa manovra del quadrato" il giovanissimo principe Umberto nell'episodio ricordato da De Amicis nel libro Cuore destinato agli scolari della storia patria) e poi sul mare. Il 17 luglio 1866 la flotta italiana arrivò davanti a Lissa, difesa da una guarnigione di tremila uomini. I violenti scontri di artiglieria tra l'esigua guarnigione dell'isola e la strapotente flotta durarono due giorni, durante i quali la fanteria italiana non riuscì a sbarcare sull'isola. La squadra austriaca, al comando del contrammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, raggiunse le acque di Lissa all'alba del 20 luglio 1866. In quel tratto di Adriatico si confrontarono due flotte. Complessivamente: 27 navi austriache (di cui 7 corazzate) per un totale di 57.344 tonnellate, con 7.871 uomini e 532 cannoni, mentre la flotta italiana era composta da 30 navi, di cui 12 corazzate (Affondatore, Ancona, Castelfidardo, Formidabile, Maria Pia, Palestro, Principe di Carignano, Re d'Italia, Re di Portogallo, San Martino, Terribile, Varese) ben diciotto navi di legno (Carlo Alberto, Duca di Genova, Esploratore, Etna, Ettore Fieramosca, Gaeta, Garibaldi, Governolo, Guiscardo, Maria Adelaide, Messaggero, Montebello, Principessa Clotilde, Principe Umberto, San Giovanni, Sirena, Vinzaglio, Vittorio Emanuele) per complessive 86.022 tonnellate, con 10.886 uomini e 645 cannoni.
IL NEMICO - La flotta austriaca, numericamente inferiore, era costituita da navi, all'epoca non moderne, e in buona parte costruite in legno, "corazzate" in tutta fretta per ordine dello stesso Tegetthoff, applicando catene d'ancora e rotaie lungo le fiancate. Per contro la flotta italiana poteva contare su moderne unità costruite, secondo criteri moderni, in ferro. Fu forse questo che fece pronunciare al contrammiraglio Tegetthoff la famosa frase, passata ormai alla storia: "Uomini di ferro su navi di legno hanno sconfitto uomini di legno su navi di ferro". Il fiore all'occhiello della flotta italiana era l'Affondatore, una unità completata solo poco tempo prima in un cantiere britannico, considerata inaffondabile che, secondo il "Times" di Londra, con il suo rostro lungo nove metri, avrebbe potuto distruggere da sola l'intera flotta austriaca. Ma le cose andarono diversamente. L'ammiraglio Persano, dopo aver fatto disporre la flotta italiana in schieramento di battaglia, si trasferì sull'affondatore, lasciando le sue insegne sulla corazzata Re d'Italia, che fu speronata ed affondata in pochi minuti dalla nave ammiraglia di Tegetthoff, l'Erzherzog Ferdinand Max. La "Palestro" fu colpita ripetutamente anche alla santabarbara e saltò in aria. L'Affondatore tentò di speronare il Kaiser, ma fu colpito dalle cannonate austriache tanto duramente da inabissarsi al largo di Ancona alcuni giorni dopo. La battaglia durò solo due ore ma le perdite furono pesantissime: tre corazzate italiane affondate ed altre tre fuori combattimento, con più di 600 morti mentre gli austriaci ebbero 38 morti e solo il Kaiser gravemente danneggiato, ma non affondato, come sostenne invece la stampa italiana. Al suo rientro in Italia, Persano annunciò sfacciatamente di aver sconfitto gli austriaci e per l'evento ci furono grandi festeggiamenti, che durarono fino alla notizia del reale esito dello scontro. Il Persano fu sottoposto a giudizio davanti al Senato, costituito in Alta Corte di Giustizia, che proclamò la sua colpevole inettitudine, tanto che fu privato del grado e delle decorazioni e radiato con disonore dalla Regia Marina. Per rispondere agli articoli dei giornali italiani che davano il Kaiser come affondato, il vice ammiraglio Tegetthoff organizzò un ricevimento a bordo della nave, pur gravemente danneggiata. Le spese però non gli furono rimborsate dalle parsimoniose autorità asburgiche.
FRANCESCO CONTEDUCA - In tutto questo apocalittico scenario di sconfitta, ecco rifulgere la figura del barlettano Francesco Conteduca, eroe a soli ventidue anni e senza nemmeno tanta retorica, la prima medaglia d'oro al valor militare dell'Italia unita, orgoglio di una città e delle sue tradizioni marinare. Oggi anch'esse tutte quante da valorizzare in una rilettura critica delle patrie memorie alla luce degli eventi e con diversa "coscienza" di appartenenza culturale e, perché no, di una vera "identità" cittadina. Dal sito web ufficiale della Marina Militare la motivazione. "Per essersi distinto nei fatti d'arme avvenuti nell'Adriatico nella Campagna di guerra del 1866. R.D. 15 agosto 1867. Francesco Conteduca nacque a Barletta il 13 ottobre 1844. Arruolato in Marina per obblighi di leva nel 1865 a destinato sulla pirocorvetta corazzata Formidabile nell'incarico di Cannoniere di 2a classe partecipò il 19 luglio 1866, quale servente di un pezzo da fuoco della batteria interna dell'Unità, all'azione di bombardamento del Forte di San Giorgio nell'Isola di Lissa. Ferito da una granata nemica che gli aveva spappolato una mano, seppe tenere represso ogni grido di dolore e rimase al suo posto di combattimento, rifiutando ogni soccorso, affinché i suoi compagni non si occupassero della sua dolorosa ferita ed il cannone non tacesse davanti al nemico. Il suo esempio infiammò i compagni vicini che ripresero con più intensità a controbattere le salve nemiche che bersagliavano inesorabili la bella nave italiana, che resistette stoicamente, rispondendo colpo su colpo, e che solo dopo alcune ore di durissimo scontro si ritirò da quelle acque. Mori a Roma il 2 giugno 1930".
IL MONUMENTO - Sotto la guida dei genitori, Vincenzo e Concetta Damato, Conteduca trascorse dunque la sua gioventù a Barletta fino a quando, per adempiere agli obblighi di leva, nel 1865 fu arruolato nella Regia Marina e imbarcato sulla pirocorvetta corazzata Formidabile, nella stessa squadra navale dove figurava l'Ettore Fieramosca: destino simbolico. Come abbiamo letto, l'esempio somiglia al gesto di Giuseppe Carli, il bersagliere barlettano prima medaglia d'oro nella Grande Guerra: eroismo per incitare i commilitoni a compiere il proprio dovere fino all'estremo sacrificio. Carli offrì la propria vita. A Conteduca fu amputata la mano. Ma il suo gesto servì per incitare tutti gli altri a resistere, riuscendo a distruggere alcuni centri di fuoco austroungarici nel porto, prima di ritirarsi alcune ore dopo da quelle acque. Il giorno seguente, stremato dal dolore, veniva accompagnato dal Comandante in 2ª Federico Bertone di Sambuy nell'infermeria di bordo. Una storia raccontata nei testi ufficiali come anche da chi, come Monsignor Giuseppe d'Amato, il popolarissimo don Peppuccio, uomo di chiesa e storiografo con una copiosa produzione editoriale, lo ha ricordato nel suo libro "Barletta nella sua storia militare" o da chi (anche sui social o a mezzo blog) ha denunciato da tempo la sparizione del medagliere completo donato con gesto nobile dal figlio del Conteduca al Comune di Barletta e scomparso nessuno sa dove…
Alla sua morte, il Comune, podestà il notaio cav. Camillo Esperti, dedicò a perenne memoria il piazzale della Stazione (fino ad allora Piazza della Libertà) e nel 1931 pubblicò un numero unico intitolato "La Città di Barletta per l'eroe Francesco Conteduca, Medaglia d'Oro di Lissa, 1866". Chi scende dal treno dovrebbe esserne meglio informato, ma questo è tutto un altro discorso, come sempre a proposito della toponomastica cittadina. E solo nel 1972, ad opera della sezione barlettana dell'ANMI (Associazione Nazionale Marinai d'Italia), gli venne dedicato il monumento con la scultura di Nunzio Saracino nei giardini del Castello all'imboccatura di viale Regina Elena, dove oggi si trova di fronte al monumento ad Ettore Fieramosca in Piazza XIII Febbraio 1503. Come in quelle acque del 1866…».
LA TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA - L'astuzia diplomatica dei Savoia indusse il governo italiano a stringere accordi con la Prussia, e la loro alleanza strategico-militare funzionò: ma solo per i Prussiani. Che sbaragliarono pesantemente gli austo-ungarici nella battaglia di Sadowa pur essendo di numero inferiore. Mentre gli italiani furono sconfitti a Custoza (salvando a stento con la famosa manovra del quadrato" il giovanissimo principe Umberto nell'episodio ricordato da De Amicis nel libro Cuore destinato agli scolari della storia patria) e poi sul mare. Il 17 luglio 1866 la flotta italiana arrivò davanti a Lissa, difesa da una guarnigione di tremila uomini. I violenti scontri di artiglieria tra l'esigua guarnigione dell'isola e la strapotente flotta durarono due giorni, durante i quali la fanteria italiana non riuscì a sbarcare sull'isola. La squadra austriaca, al comando del contrammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, raggiunse le acque di Lissa all'alba del 20 luglio 1866. In quel tratto di Adriatico si confrontarono due flotte. Complessivamente: 27 navi austriache (di cui 7 corazzate) per un totale di 57.344 tonnellate, con 7.871 uomini e 532 cannoni, mentre la flotta italiana era composta da 30 navi, di cui 12 corazzate (Affondatore, Ancona, Castelfidardo, Formidabile, Maria Pia, Palestro, Principe di Carignano, Re d'Italia, Re di Portogallo, San Martino, Terribile, Varese) ben diciotto navi di legno (Carlo Alberto, Duca di Genova, Esploratore, Etna, Ettore Fieramosca, Gaeta, Garibaldi, Governolo, Guiscardo, Maria Adelaide, Messaggero, Montebello, Principessa Clotilde, Principe Umberto, San Giovanni, Sirena, Vinzaglio, Vittorio Emanuele) per complessive 86.022 tonnellate, con 10.886 uomini e 645 cannoni.
IL NEMICO - La flotta austriaca, numericamente inferiore, era costituita da navi, all'epoca non moderne, e in buona parte costruite in legno, "corazzate" in tutta fretta per ordine dello stesso Tegetthoff, applicando catene d'ancora e rotaie lungo le fiancate. Per contro la flotta italiana poteva contare su moderne unità costruite, secondo criteri moderni, in ferro. Fu forse questo che fece pronunciare al contrammiraglio Tegetthoff la famosa frase, passata ormai alla storia: "Uomini di ferro su navi di legno hanno sconfitto uomini di legno su navi di ferro". Il fiore all'occhiello della flotta italiana era l'Affondatore, una unità completata solo poco tempo prima in un cantiere britannico, considerata inaffondabile che, secondo il "Times" di Londra, con il suo rostro lungo nove metri, avrebbe potuto distruggere da sola l'intera flotta austriaca. Ma le cose andarono diversamente. L'ammiraglio Persano, dopo aver fatto disporre la flotta italiana in schieramento di battaglia, si trasferì sull'affondatore, lasciando le sue insegne sulla corazzata Re d'Italia, che fu speronata ed affondata in pochi minuti dalla nave ammiraglia di Tegetthoff, l'Erzherzog Ferdinand Max. La "Palestro" fu colpita ripetutamente anche alla santabarbara e saltò in aria. L'Affondatore tentò di speronare il Kaiser, ma fu colpito dalle cannonate austriache tanto duramente da inabissarsi al largo di Ancona alcuni giorni dopo. La battaglia durò solo due ore ma le perdite furono pesantissime: tre corazzate italiane affondate ed altre tre fuori combattimento, con più di 600 morti mentre gli austriaci ebbero 38 morti e solo il Kaiser gravemente danneggiato, ma non affondato, come sostenne invece la stampa italiana. Al suo rientro in Italia, Persano annunciò sfacciatamente di aver sconfitto gli austriaci e per l'evento ci furono grandi festeggiamenti, che durarono fino alla notizia del reale esito dello scontro. Il Persano fu sottoposto a giudizio davanti al Senato, costituito in Alta Corte di Giustizia, che proclamò la sua colpevole inettitudine, tanto che fu privato del grado e delle decorazioni e radiato con disonore dalla Regia Marina. Per rispondere agli articoli dei giornali italiani che davano il Kaiser come affondato, il vice ammiraglio Tegetthoff organizzò un ricevimento a bordo della nave, pur gravemente danneggiata. Le spese però non gli furono rimborsate dalle parsimoniose autorità asburgiche.
FRANCESCO CONTEDUCA - In tutto questo apocalittico scenario di sconfitta, ecco rifulgere la figura del barlettano Francesco Conteduca, eroe a soli ventidue anni e senza nemmeno tanta retorica, la prima medaglia d'oro al valor militare dell'Italia unita, orgoglio di una città e delle sue tradizioni marinare. Oggi anch'esse tutte quante da valorizzare in una rilettura critica delle patrie memorie alla luce degli eventi e con diversa "coscienza" di appartenenza culturale e, perché no, di una vera "identità" cittadina. Dal sito web ufficiale della Marina Militare la motivazione. "Per essersi distinto nei fatti d'arme avvenuti nell'Adriatico nella Campagna di guerra del 1866. R.D. 15 agosto 1867. Francesco Conteduca nacque a Barletta il 13 ottobre 1844. Arruolato in Marina per obblighi di leva nel 1865 a destinato sulla pirocorvetta corazzata Formidabile nell'incarico di Cannoniere di 2a classe partecipò il 19 luglio 1866, quale servente di un pezzo da fuoco della batteria interna dell'Unità, all'azione di bombardamento del Forte di San Giorgio nell'Isola di Lissa. Ferito da una granata nemica che gli aveva spappolato una mano, seppe tenere represso ogni grido di dolore e rimase al suo posto di combattimento, rifiutando ogni soccorso, affinché i suoi compagni non si occupassero della sua dolorosa ferita ed il cannone non tacesse davanti al nemico. Il suo esempio infiammò i compagni vicini che ripresero con più intensità a controbattere le salve nemiche che bersagliavano inesorabili la bella nave italiana, che resistette stoicamente, rispondendo colpo su colpo, e che solo dopo alcune ore di durissimo scontro si ritirò da quelle acque. Mori a Roma il 2 giugno 1930".
IL MONUMENTO - Sotto la guida dei genitori, Vincenzo e Concetta Damato, Conteduca trascorse dunque la sua gioventù a Barletta fino a quando, per adempiere agli obblighi di leva, nel 1865 fu arruolato nella Regia Marina e imbarcato sulla pirocorvetta corazzata Formidabile, nella stessa squadra navale dove figurava l'Ettore Fieramosca: destino simbolico. Come abbiamo letto, l'esempio somiglia al gesto di Giuseppe Carli, il bersagliere barlettano prima medaglia d'oro nella Grande Guerra: eroismo per incitare i commilitoni a compiere il proprio dovere fino all'estremo sacrificio. Carli offrì la propria vita. A Conteduca fu amputata la mano. Ma il suo gesto servì per incitare tutti gli altri a resistere, riuscendo a distruggere alcuni centri di fuoco austroungarici nel porto, prima di ritirarsi alcune ore dopo da quelle acque. Il giorno seguente, stremato dal dolore, veniva accompagnato dal Comandante in 2ª Federico Bertone di Sambuy nell'infermeria di bordo. Una storia raccontata nei testi ufficiali come anche da chi, come Monsignor Giuseppe d'Amato, il popolarissimo don Peppuccio, uomo di chiesa e storiografo con una copiosa produzione editoriale, lo ha ricordato nel suo libro "Barletta nella sua storia militare" o da chi (anche sui social o a mezzo blog) ha denunciato da tempo la sparizione del medagliere completo donato con gesto nobile dal figlio del Conteduca al Comune di Barletta e scomparso nessuno sa dove…
Alla sua morte, il Comune, podestà il notaio cav. Camillo Esperti, dedicò a perenne memoria il piazzale della Stazione (fino ad allora Piazza della Libertà) e nel 1931 pubblicò un numero unico intitolato "La Città di Barletta per l'eroe Francesco Conteduca, Medaglia d'Oro di Lissa, 1866". Chi scende dal treno dovrebbe esserne meglio informato, ma questo è tutto un altro discorso, come sempre a proposito della toponomastica cittadina. E solo nel 1972, ad opera della sezione barlettana dell'ANMI (Associazione Nazionale Marinai d'Italia), gli venne dedicato il monumento con la scultura di Nunzio Saracino nei giardini del Castello all'imboccatura di viale Regina Elena, dove oggi si trova di fronte al monumento ad Ettore Fieramosca in Piazza XIII Febbraio 1503. Come in quelle acque del 1866…».