150 Anni di unità nazionale
Un intervento del sindaco di Barletta, Nicola Maffei. «Si celebra un secolo e mezzo di fratellanza nazionale»
giovedì 17 marzo 2011
«Il 17 marzo è piena attualità. Si celebra un secolo e mezzo di fratellanza nazionale assistendo ad una processione di opinioni e qualche prevedibile assalto polemico. Quest'appuntamento epocale è stato interpretato da voci dissenzienti come un regolamento di conti, una lotta senza quartiere contro i progettisti del cammino comune intrapreso con il Risorgimento. I rendiconti storici aggiornati, coniugati al presente, di sicuro non ci consegneranno rivelazioni poco aderenti alle cronache ed ai documenti già permeati di un vissuto collettivo dal quale, volenti o nolenti, discendiamo e che rifiuta, notoriamente, disquisizioni precedute dai "se" o dai "ma".
L'Italia ai blocchi di partenza, nel 1861 è il prototipo di una nazione che vive situazioni contingenti diverse, viaggiando sui binari dello sviluppo frenato nelle aree a sud della capitale, dove il senso della modernità è percepito ancora a stento. La storia unitaria, ricordiamolo, non nasce come il prodotto delle risorse democratiche attuali; neppure muove i primi passi circondata da una situazione di agio e benessere diffuso: deve quindi essere contestualizzata. L'avvento dell'idea di patria e coesione ha assunto connotati chiari vincendo conflitti e convincendo un popolo ancora in alta percentuale analfabeta, spesso diffidente, ignaro di quanto gli accadeva intorno, flagellato dal degrado che sarebbe sfociato anche nella questione meridionale.
Chiaro che, in assenza di tradizioni politiche solide, lasciandosi alle spalle una pluralità di modelli di governo territoriale (monarchico, comunale, signorie), il funzionamento e l'organizzazione della macchina statale, pur con il suo enorme potenziale di crescita sociale ed economica, è stato lento e faticoso nel Mezzogiorno, già distante dalla vocazione industriale del nord.
Occorre però riconoscere che, pur con le accertate difficoltà di cui ancora oggi abbiamo visibili tracce, il meridione ha colto con l'unità della penisola una concreta occasione per non aggravare l'emarginazione dell'Italia e dall'Europa. L'arco temporale dei centocinquanta anni è carico di pagine gloriose e avvilenti, presenti nella memoria collettiva e sintetizzate dalle testimonianze, innumerevoli, pubblicate e riaffidate al dominio pubblico nel quotidiano conto alla rovescia che ci ha separati da questa eccezionale giornata.
L'Italia odierna, contrariamente alla sua omologa del 1861, conosce se stessa ed il proprio vissuto. Può in tempo reale e lucidamente, forte di uno strumento insostituibile qual è l'uso della democrazia, scegliere il miglior domani; può far leva sul liberalismo in nome del quale intere generazioni hanno lottato, conquistando e difendendo un progresso civile.
L'inestimabile tributo di vite umane necessario per dare nitore e autorevolezza alla nuova identità di nazione dimostra perentoriamente il rilievo di una scelta che è fuori luogo discutere. Oggi, piuttosto, dobbiamo riconoscere che il passo compiuto è stato oggettivamente fondante, anche se gli avvenimenti dei centocinquanta anni trascorsi hanno prodotto perplessità e messo a rischio, non di rado, ruolo e credibilità delle istituzioni attraverso l'operato di governi e relative figure politiche.
Tuttavia, il processo di unificazione, nei traguardi raggiunti come dagli errori compiuti, ci offre insegnamenti preziosi. Uno su tutti il senso di appartenenza che prevale nettamente sul debole vento di secessione paventato a scadenze regolari.
In ultima analisi, il 17 marzo 2011 deve, razionalmente, indurci ad un momento di riflessione collettiva al fine di restituire valore e vitalità all'Italia coesa, autorizzandoci a gettare le basi per un futuro migliore che dipende soprattutto da noi, dalle nostre scelte e dai nostri progetti ambiziosi.
Il messaggio di unità nazionale, l'impegno e l'invito a promuovere le espressioni di questo straordinario territorio devono: coesistere e trionfare sulle rivalità di campanile mai domate; integrarsi senza soccombere con la globalizzazione dilagante; convincere i più riluttanti; convivere con l'esigenza di un federalismo invocato che può lenire ma non curare del tutto le sofferenze nazionali.
I festeggiamenti per quest'anniversario devono sottrarsi all'esaltazione di figure e miti, nonché evitare superficiali censure o condanne. Semmai favorire il dibattito, chiarificatore, utile per colmare lacune o contribuire alla trasparenza della rigorosa narrazione storica. Perché questa data deve essere ricordata come un momento didattico rivolto davvero a tutti: un'opportunità per riscoprirci e conoscerci, anche in chiave utilmente critica, individuando gli scenari del nostro avvenire e coltivando il diritto/dovere di responsabilizzarci per rigenerare l'Italia, ovvero noi.
Un patrimonio immenso l'Italia ed il suo 17 marzo. In questa giornata, mettiamo al bando gli scetticismi sponsorizzando la fiducia nel nostro Paese, impegnandoci nel laborioso iter di credibile affermazione in chiave nazionale ed internazionale.
Oggi, orgogliosi di essere italiani, facciamo gli auguri all'Italia scambiandoci sinceri auguri fra noi tutti».
L'Italia ai blocchi di partenza, nel 1861 è il prototipo di una nazione che vive situazioni contingenti diverse, viaggiando sui binari dello sviluppo frenato nelle aree a sud della capitale, dove il senso della modernità è percepito ancora a stento. La storia unitaria, ricordiamolo, non nasce come il prodotto delle risorse democratiche attuali; neppure muove i primi passi circondata da una situazione di agio e benessere diffuso: deve quindi essere contestualizzata. L'avvento dell'idea di patria e coesione ha assunto connotati chiari vincendo conflitti e convincendo un popolo ancora in alta percentuale analfabeta, spesso diffidente, ignaro di quanto gli accadeva intorno, flagellato dal degrado che sarebbe sfociato anche nella questione meridionale.
Chiaro che, in assenza di tradizioni politiche solide, lasciandosi alle spalle una pluralità di modelli di governo territoriale (monarchico, comunale, signorie), il funzionamento e l'organizzazione della macchina statale, pur con il suo enorme potenziale di crescita sociale ed economica, è stato lento e faticoso nel Mezzogiorno, già distante dalla vocazione industriale del nord.
Occorre però riconoscere che, pur con le accertate difficoltà di cui ancora oggi abbiamo visibili tracce, il meridione ha colto con l'unità della penisola una concreta occasione per non aggravare l'emarginazione dell'Italia e dall'Europa. L'arco temporale dei centocinquanta anni è carico di pagine gloriose e avvilenti, presenti nella memoria collettiva e sintetizzate dalle testimonianze, innumerevoli, pubblicate e riaffidate al dominio pubblico nel quotidiano conto alla rovescia che ci ha separati da questa eccezionale giornata.
L'Italia odierna, contrariamente alla sua omologa del 1861, conosce se stessa ed il proprio vissuto. Può in tempo reale e lucidamente, forte di uno strumento insostituibile qual è l'uso della democrazia, scegliere il miglior domani; può far leva sul liberalismo in nome del quale intere generazioni hanno lottato, conquistando e difendendo un progresso civile.
L'inestimabile tributo di vite umane necessario per dare nitore e autorevolezza alla nuova identità di nazione dimostra perentoriamente il rilievo di una scelta che è fuori luogo discutere. Oggi, piuttosto, dobbiamo riconoscere che il passo compiuto è stato oggettivamente fondante, anche se gli avvenimenti dei centocinquanta anni trascorsi hanno prodotto perplessità e messo a rischio, non di rado, ruolo e credibilità delle istituzioni attraverso l'operato di governi e relative figure politiche.
Tuttavia, il processo di unificazione, nei traguardi raggiunti come dagli errori compiuti, ci offre insegnamenti preziosi. Uno su tutti il senso di appartenenza che prevale nettamente sul debole vento di secessione paventato a scadenze regolari.
In ultima analisi, il 17 marzo 2011 deve, razionalmente, indurci ad un momento di riflessione collettiva al fine di restituire valore e vitalità all'Italia coesa, autorizzandoci a gettare le basi per un futuro migliore che dipende soprattutto da noi, dalle nostre scelte e dai nostri progetti ambiziosi.
Il messaggio di unità nazionale, l'impegno e l'invito a promuovere le espressioni di questo straordinario territorio devono: coesistere e trionfare sulle rivalità di campanile mai domate; integrarsi senza soccombere con la globalizzazione dilagante; convincere i più riluttanti; convivere con l'esigenza di un federalismo invocato che può lenire ma non curare del tutto le sofferenze nazionali.
I festeggiamenti per quest'anniversario devono sottrarsi all'esaltazione di figure e miti, nonché evitare superficiali censure o condanne. Semmai favorire il dibattito, chiarificatore, utile per colmare lacune o contribuire alla trasparenza della rigorosa narrazione storica. Perché questa data deve essere ricordata come un momento didattico rivolto davvero a tutti: un'opportunità per riscoprirci e conoscerci, anche in chiave utilmente critica, individuando gli scenari del nostro avvenire e coltivando il diritto/dovere di responsabilizzarci per rigenerare l'Italia, ovvero noi.
Un patrimonio immenso l'Italia ed il suo 17 marzo. In questa giornata, mettiamo al bando gli scetticismi sponsorizzando la fiducia nel nostro Paese, impegnandoci nel laborioso iter di credibile affermazione in chiave nazionale ed internazionale.
Oggi, orgogliosi di essere italiani, facciamo gli auguri all'Italia scambiandoci sinceri auguri fra noi tutti».