Intervista a Mariella Dibenedetto, la speaker del Barletta Calcio
Qualche domanda nel giorno della Festa della Donna alla “regina del gabbiotto”
giovedì 8 marzo 2012
11.34
Si celebra l'8 marzo, la Festa della Donna, e la redazione sportiva di Barlettalife vuole tingersi di rosa, trascorrendo la ricorrenza con le sue lettrici e le protagoniste dello sport barlettano su scala nazionale. Protagonista dell'intervista odierna è una delle poche donne del mondo del calcio, la "regina del gabbiotto" Mariella Dibenedetto. Da anni è la speaker del Barletta Calcio, che si affida alla sua voce squillante per annunciare i momenti sportivi più belli ed emozionanti. Nelle sue vene scorre puro sangue biancorosso, anche se la sua anima, come lei simpaticamente ricorda, è tutta "calcio&rossetti". Un'intervista tutta da gustare, che si ferma anche su tematiche importanti.
Mariella Dibenedetto, il tuo lavoro, che è ormai anche una passione, ti consente di vivere da molto vicino l'amore per uno sport, il calcio, che in molti considerano strettamente "maschile". Come hai fatto nel corso degli anni a smentire questo "trend"?
Sei gentile ma non è merito mio. Donatella Scarnati, storica giornalista sportiva Rai, ha aperto un varco alle donne, fino al trionfo femminile nelle trasmissioni sportive di showgirl come Simona Ventura e giornaliste belle e preparate come Ilaria D'Amico. Ora è praticamente normale che una donna sia in qualche maniera coinvolta nel virile mondo del calcio. Io mi sono solo messa a disposizione perché anzitutto grande tifosa del Barletta calcio (andavo in curva prima di finire nel gabbiotto) e ho ricevuto dall'altra parte tanta stima e affetto. Ora sono – come spesso mi hanno cantato – una di loro.
Sei diventata da anni la "regina del gabbiotto". Come ci si sente in questo ruolo? Sei la portavoce delle gioie sportive del Barletta Calcio. Un bel carico di responsabilità...
Superati gli imbarazzi iniziali, dell'essere donna in un ambiente maschile in cui un solo errore poteva significare un fischio o un disappunto, sono entrata in estrema confidenza con tutta la tifoseria, nel rispetto del mio semplice ruolo che è di supporto alla carica dei calciatori e di esultanza nei momenti di gioia. E che esultanza! Ai goal distruggo le corde vocali! Mi ha inorgoglito quando mi hanno definito "il dodicesimo uomo in campo" ma credo che la maglia numero dodici spetti a quei tifosi che sfidano le condizioni climatiche, e le tradizioni della domenica, per seguire in casa e in trasferta i propri beniamini. Più che regina, mi sento a servizio del Barletta calcio. Un lavoro che ha reso le mie domeniche speciali, rendendo le altre infinitamente noiose. Avverto piuttosto la responsabilità fuori, quando finiti i novanta minuti, la gente mi chiede il parere sulla partita, su quel giocatore, sul modulo di gioco. Alcuni pensano che essere speaker di una squadra sia sinonimo di esserne alla Presidenza. Mi hanno chiesto persino di comprare dei rinforzi…
Oggi, 8 marzo, si celebra la festa delle donne. Qual è, secondo te, il significato di questa data?
L'8 marzo per me resta la data in cui si onora il ricordo delle povere lavoratrici di New York intrappolate nella fabbrica durante l'incendio. Una commemorazione che sento più che mai quest'anno, alla luce dei recenti fatti di Barletta e del drammatico crollo di via Roma. Per me l'otto marzo è la festa di tutte le donne che vivono il sacrificio e il proprio dovere fino alla morte.
C'è da festeggiare oppure il raggiungimento della parità dei sessi è ancora molto distante?
Si rincorre il mito della parità dei sessi. Io credo nelle attitudini, nelle competenze e nei ruoli. Se qualcuno è particolarmente bravo in qualcosa, non dovrebbe essere discriminato per il sesso. Il condizionale è d'uopo perché spesso resta ancora una bella teoria. Per molti uomini, soprattutto fra chi assegna i ruoli, donna significa madre e basta. Demistificante. Sappiamo fare tutto e in minor tempo: le donne per DNA sono efficienti. E sottoutilizzate.
Nella vita di Mariella Dibenedetto, cosa vuol dire 8 marzo? Cosa vuol dire essere "donna"?
Chi mi conosce bene sa che sono "rossetti&pallone". Per il mio modo di fare e i miei interessi, faccio convivere agevolmente il mio lato femminile e la mia personalità maschile. Eppure quando mi analizzo trovo in me i tratti della donna del Sud: devota a mio marito Enzo (Delvecchio, ndr), legata alla famiglia, amante della cucina e acrobata tra casa e lavoro. Ho letto da qualche parte che, se si accumulassero le ore di attività di una donna al giorno, sarebbero ventisette! Da quando mi sono sposata, so che non è una notizia infondata. Da allora rispetto il lavoro di tutte le donne, soprattutto delle casalinghe. E poi c'è un fatto straordinario ed esclusivo a cui nessun uomo può accedere: la gravidanza. E' l'espressione più bella e complicata dell'essere donna.
Sei legata a diversi ambienti (sport, scuola, politica, religione). In che maniera questi settori risentono della discriminazione uomo-donna?
A patto che non si tratti di discriminazioni squisitamente fisiche, perché oggettivamente ci sono lavori che possono essere svolti da uno dei due sessi, finora non ho personalmente riscontrato grandi differenze uomo – donna. Certo, non mi piace l'idea di un prete donna ma sono felicissima dell'integrazione dei laici nel lavoro della Chiesa. Molte donne mie amiche rivestono ruoli importanti nelle organizzazioni parrocchiali, lavorando con estremo zelo. In politica è sempre la stessa storia: viene tenuto basso il volume delle voci delle donne. Per quanto le quote rosa siano un auspicio, l'egemonia del potere maschile ne rappresenta ancora un deterrente. Non è mai troppo tardi, però. Mi sembra che con il Governo Monti un passo avanti si sia fatto.
Come giudichi l'operato del gruppo "se non ora, quando"?
Un gruppo di gagliarde! Una risposta significativa a un'idea sbagliata di donna mesta e silenziosa, senza idee e soprattutto in vendita. Ogni persona, uomo o donna che sia, quando la misura è colma deve poter esprime il proprio Basta. "Se non ora, quando" è un'iniziativa consapevole e matura, purchè non dia l'impressione di essere mero femminismo. Non sarebbe giusto: svilirebbe la forza del gruppo e il messaggio finale che è un dirompente "rispettateci".
La cittadinanza barlettana è ancora "men-oriented"? Cosa si può fare per cambiare questo tipo di mentalità?
Mettere in evidenza la centralità della persona, uomo o donna che sia, nelle sue sfaccettature meravigliose. Lasciare spazio alle persone capaci. Che importa se indossino i tacchi o fanno la barba?! Consentire la libertà delle idee, distribuire i compiti, condividere il da farsi. Barlettani, se non siete certi delle capacità di districarsi in mille cose delle donne, fermatevi un attimo a chiedere a vostra moglie o a vostra madre cos'ha fatto durante la giornata. Come ha fatto a far tutto? Beh, avrebbe potuto anche lavorare otto ore e riuscire anche in quelle cose. Sono doni infusi quelli.
Guardando in generale alla festa dell'8 marzo, pensi che ormai sia diventato uno dei "templi" del consumismo moderno, oppure credi che dietro ci sia ancora qualche barlume di coscienza critica?
Festeggiare? Mah, rispetto la volontà di tutte quelle donne che approfittano della "festa della donna" per un momento dedicato esclusivamente a loro, ma in tutta onestà mi sembra riduttivo. Mi piacerebbe che abbiano spesso occasione per stare con le amiche, per vivere dei momenti di evasione. Non per la parità dei sessi (lui lo fa, lo faccio anch'io) ma per una semplice libertà di espressione e di comportamento. E credo che nel terzo millennio sia un sacrosanto diritto di tutte le persone, maschi e femmine. Al posto delle mimose preferirei che qualcuno mi dicesse "brava" per le cose che riesco a fare e che rispondesse Sì alla mia domanda "ma tu hai idea di quanto sia complicato essere donna?"
Tu che ormai sei diventata uno dei simboli del calcio barlettano forse anche più degli interpreti in campo, vuoi lanciare un appello a tutte le donne barlettane, ma anche a tutti i lettori di Barlettalife?
Un appello che sta tra il serio e il faceto. Sono molto sensibile a tutte le campagne contro la violenza fisica e psicologica impetrata alle donne. Ribellatevi se qualcuno ferisce il vostro essere interiore, denunciate se qualcuno osa toccarvi un capello. L'amore non è violenza né verbale né fisica. Nell'amore si cresce, dalla violenza si scappa. Quanto alla parte più ludica di questo appello, due preghiere: venite allo stadio perché le donne sono estremamente rispettate da tutto il Puttilli. Non c'è pericolo di sorta! Cantare per il Barletta, saltare e sfogarsi è meglio di un'ora in palestra. E siate amiche dei vostri uomini, accompagnateli in tutte le loro avventure, cercate di vedere le cose coi loro occhi. Vivrete molto meglio. Credetemi. Lasciate che concluda come faccio ogni domenica in casa: E SOPRATTUTTO, FORZA BARLETTA!
Mariella Dibenedetto, il tuo lavoro, che è ormai anche una passione, ti consente di vivere da molto vicino l'amore per uno sport, il calcio, che in molti considerano strettamente "maschile". Come hai fatto nel corso degli anni a smentire questo "trend"?
Sei gentile ma non è merito mio. Donatella Scarnati, storica giornalista sportiva Rai, ha aperto un varco alle donne, fino al trionfo femminile nelle trasmissioni sportive di showgirl come Simona Ventura e giornaliste belle e preparate come Ilaria D'Amico. Ora è praticamente normale che una donna sia in qualche maniera coinvolta nel virile mondo del calcio. Io mi sono solo messa a disposizione perché anzitutto grande tifosa del Barletta calcio (andavo in curva prima di finire nel gabbiotto) e ho ricevuto dall'altra parte tanta stima e affetto. Ora sono – come spesso mi hanno cantato – una di loro.
Sei diventata da anni la "regina del gabbiotto". Come ci si sente in questo ruolo? Sei la portavoce delle gioie sportive del Barletta Calcio. Un bel carico di responsabilità...
Superati gli imbarazzi iniziali, dell'essere donna in un ambiente maschile in cui un solo errore poteva significare un fischio o un disappunto, sono entrata in estrema confidenza con tutta la tifoseria, nel rispetto del mio semplice ruolo che è di supporto alla carica dei calciatori e di esultanza nei momenti di gioia. E che esultanza! Ai goal distruggo le corde vocali! Mi ha inorgoglito quando mi hanno definito "il dodicesimo uomo in campo" ma credo che la maglia numero dodici spetti a quei tifosi che sfidano le condizioni climatiche, e le tradizioni della domenica, per seguire in casa e in trasferta i propri beniamini. Più che regina, mi sento a servizio del Barletta calcio. Un lavoro che ha reso le mie domeniche speciali, rendendo le altre infinitamente noiose. Avverto piuttosto la responsabilità fuori, quando finiti i novanta minuti, la gente mi chiede il parere sulla partita, su quel giocatore, sul modulo di gioco. Alcuni pensano che essere speaker di una squadra sia sinonimo di esserne alla Presidenza. Mi hanno chiesto persino di comprare dei rinforzi…
Oggi, 8 marzo, si celebra la festa delle donne. Qual è, secondo te, il significato di questa data?
L'8 marzo per me resta la data in cui si onora il ricordo delle povere lavoratrici di New York intrappolate nella fabbrica durante l'incendio. Una commemorazione che sento più che mai quest'anno, alla luce dei recenti fatti di Barletta e del drammatico crollo di via Roma. Per me l'otto marzo è la festa di tutte le donne che vivono il sacrificio e il proprio dovere fino alla morte.
C'è da festeggiare oppure il raggiungimento della parità dei sessi è ancora molto distante?
Si rincorre il mito della parità dei sessi. Io credo nelle attitudini, nelle competenze e nei ruoli. Se qualcuno è particolarmente bravo in qualcosa, non dovrebbe essere discriminato per il sesso. Il condizionale è d'uopo perché spesso resta ancora una bella teoria. Per molti uomini, soprattutto fra chi assegna i ruoli, donna significa madre e basta. Demistificante. Sappiamo fare tutto e in minor tempo: le donne per DNA sono efficienti. E sottoutilizzate.
Nella vita di Mariella Dibenedetto, cosa vuol dire 8 marzo? Cosa vuol dire essere "donna"?
Chi mi conosce bene sa che sono "rossetti&pallone". Per il mio modo di fare e i miei interessi, faccio convivere agevolmente il mio lato femminile e la mia personalità maschile. Eppure quando mi analizzo trovo in me i tratti della donna del Sud: devota a mio marito Enzo (Delvecchio, ndr), legata alla famiglia, amante della cucina e acrobata tra casa e lavoro. Ho letto da qualche parte che, se si accumulassero le ore di attività di una donna al giorno, sarebbero ventisette! Da quando mi sono sposata, so che non è una notizia infondata. Da allora rispetto il lavoro di tutte le donne, soprattutto delle casalinghe. E poi c'è un fatto straordinario ed esclusivo a cui nessun uomo può accedere: la gravidanza. E' l'espressione più bella e complicata dell'essere donna.
Sei legata a diversi ambienti (sport, scuola, politica, religione). In che maniera questi settori risentono della discriminazione uomo-donna?
A patto che non si tratti di discriminazioni squisitamente fisiche, perché oggettivamente ci sono lavori che possono essere svolti da uno dei due sessi, finora non ho personalmente riscontrato grandi differenze uomo – donna. Certo, non mi piace l'idea di un prete donna ma sono felicissima dell'integrazione dei laici nel lavoro della Chiesa. Molte donne mie amiche rivestono ruoli importanti nelle organizzazioni parrocchiali, lavorando con estremo zelo. In politica è sempre la stessa storia: viene tenuto basso il volume delle voci delle donne. Per quanto le quote rosa siano un auspicio, l'egemonia del potere maschile ne rappresenta ancora un deterrente. Non è mai troppo tardi, però. Mi sembra che con il Governo Monti un passo avanti si sia fatto.
Come giudichi l'operato del gruppo "se non ora, quando"?
Un gruppo di gagliarde! Una risposta significativa a un'idea sbagliata di donna mesta e silenziosa, senza idee e soprattutto in vendita. Ogni persona, uomo o donna che sia, quando la misura è colma deve poter esprime il proprio Basta. "Se non ora, quando" è un'iniziativa consapevole e matura, purchè non dia l'impressione di essere mero femminismo. Non sarebbe giusto: svilirebbe la forza del gruppo e il messaggio finale che è un dirompente "rispettateci".
La cittadinanza barlettana è ancora "men-oriented"? Cosa si può fare per cambiare questo tipo di mentalità?
Mettere in evidenza la centralità della persona, uomo o donna che sia, nelle sue sfaccettature meravigliose. Lasciare spazio alle persone capaci. Che importa se indossino i tacchi o fanno la barba?! Consentire la libertà delle idee, distribuire i compiti, condividere il da farsi. Barlettani, se non siete certi delle capacità di districarsi in mille cose delle donne, fermatevi un attimo a chiedere a vostra moglie o a vostra madre cos'ha fatto durante la giornata. Come ha fatto a far tutto? Beh, avrebbe potuto anche lavorare otto ore e riuscire anche in quelle cose. Sono doni infusi quelli.
Guardando in generale alla festa dell'8 marzo, pensi che ormai sia diventato uno dei "templi" del consumismo moderno, oppure credi che dietro ci sia ancora qualche barlume di coscienza critica?
Festeggiare? Mah, rispetto la volontà di tutte quelle donne che approfittano della "festa della donna" per un momento dedicato esclusivamente a loro, ma in tutta onestà mi sembra riduttivo. Mi piacerebbe che abbiano spesso occasione per stare con le amiche, per vivere dei momenti di evasione. Non per la parità dei sessi (lui lo fa, lo faccio anch'io) ma per una semplice libertà di espressione e di comportamento. E credo che nel terzo millennio sia un sacrosanto diritto di tutte le persone, maschi e femmine. Al posto delle mimose preferirei che qualcuno mi dicesse "brava" per le cose che riesco a fare e che rispondesse Sì alla mia domanda "ma tu hai idea di quanto sia complicato essere donna?"
Tu che ormai sei diventata uno dei simboli del calcio barlettano forse anche più degli interpreti in campo, vuoi lanciare un appello a tutte le donne barlettane, ma anche a tutti i lettori di Barlettalife?
Un appello che sta tra il serio e il faceto. Sono molto sensibile a tutte le campagne contro la violenza fisica e psicologica impetrata alle donne. Ribellatevi se qualcuno ferisce il vostro essere interiore, denunciate se qualcuno osa toccarvi un capello. L'amore non è violenza né verbale né fisica. Nell'amore si cresce, dalla violenza si scappa. Quanto alla parte più ludica di questo appello, due preghiere: venite allo stadio perché le donne sono estremamente rispettate da tutto il Puttilli. Non c'è pericolo di sorta! Cantare per il Barletta, saltare e sfogarsi è meglio di un'ora in palestra. E siate amiche dei vostri uomini, accompagnateli in tutte le loro avventure, cercate di vedere le cose coi loro occhi. Vivrete molto meglio. Credetemi. Lasciate che concluda come faccio ogni domenica in casa: E SOPRATTUTTO, FORZA BARLETTA!