Eccellenza pugliese: scatta la protesta dei calciatori
Stanchi dell’ennesimo rinvio i capitani affidano a una lettera di protesta il loro disagio
lunedì 18 gennaio 2021
9.52
E alla fine il tappo è saltato. Come era facilissimo prevedere per chiunque mastichi un po' di calcio locale, la protesta dei calciatori di Eccellenza pugliese si è inevitabilmente manifestata alla notizia dell'ennesimo rinvio (a differenza della Serie D, che non si è mai fermata) delle attività dei campionati dilettantistici regionali che era prevista per febbraio.
"Speravamo che il nuovo Dpcm portasse novità positive per noi calciatori militanti nel Campionato di Eccellenza. Invece, così non è stato. Ancora una volta siamo stati discriminati, considerati come l'ultima ruota del carro".
Questo l'incipit della lettera di protesta firmata da gran parte dei capitani delle squadre di Eccellenza pugliese, compresi Massimo Pollidori (Barletta 1922) e Paolo Augelli (San Marco in Lamis, fratello del compianto Rocco).
La missiva continua illustrando le ragioni della protesta che, ripetiamo, sono facilmente intuibili:
"Molti di noi vivono di calcio, per cui l'averci fermato ha procurato a noi stessi, e alle nostre famiglie, danni rilevanti. […] E, a tal proposito, chiediamo che anche per il Campionato di Eccellenza vengano adottate le medesime regole previste per il Campionato di serie D. Vogliamo sicurezza per il nostro futuro. Non chiediamo la luna nel pozzo, ma solo che, come la serie D, anche noi si possa tornare a calcare l'erbetta nei rettangoli di gioco delle nostre città".
Da mesi, per non dire da anni, dalle colonne virtuali di questo giornale denunciamo quasi in solitudine lo stato di assoluto degrado e abbandono nel quale, già da molto prima della pandemia, versa il cosiddetto "calcio minore". Un calcio, quello dilettantistico, già mortificato da qualche decennio dal puntuale gran ballo estivo fatto di fallimenti e ripescaggi, e umiliato da regole assurde come ad esempio quella sugli under, inaugurata nel 1993/94 col patetico obbligo di schieramento dal primo minuto di almeno un giovane (e chi se la scorda la buffonata delle sostituzioni al 1° minuto di gioco?) e proseguita con modifiche che altro non hanno fatto nella maggior parte dei casi se non mandare avanti i "figli o parenti di …".
Nella lettera dei calciatori pugliesi c'è quindi tutta la somma di un disagio accumulato negli anni e che il Covid ha avuto paradossalmente il "merito" di fare uscire allo scoperto.
Da "addetti ai lavori" comprendiamo tutto: i DPCM, l'emergenza sanitaria e la comprensibile paura della gente, compresa quella di chi sembra quasi godere nel vedersi murato vivo da circa un anno.
Ed arriviamo in parte ad accettare persino la logica di quelli che "il calcio non è un bene essenziale". Quel che a stento riusciamo a comprendere è la disparità tra calciatori di Serie D e calciatori di Eccellenza giustificata da fantomatici "interessi nazionali".
Tralasciando il fatto che, come quelli di Eccellenza, anche i calciatori di Serie D hanno lo status di dilettanti e come tali - seguendo il metodo di ragionamento usato da chi li distingue dal professionismo - andavano bloccati anch'essi, qualcuno è in grado di spiegarci in senso compiuto perché gli uni sono stati fermati e gli altri no?
E poi, se proprio disparità deve esserci, una cosa è fermare Messi, Neymar o Cristiano Ronaldo, che con quel che hanno guadagnato potrebbero rimanere in lockdown per qualche secolo, ben'altra cosa è fermare a tempo indeterminato chi con lo stipendio (quando c'è) da calciatore deve pagarsi pane, mutui, fitti, bollette e companatico.
Da sportivi che amano il calcio (tutto, dalla Champions League alla Terza categoria) auspichiamo che la lettera firmata da Massimo Pollidori e compagnia apra finalmente una breccia nella coscienza di chi in seno alla federazione è pagato per "decidere". Anche perché se è vero che quando il Titanic affonda i primi ad annegare sono i topi di stiva, è anche vero che se non si inverte la tendenza le acque dell'Atlantico prima o poi sommergeranno anche le sale da ballo dei gran signori, orchestrine delle Pay TV comprese.
"Speravamo che il nuovo Dpcm portasse novità positive per noi calciatori militanti nel Campionato di Eccellenza. Invece, così non è stato. Ancora una volta siamo stati discriminati, considerati come l'ultima ruota del carro".
Questo l'incipit della lettera di protesta firmata da gran parte dei capitani delle squadre di Eccellenza pugliese, compresi Massimo Pollidori (Barletta 1922) e Paolo Augelli (San Marco in Lamis, fratello del compianto Rocco).
La missiva continua illustrando le ragioni della protesta che, ripetiamo, sono facilmente intuibili:
"Molti di noi vivono di calcio, per cui l'averci fermato ha procurato a noi stessi, e alle nostre famiglie, danni rilevanti. […] E, a tal proposito, chiediamo che anche per il Campionato di Eccellenza vengano adottate le medesime regole previste per il Campionato di serie D. Vogliamo sicurezza per il nostro futuro. Non chiediamo la luna nel pozzo, ma solo che, come la serie D, anche noi si possa tornare a calcare l'erbetta nei rettangoli di gioco delle nostre città".
Da mesi, per non dire da anni, dalle colonne virtuali di questo giornale denunciamo quasi in solitudine lo stato di assoluto degrado e abbandono nel quale, già da molto prima della pandemia, versa il cosiddetto "calcio minore". Un calcio, quello dilettantistico, già mortificato da qualche decennio dal puntuale gran ballo estivo fatto di fallimenti e ripescaggi, e umiliato da regole assurde come ad esempio quella sugli under, inaugurata nel 1993/94 col patetico obbligo di schieramento dal primo minuto di almeno un giovane (e chi se la scorda la buffonata delle sostituzioni al 1° minuto di gioco?) e proseguita con modifiche che altro non hanno fatto nella maggior parte dei casi se non mandare avanti i "figli o parenti di …".
Nella lettera dei calciatori pugliesi c'è quindi tutta la somma di un disagio accumulato negli anni e che il Covid ha avuto paradossalmente il "merito" di fare uscire allo scoperto.
Da "addetti ai lavori" comprendiamo tutto: i DPCM, l'emergenza sanitaria e la comprensibile paura della gente, compresa quella di chi sembra quasi godere nel vedersi murato vivo da circa un anno.
Ed arriviamo in parte ad accettare persino la logica di quelli che "il calcio non è un bene essenziale". Quel che a stento riusciamo a comprendere è la disparità tra calciatori di Serie D e calciatori di Eccellenza giustificata da fantomatici "interessi nazionali".
Tralasciando il fatto che, come quelli di Eccellenza, anche i calciatori di Serie D hanno lo status di dilettanti e come tali - seguendo il metodo di ragionamento usato da chi li distingue dal professionismo - andavano bloccati anch'essi, qualcuno è in grado di spiegarci in senso compiuto perché gli uni sono stati fermati e gli altri no?
E poi, se proprio disparità deve esserci, una cosa è fermare Messi, Neymar o Cristiano Ronaldo, che con quel che hanno guadagnato potrebbero rimanere in lockdown per qualche secolo, ben'altra cosa è fermare a tempo indeterminato chi con lo stipendio (quando c'è) da calciatore deve pagarsi pane, mutui, fitti, bollette e companatico.
Da sportivi che amano il calcio (tutto, dalla Champions League alla Terza categoria) auspichiamo che la lettera firmata da Massimo Pollidori e compagnia apra finalmente una breccia nella coscienza di chi in seno alla federazione è pagato per "decidere". Anche perché se è vero che quando il Titanic affonda i primi ad annegare sono i topi di stiva, è anche vero che se non si inverte la tendenza le acque dell'Atlantico prima o poi sommergeranno anche le sale da ballo dei gran signori, orchestrine delle Pay TV comprese.