De Giorgi, l’eroe dei tre mondi:«La Puglia merita la vetrina dei Mondiali 2014»
Il celebre pallavolista intervistato sul palco con l'amico Andrea Zorzi
mercoledì 4 giugno 2014
Ferdinando De Giorgi, per tutti "Fefè", è un vero mattatore, dentro e fuori dal campo. Sui parquet il suo compito era quello di smistare palloni, è stato il regista di squadre che hanno fatto la storia della pallavolo. Fuori dal campo, è diventato allenatore di successo, sempre pronto alla battuta di spirito, a far ridere tutti. Abbiamo raggiunto De Giorgi al termine dello spettacolo "La leggenda del pallavolista volante", che ha visto come protagonista l'amico (e collega) Andrea Zorzi:
De Giorgi, cosa ne pensa dell'esperienza del suo amico Zorzi sul palcoscenico? Non crede che sia un modo per far conoscere la pallavolo anche ai non addetti ai lavori?
«Questa è una formula molto interessante, perché riesce a raccontare la storia di un pallavolista, che può essere anche qualsiasi altra persona, ma in questo caso Zorzi è un campione e quindi attira ancora di più, utilizzando però il palcoscenico, e quindi teatralmente. Si trasmettono quindi valori che sono stati vissuti da Zorzi e da quella sport, i valori dello sport, ma si trasmettono in modo più piacevole».
Qual è stato il segreto del successo della nazionale di Velasco? Il vostro "trucco" era solo la mancanza di alibi?
«Quella delle Olimpiadi è la verità, ma è assolutamente uno scherzo che faccio. Con Velasco e con quella nazionale siamo stati insieme per tanti anni. Quella è stata una nazionale che innanzitutto ha avuto un artefice, come Velasco, che ha creduto nelle persone con le quali è iniziato il progetto, che ha stabilito delle regole, un modo di lavorare, ha cercato di tirare fuori il meglio da persone che avevano talento, o comunque che avevano possibilità di fare bene. È stato da lì che si è tirata fuori una squadra forte, non solo tecnicamente, ma anche mentalmente. Una squadra che è riuscita a vincere tanto, perdendo anche cose importanti, ma a riuscire sempre a reagire nel modo giusto».
Cosa manda alla nazionale del 2014 per essere vincente come quella che tante emozioni ha regalato tra la fine degli anni '80 e gli anni '90?
«Sono periodi diversi, chiaramente. Adesso penso che nella nostra nazionale maschile ci siano tanti giocatori molto interessanti, talentuosi. Si tratta sempre di iniziare un percorso. Ci sono anche personaggi che possono essere adatti anche per far conoscere la pallavolo fuori. C'è tutto, bisogna soltanto lavorare bene. Chiaramente, i risultati aiutano anche in questo. Quella era una nazionale che ha avuto grande visibilità quando ha vinto Europeo e Mondiale, altrimenti non avrebbe avuto tutta quella risonanza».
Gran parte della visibilità è dovuta alle gesta di un grande palleggiatore come De Giorgi, che in tanti ricordano come "L'eroe dei tre mondi". Sveliamo però un arcano: è meglio allenare o giocare?
«Sono due cose diverse: si fa più fatica fuori dal campo. Il ruolo dell'allenatore è abbastanza complicato, bello ma difficile, ma che soprattutto, se non stai attento ti assorbe per 24 ore. Invece il giocatore fa il suo lavoro in palestra e in partita, poi si finisce lì, e c'è anche il tempo per fare altre cose».
In chiusura, le chiedo dei mondiali di pallavolo femminile che ospiterà la Puglia: un'occasione importante per far conoscere la nostra terra e per dimostrare ancora una volta la vicinanza alla pallavolo.
«Penso che la Puglia meriti questa vetrina, perché la Puglia ha dimostrato in tutti gli eventi organizzati con le nazionali di rispondere alla grande. C'è una grande voglia di pallavolo, c'è un tradizione e c'è grande affetto. Sono orgoglioso di questi Mondiali in Puglia e sono sicuro che faremo una grande figura».
De Giorgi, cosa ne pensa dell'esperienza del suo amico Zorzi sul palcoscenico? Non crede che sia un modo per far conoscere la pallavolo anche ai non addetti ai lavori?
«Questa è una formula molto interessante, perché riesce a raccontare la storia di un pallavolista, che può essere anche qualsiasi altra persona, ma in questo caso Zorzi è un campione e quindi attira ancora di più, utilizzando però il palcoscenico, e quindi teatralmente. Si trasmettono quindi valori che sono stati vissuti da Zorzi e da quella sport, i valori dello sport, ma si trasmettono in modo più piacevole».
Qual è stato il segreto del successo della nazionale di Velasco? Il vostro "trucco" era solo la mancanza di alibi?
«Quella delle Olimpiadi è la verità, ma è assolutamente uno scherzo che faccio. Con Velasco e con quella nazionale siamo stati insieme per tanti anni. Quella è stata una nazionale che innanzitutto ha avuto un artefice, come Velasco, che ha creduto nelle persone con le quali è iniziato il progetto, che ha stabilito delle regole, un modo di lavorare, ha cercato di tirare fuori il meglio da persone che avevano talento, o comunque che avevano possibilità di fare bene. È stato da lì che si è tirata fuori una squadra forte, non solo tecnicamente, ma anche mentalmente. Una squadra che è riuscita a vincere tanto, perdendo anche cose importanti, ma a riuscire sempre a reagire nel modo giusto».
Cosa manda alla nazionale del 2014 per essere vincente come quella che tante emozioni ha regalato tra la fine degli anni '80 e gli anni '90?
«Sono periodi diversi, chiaramente. Adesso penso che nella nostra nazionale maschile ci siano tanti giocatori molto interessanti, talentuosi. Si tratta sempre di iniziare un percorso. Ci sono anche personaggi che possono essere adatti anche per far conoscere la pallavolo fuori. C'è tutto, bisogna soltanto lavorare bene. Chiaramente, i risultati aiutano anche in questo. Quella era una nazionale che ha avuto grande visibilità quando ha vinto Europeo e Mondiale, altrimenti non avrebbe avuto tutta quella risonanza».
Gran parte della visibilità è dovuta alle gesta di un grande palleggiatore come De Giorgi, che in tanti ricordano come "L'eroe dei tre mondi". Sveliamo però un arcano: è meglio allenare o giocare?
«Sono due cose diverse: si fa più fatica fuori dal campo. Il ruolo dell'allenatore è abbastanza complicato, bello ma difficile, ma che soprattutto, se non stai attento ti assorbe per 24 ore. Invece il giocatore fa il suo lavoro in palestra e in partita, poi si finisce lì, e c'è anche il tempo per fare altre cose».
In chiusura, le chiedo dei mondiali di pallavolo femminile che ospiterà la Puglia: un'occasione importante per far conoscere la nostra terra e per dimostrare ancora una volta la vicinanza alla pallavolo.
«Penso che la Puglia meriti questa vetrina, perché la Puglia ha dimostrato in tutti gli eventi organizzati con le nazionali di rispondere alla grande. C'è una grande voglia di pallavolo, c'è un tradizione e c'è grande affetto. Sono orgoglioso di questi Mondiali in Puglia e sono sicuro che faremo una grande figura».