Covid-19: fermo (senza polemiche) anche il campionato di Eccellenza
I giorni dell’emergenza e la dignità del calcio minore
sabato 7 marzo 2020
11.34
Con un comunicato ufficiale inviato nelle ultime ore, il Comitato Regionale Puglia della FIGC, a causa de diffondersi dell'emergenza Corona Virus, ha comunicato la sospensione di tutti i campionati dilettantistici e giovanili regionali fino al 15 marzo. Vengono così posticipati a domenica 22 marzo, salvo ulteriori rinvii, gli impegni delle squadre barlettane militanti nel campionato di Eccellenza.
Un provvedimento che la dice lunga sul momento difficile che stiamo vivendo in Italia a causa di quella che ormai è a tutti gli effetti una pandemia. Una decisione sacrosanta che, se da un lato rende insolitamente vuota la domenica di atleti, tifosi, e perché no, anche di noi cronisti, dall'altro ci costringe a riflettere su quali siano in realtà le cose realmente importanti del nostro vivere quotidiano.
Chi scrive, pur essendo da anni abbonato alla pay-tv, da sempre sostiene che il vero fascino del calcio minore stia in fondo nella sua semplicità, a differenza del cosiddetto "calcio dei grandi", che da giorni litiga vergognosamente su presunti vantaggi in caso di rinvio alla squadra 'x' a discapito della squadra 'y'. Per non parlare delle eventuali perdite economiche della squadra 'z'. Tutto questo in nome del solito cinico "the show must go on", di un calcio ultramilionario fatto di sponsor, VAR, diritti televisivi e "bombe di mercato". Un circo fatto da atleti assurti a semidei, che negli ultimi anni si è fermato senza battere ciglio solo e soltanto in occasione delle tragedie di Pierpaolo Morosini e di Davide Astori. Cioè nel momento in cui ha visto in faccia l'unica cosa contro cui nulla possono calciatori pluridecorati, sceicchi e procuratori d'assalto: la morte.
Nessuna polemica, invece, tra i dignitosi, e a volte ruspanti protagonisti del calcio dilettantistico. Dalle corazzate che puntano al salto di categoria alle piccole realtà dove già avere l'acqua calda nelle docce sarebbe una grande conquista, nessuno ha osato proferire verbo sui provvedimenti adottati dalla Federazione a causa dell'emergenza Covid-19. Evidentemente a queste latitudini calcistiche esiste ancora qualcosa di più importante di un pallone che rotola e di un conto in banca che si rimpingua.
Qualcosa di cui abbiamo già narrato qualche settimana fa, in occasione della corsa a perdifiato e con un piede mezzo rotto, dell'attaccante del Barletta Pignataro a ricevere l'abbraccio dei suoi tifosi, e del pianto disperato dell'attaccante tranese Picci, mentre infortunato e senza l'ausilio dei barellieri, veniva accompagnato di peso a bordo campo dal portiere dell'Audace Di Candia.
Qualcosa che va ben oltre il gioco del calcio e che in giorni di ansia come questi dovrebbe figurare al primo posto tra i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni. Qualcuno, nell'accezione peggiorativa del termine, lo definisce provincialismo. Noi la chiamiamo semplicemente umanità.
Un provvedimento che la dice lunga sul momento difficile che stiamo vivendo in Italia a causa di quella che ormai è a tutti gli effetti una pandemia. Una decisione sacrosanta che, se da un lato rende insolitamente vuota la domenica di atleti, tifosi, e perché no, anche di noi cronisti, dall'altro ci costringe a riflettere su quali siano in realtà le cose realmente importanti del nostro vivere quotidiano.
Chi scrive, pur essendo da anni abbonato alla pay-tv, da sempre sostiene che il vero fascino del calcio minore stia in fondo nella sua semplicità, a differenza del cosiddetto "calcio dei grandi", che da giorni litiga vergognosamente su presunti vantaggi in caso di rinvio alla squadra 'x' a discapito della squadra 'y'. Per non parlare delle eventuali perdite economiche della squadra 'z'. Tutto questo in nome del solito cinico "the show must go on", di un calcio ultramilionario fatto di sponsor, VAR, diritti televisivi e "bombe di mercato". Un circo fatto da atleti assurti a semidei, che negli ultimi anni si è fermato senza battere ciglio solo e soltanto in occasione delle tragedie di Pierpaolo Morosini e di Davide Astori. Cioè nel momento in cui ha visto in faccia l'unica cosa contro cui nulla possono calciatori pluridecorati, sceicchi e procuratori d'assalto: la morte.
Nessuna polemica, invece, tra i dignitosi, e a volte ruspanti protagonisti del calcio dilettantistico. Dalle corazzate che puntano al salto di categoria alle piccole realtà dove già avere l'acqua calda nelle docce sarebbe una grande conquista, nessuno ha osato proferire verbo sui provvedimenti adottati dalla Federazione a causa dell'emergenza Covid-19. Evidentemente a queste latitudini calcistiche esiste ancora qualcosa di più importante di un pallone che rotola e di un conto in banca che si rimpingua.
Qualcosa di cui abbiamo già narrato qualche settimana fa, in occasione della corsa a perdifiato e con un piede mezzo rotto, dell'attaccante del Barletta Pignataro a ricevere l'abbraccio dei suoi tifosi, e del pianto disperato dell'attaccante tranese Picci, mentre infortunato e senza l'ausilio dei barellieri, veniva accompagnato di peso a bordo campo dal portiere dell'Audace Di Candia.
Qualcosa che va ben oltre il gioco del calcio e che in giorni di ansia come questi dovrebbe figurare al primo posto tra i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni. Qualcuno, nell'accezione peggiorativa del termine, lo definisce provincialismo. Noi la chiamiamo semplicemente umanità.