Calcio, intervista all'arbitro barlettano Antonio Damato

Il fischietto internazionale si confessa ai microfoni di Barlettalife

lunedì 16 aprile 2012 1.44
A cura di Enrico Gorgoglione
La figura dell'arbitro, si sa, spesso è al centro di dure controversie e di aspre polemiche: gol non visti, episodi dubbi in area di rigore, tutto finisce nel "calderone". Il famoso "uomo nero", spesso uomo solo più odiato di una rivale sportiva, sempre più spesso, almeno in Italia, oggetto di insulti e critiche anche preventive. Eppure, l'arbitro è colui che contribuisce a mantenere umano questo gioco, un ruolo che nel tempo ha visto avvicendarsi tanti uomini, uno diverso dall'altro. Uno degli arbitri più in forma tra i fischietti nazionali è il barlettano Antonio Damato, 39 enne avvocato con la passione per il ruolo nata sin da piccolo. Damato è al suo sesto anno di serie A, guadagnandosi con il tempo la stima e il rispetto non solo dei colleghi e dei vertici della Commissione Arbitri Nazionale, ma anche di opinionisti ed ex colleghi. La crescita professionale di Damato lo porta a diventare nel 2010 anche arbitro internazionale, talvolta chiamato a dirigere delicate partite a livello europeo. Come sempre disponibile, Antonio Damato si confessa ai microfoni di Barlettalife al termine del convegno di Trani, per un'intervista esclusiva e a tutto tondo sul calcio italiano e sul controverso ruolo dei fischietti:

Antonio Damato, siamo al termine di questo campionato equilibrato, emozionante. Emozioni anche per voi arbitri. Come state vivendo questa stagione sportiva?
«Sicuramente questo è un campionato che, rispetto agli ultimi anni, è più equilibrato e più avvincente, perché specialmente la lotta per lo scudetto vede due squadre lottare per il titolo punto a punto. Poi da parte nostra è richiesta ancora di più grande lucidità, grande precisione nello svolgimento del nostro operato. Sicuramente faremo del nostro meglio, fermo restando che nell'attività arbitrale si convive con l'errore. Molto spesso l'errore arbitrale viene messo più in risalto rispetto a quello del giocatore. Però sul terreno di gioco, così possono sbagliare gli arbitri, possono sbagliare i calciatori e anche gli allenatori».

Nota d'orgoglio per lei sapere che un suo ex collega, Graziano Cesari, la inserisca sempre tra i migliori arbitri d'Italia. Un riconoscimento ad una carriera cominciata tanti anni fa sui campo non perfetti delle giovanili. Ora è arrivato ai campi internazionali. Una bella crescita professionale, che si è vista anche mercoledì scorso, quando ha arbitrato in modo diligente una sfida delicata qual era Juventus-Lazio.
«Sicuramente, in primis, mi fa davvero piacere se qualcuno parla bene delle mie prestazioni. Poi noi non dobbiamo assolutamente cullarci sugli allori: anche quando una gara è andata bene, si pensa immediatamente a quella successiva. Purtroppo per la classe arbitrale anche se fai 100 partite bene, alla prima che fai male le precedenti 100 vengono dimenticate e si ricordano di quella sbagliata. Per cui massima allerta da questo punto di vista, e sempre voglia di migliorarsi, soprattutto facendo anche un po' di autocritica: io stesso spesso ammetto che possiamo sbagliare; però se riusciamo a fare tesoro dei nostri errori, cercando di commetterne sempre meno, questa potrebbe essere una buona strada da perseguire».

In cosa può migliorare il calcio italiano dal punto di vista degli errori, considerando che in Europa le sperimentazioni sugli arbitri di porta stanno andando abbastanza bene? Si potrebbe adottare questa soluzione anche in Italia per avere un campionato privo di polemiche e inutili strascichi?
«Da questo punto di vista, l'introduzione degli arbitri di porta ha portato notevoli benefici dal punto di vista del team in campo. Personalmente ho svolto il compito di arbitro addizionale in Champions League. È stata un'idea fortemente voluta e sostenuta da Platini e Collina che sta dando i suoi frutti. Sia a livello di prevenzione sul terreno di gioco, perché tutte quelle trattenute e spinte in area di rigore su palle da fermo si vedono in maniera inferiore perché i calciatori si sentono "osservati" da più occhi, sia ai fini della valutazione più attenta degli episodi importanti di una partita. Io lo vedo come un esperimento utile, chissà che un giorno non venga adottato qui in Italia. Certo, non spetta a noi decidere, ma penso che la classe arbitrale sia aperta a qualsiasi tipo di innovazione da questo punto di vista».

Sono prossimi gli Europei di calcio. Qual è la sua aspirazione alle porte di questa grande manifestazione sportiva?
«La mia aspirazione personale è quella di parteciparvi in futuro. In questa edizione non potrò partecipare, perché in questa edizione è già stato designato per l'Italia Nicola Rizzoli. Non mi rimane altro che fare il tifo per il quintetto che andrà agli Europei. La scuola arbitrale italiana ha una grossa tradizione, mi auguro e sono certo che loro faranno bene».

Chiuderei con un passaggio dedicato al Barletta Calcio: come vede la fine del campionato e dove pensa possa arrivare il sodalizio di via Vittorio Veneto?
«Io seguo un pochettino le sorti del Barletta Calcio, non da vicinissimo; ma non per questo non mi informo e non leggo. Ho visto che ultimamente c'è stata una ripresa. Ritengo che magari per la vittoria finale non ci sono più speranze, ma io penso che il traguardo dei playoff sia alla portata. Colgo l'occasione per fare un grosso in bocca al lupo alla squadra, al presidente e a tutta la tifoseria barlettana».