Una lapide per non dimenticare

La nota dell'Associazione Insigniti del Militare Valenziano Ordine dei Cavalieri del Cid

martedì 3 dicembre 2024 12.09
«In qualità di Presidente dell'Associazione Insigniti del Militare Valenziano Ordine dei Cavalieri del Cid, mi fregio di esprimere il più sentito ringraziamento a Padre Alberto per l'opportunità accordataci, di omaggiare Santa Edith Stein e S.A.R. Mafalda di Savoia, in concomitanza con il 25° anniversario della deposizione della lapide nel Santuario della Madonna dello Sterpeto». Così il presidente dell'Associazione Insigniti del Militare Valenziano Ordine dei Cavalieri del Cid, Ruggiero Piazzolla.

«La lapide, che potete ammirare sulla destra dell'ingresso principale del Santuario, raffigura due fulgidi esempi di generosità e altruismo, tenacia, resistenza e resilienza alle rappresaglie perpetrate ai martiri dei campi di concentramento e a tutte le vittime di persecuzioni cristiane e, in generale, dei regimi despotici.

Pertanto, possiamo elevare queste due eroine a simbolo di virtù, di obiezione e disapprovazione a ogni forma di sopruso e angheria umana, in aderenza a quei sani e profondi valori cristiani che la nostra Associazione incarna, professa e promuove da oltre 30 anni, operando attivamente nel tessuto religioso, sociale e culturale della nostra città, attraverso lodevoli iniziative culturali e la valorizzazione di quell'inestimabile patrimonio di cui la stessa si dota. Edith Stein, bella e promettente fanciulla ebrea, divenuta suora carmelitana con il nome di Teresa Benedetta della Croce, è salita agli onori della ribalta dopo che il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II l'ha proclamata Santa e successivamente, con Santa Caterina da Siena e Santa Brigida di Svevia, compatrona d'Europa.

Nota al grande pubblico è anche la vicenda di S.A.R. Mafalda di Savoia, andata sposa al Principe d'Assia in Bulgaria, quando ci fu l'occupazione nazista, fu fatta prigioniera e deportata nei campi di concentramento; come regina avrebbe potuto uscirne indenne, se solo avesse collaborato con i suoi aguzzini, invece con encomiabile e impagabile dignità, preferì gli stenti e la morte pur di non tradire il popolo e i propri principi ispiratori della propria esistenza.
Due donne diverse per cultura, estrazione e formazione, ma accomunate dagli stessi ideali e valori.

Questa lapide costituisce un vero documento di denuncia e di speranza, denuncia per le nefandezze e i crimini di cui l'uomo continua a rendersi artefice, ma nel contempo è anche simbolo di speranza, perché rappresenta un veicolo di pace e fratellanza, specie in un contesto geopolitico martoriato da eventi bellici che dilaniano la pace e la libertà dei popoli, vittime dell'ingordigia e della follia umana di governanti senza scrupoli»
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