«Un barlettano strappò la fede nuziale al nazista ucciso»
Maria Peschechera, testimone dell’occupazione nazista a Barletta
sabato 12 settembre 2015
9.43
Maria Peschechera aveva 8 anni, l'11 settembre 1943, quando, a ridosso dell'armistizio, i nazisti divennero occupanti dell'Italia. A quel tempo, Maria viveva nei pressi di via Ofanto, dove si trovava la 132esima batteria costiera, una postazione armata italiana. Truppe naziste arrivarono a Barletta il 12 settembre 1943, mettendo in atto la strage dei vigili urbani e netturbini, testimoniata da Giuseppe Turi. In quei giorni, ci furono altre vittime a Barletta: 22 civili uccisi e 42 feriti, 37 militari uccisi in combattimento. In occasione del 72 anniversario della strage, con Ruggiero Graziano (presidente ANMIG- Barletta), incontro la signora Peschechera.
Sig.ra Peschechera, dove vivevate nel 1943?
«Vivevamo in un caseggiato accanto il macello (su via Ofanto, dove oggi si trova la scuola "G. Modugno"-nda). Mio padre aveva alcune mucche, e vendeva latte appena munto, io lo aiutavo a venderlo».
L'11 settembre, una moto side-car, con quattro soldati tedeschi a bordo, diretti ad Altamura - via Barletta/Andria - entra in città, dopo avere forzato un posto di blocco italiano sul Ponte Ofanto. I soldati tedeschi sono feriti.
Sig.ra Peschechera, cosa vide l'11 settembre 1943?
«Era pomeriggio, stavo giocando con le mie amichette. Ad un tratto vediamo arrivare, proveniente da via del Gelso, una moto side-car, con 4 soldati tedeschi a bordo, che si avvicina alla batteria costiera. Uno dei soldati tedeschi (H. Bondecchio-nda) smonta dalla moto. Sento degli spari e vedo il tedesco cadere a terra. Gli altri tedeschi fuggono a bordo della moto. Dalla batteria costiera erano partiti dei colpi, che avevano colpito a morte il soldato tedesco, ferendo l'altro commilitone».
Dopo questa sparatoria, cosa vide?
«Il cadavere del tedesco ucciso rimase abbandonato per due giorni, fino a quando un paio di cittadini barlettani si avvicinarono al cadavere. Uno di loro – un netturbino - tagliò il dito anulare al nazista ucciso, per strappargli la fede nuziale, l'altro cittadino barlettano sfilò gli stivali al cadavere. In seguito, ospitammo a casa nostra due militari italiani allo sbando, fornendo loro abiti civili e aiuto». (Il cadavere del tedesco ucciso fu rimosso due giorni dopo da don Giuseppe D'Amato, coadiuvato da soldati della Sanità, e seppellito presso il cimitero di Barletta - nda).
La fuga dei soldati tedeschi sopravvissuti e la rappresaglia
Intanto, la moto side-car, con i tre soldati tedeschi sopravvissuti, percorre via Regina Margherita, giunge su via Roma, è intercettata e tamponata da un mezzo militare con a bordo alcuni soldati italiani. I soldati italiani sparano, uccidendo il soldato tedesco Hans Broser, all'altezza di via Pier delle Vigne n. 54. L'altro soldato tedesco, Albino Karl, sebbene ferito, fugge a piedi, lungo via Pier delle Vigne. Albino cerca rifugio nella macelleria Basile (Piazza Roma n.26), ma viene crivellato da colpi di pistola da Antonio Bonacaro.
Il soldato tedesco, agonizzante, è trascinato in strada, dove i cittadini infieriscono su di lui, con calci e sputi. In seguito, il militare verrà trasportato all'ospedale civile territoriale, dove morirà. Intanto, l'altro tedesco sopravvissuto, è imprigionato nel castello di Barletta, dove si trovava la guarnigione dell'esercito italiano. Il 12 settembre - provenienti da Foggia - arrivano un migliaio di soldati tedeschi, con carri armati e aerei, che bombardano Barletta e liberano il prigioniero tedesco con altri 70 commilitoni. I soldati italiani presenti nel castello vengono deportati in un campo di prigionia, allestito nel bosco di Incoronata. Il colonnello Francesco Grasso, a capo della guarnigione italiana, viene torturato per estorcergli informazioni e inviato in un campo di prigionia in Germania.
Il 12 settembre, ci fu la rappresaglia dei nazisti contro i vigili urbani e gli spazzini barlettani. Il 25 settembre 1943, le truppe naziste abbandonano Barletta. La signora Maria Peschechera, all'età di 23 anni, sposò Ruggiero Rinaldi, da cui ebbe 5 figli: Michele, Enzo, Francesco, Giuseppe, Concetta.
A seguire, pubblichiamo gli elenchi dei civili barlettani uccisi e feriti, dei militari uccisi e dei tedeschi uccisi a Barletta dall'11 settembre al 25 settembre 1943
Sig.ra Peschechera, dove vivevate nel 1943?
«Vivevamo in un caseggiato accanto il macello (su via Ofanto, dove oggi si trova la scuola "G. Modugno"-nda). Mio padre aveva alcune mucche, e vendeva latte appena munto, io lo aiutavo a venderlo».
L'11 settembre, una moto side-car, con quattro soldati tedeschi a bordo, diretti ad Altamura - via Barletta/Andria - entra in città, dopo avere forzato un posto di blocco italiano sul Ponte Ofanto. I soldati tedeschi sono feriti.
Sig.ra Peschechera, cosa vide l'11 settembre 1943?
«Era pomeriggio, stavo giocando con le mie amichette. Ad un tratto vediamo arrivare, proveniente da via del Gelso, una moto side-car, con 4 soldati tedeschi a bordo, che si avvicina alla batteria costiera. Uno dei soldati tedeschi (H. Bondecchio-nda) smonta dalla moto. Sento degli spari e vedo il tedesco cadere a terra. Gli altri tedeschi fuggono a bordo della moto. Dalla batteria costiera erano partiti dei colpi, che avevano colpito a morte il soldato tedesco, ferendo l'altro commilitone».
Dopo questa sparatoria, cosa vide?
«Il cadavere del tedesco ucciso rimase abbandonato per due giorni, fino a quando un paio di cittadini barlettani si avvicinarono al cadavere. Uno di loro – un netturbino - tagliò il dito anulare al nazista ucciso, per strappargli la fede nuziale, l'altro cittadino barlettano sfilò gli stivali al cadavere. In seguito, ospitammo a casa nostra due militari italiani allo sbando, fornendo loro abiti civili e aiuto». (Il cadavere del tedesco ucciso fu rimosso due giorni dopo da don Giuseppe D'Amato, coadiuvato da soldati della Sanità, e seppellito presso il cimitero di Barletta - nda).
La fuga dei soldati tedeschi sopravvissuti e la rappresaglia
Intanto, la moto side-car, con i tre soldati tedeschi sopravvissuti, percorre via Regina Margherita, giunge su via Roma, è intercettata e tamponata da un mezzo militare con a bordo alcuni soldati italiani. I soldati italiani sparano, uccidendo il soldato tedesco Hans Broser, all'altezza di via Pier delle Vigne n. 54. L'altro soldato tedesco, Albino Karl, sebbene ferito, fugge a piedi, lungo via Pier delle Vigne. Albino cerca rifugio nella macelleria Basile (Piazza Roma n.26), ma viene crivellato da colpi di pistola da Antonio Bonacaro.
Il soldato tedesco, agonizzante, è trascinato in strada, dove i cittadini infieriscono su di lui, con calci e sputi. In seguito, il militare verrà trasportato all'ospedale civile territoriale, dove morirà. Intanto, l'altro tedesco sopravvissuto, è imprigionato nel castello di Barletta, dove si trovava la guarnigione dell'esercito italiano. Il 12 settembre - provenienti da Foggia - arrivano un migliaio di soldati tedeschi, con carri armati e aerei, che bombardano Barletta e liberano il prigioniero tedesco con altri 70 commilitoni. I soldati italiani presenti nel castello vengono deportati in un campo di prigionia, allestito nel bosco di Incoronata. Il colonnello Francesco Grasso, a capo della guarnigione italiana, viene torturato per estorcergli informazioni e inviato in un campo di prigionia in Germania.
Il 12 settembre, ci fu la rappresaglia dei nazisti contro i vigili urbani e gli spazzini barlettani. Il 25 settembre 1943, le truppe naziste abbandonano Barletta. La signora Maria Peschechera, all'età di 23 anni, sposò Ruggiero Rinaldi, da cui ebbe 5 figli: Michele, Enzo, Francesco, Giuseppe, Concetta.
A seguire, pubblichiamo gli elenchi dei civili barlettani uccisi e feriti, dei militari uccisi e dei tedeschi uccisi a Barletta dall'11 settembre al 25 settembre 1943
Si ringrazia per la collaborazione Ruggiero Graziano, presidente dell'ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati Invalidi di Guerra) - sezione Barletta (via Capua, 28).
Da quanto ha rilevato lo storico Carlo Gentile e Gerard Schreiber, i reparti presenti a Barletta nei giorni dei combattimenti e della strage erano i seguenti: 1. Aliquote di reparti appartenenti al Fallschirmjäger-Regiment 1; 2. II./Fallschirmjäger-Regiment 1, cioè il II battaglione paracadutisti, del 1° reggimento paracadutisti (Fallschirmjäger-Regiment 1), della 1a divisione paracadutisti (1. Fallschirmjäger-Division) 3. Reparti del Fallschirm-Panzerjäger-Abteilung 1. (reparto controcarro (88mm) FJ) Questi reparti facevano parte di una "kampfgruppe" (gruppo da combattimento) agli ordini dell'allora maggiore Kurt Gröschke. (con la dieresi sulla o), comandante del II battaglione. Il Fallschirm-Panzerjäger-Abteilung 1 era il gruppo o battaglione controcarro (non un reggimento) della divisione dotato sia di pezzi di artiglieria, sia di semoventi del tipo "Marder", almeno due dei quali furono distrutti dal fuoco italiano. E' probabile, ma non certo, che il famoso pezzo da 88 mm. che si vede in alcune foto appartenesse invece al Flak-Abteilung 851, unità della Luftwaffe, presente in Puglia in quel periodo. Nel febbraio 1944, il comandante del Fallschirmjäger-Regiment 1 era il colonnello Karl Lothar Schulz, del I battaglione il maggiore von der Schulenburg (altro criminale di guerra), del II battaglione il maggiore Gröschke, del III battaglione il maggiore Becker. (Cfr. Rudolf Böhmler, Monte Cassino).
Da quanto ha rilevato lo storico Carlo Gentile e Gerard Schreiber, i reparti presenti a Barletta nei giorni dei combattimenti e della strage erano i seguenti: 1. Aliquote di reparti appartenenti al Fallschirmjäger-Regiment 1; 2. II./Fallschirmjäger-Regiment 1, cioè il II battaglione paracadutisti, del 1° reggimento paracadutisti (Fallschirmjäger-Regiment 1), della 1a divisione paracadutisti (1. Fallschirmjäger-Division) 3. Reparti del Fallschirm-Panzerjäger-Abteilung 1. (reparto controcarro (88mm) FJ) Questi reparti facevano parte di una "kampfgruppe" (gruppo da combattimento) agli ordini dell'allora maggiore Kurt Gröschke. (con la dieresi sulla o), comandante del II battaglione. Il Fallschirm-Panzerjäger-Abteilung 1 era il gruppo o battaglione controcarro (non un reggimento) della divisione dotato sia di pezzi di artiglieria, sia di semoventi del tipo "Marder", almeno due dei quali furono distrutti dal fuoco italiano. E' probabile, ma non certo, che il famoso pezzo da 88 mm. che si vede in alcune foto appartenesse invece al Flak-Abteilung 851, unità della Luftwaffe, presente in Puglia in quel periodo. Nel febbraio 1944, il comandante del Fallschirmjäger-Regiment 1 era il colonnello Karl Lothar Schulz, del I battaglione il maggiore von der Schulenburg (altro criminale di guerra), del II battaglione il maggiore Gröschke, del III battaglione il maggiore Becker. (Cfr. Rudolf Böhmler, Monte Cassino).