Un barlettano alla guida del bus che ha salvato dalla guerra 43 profughi ucraini
La missione umanitaria è partita da Molfetta
sabato 12 marzo 2022
17.28
Da Molfetta a Leopoli per portare aiuti e condurre in Italia gli ucraini devastati dalla guerra in corso. Il pullman umanitario organizzato dal Sermolfetta e da don Gino Samarelli, è arrivato ieri a Molfetta. Tra gli autisti che si sono dati il cambio durante il lungo viaggio, c'è anche il barlettano Massimo Greco che con il suo lavoro ha contribuito a portare in salvo dalle bombe 45 persone, tra cui un neonato, e 3 cagnolini. I volontari hanno iniziato il viaggio di ritorno giovedì e sono arrivati a Molfetta ieri pomeriggio.
A Leopoli, città ucraina non ancora devastata dagli attacchi russi, i volontari hanno portato medicinali e generi di prima necessità. Ma l'obiettivo era soprattutto portare in Italia le persone minacciate dalla guerra che adesso saranno ospitate negli ex Sprar del territorio, le strutture del Sistema di Accoglienza e Integrazione (Sai). Di seguito, alcune delle testimonianze raccolte di colleghi della redazione di MolfettaViva.
«La prima cosa che ci hanno chiesto è stata proteggersi dal freddo», le parole di Anastasia, l'infermiera di origine bielorussa partita con don Gino. «Li abbiamo subito accolti nel pullman - ha aggiunto - erano molto infreddoliti e affamati, quindi li abbiamo riscaldati, sfamati e fatti riposare perché erano molto stanchi. Don Gino ha avuto molto coraggio perché in questa terra non si sa cosa può accadere. Siamo andati di persona alla frontiera ad accogliere queste persone ed era molto pericoloso, non sapevamo nemmeno noi cosa aspettarci», ha detto Anastasia.
La guerra coglie impreparati anche quando è nell'aria. La guerra miete vittime, perseguita le persone più fragili e distrugge tutto. «Non sappiamo dove andremo, ma lì eravamo paralizzati», racconta una donna arrivata a Molfetta. «Per sette giorni non siamo usciti - spiega - A Kiev vivevamo con l'ansia e la paura, non sapevamo cosa fare».
Fino ad ora sono stati più di 2 milioni gli ucraini che hanno lasciato il Paese. La maggior parte di loro raggiunge la Polonia e gli stati al confine come la Romania, l'Ungheria e la Moldavia. Gli altri proseguono verso l'Europa occidentale. Qualcuno si ricongiunge ad amici e familiari che vivono all'estero. Qualcun altro, invece, viene portato in salvo da chi, come don Gino, macina chilometri di strada e raggiunge il confine per salvare chi fino a pochi giorni fa conduceva una vita normale e che oggi passa le giornate a nascondersi nei rifugi.
Secondo le stime del Ministero dell'Interno, sono 31.287 le persone giunte in Italia in queste prime due settimane di conflitto. Quasi 16mila di loro sono donne, molte con figli a carico (12.676 minori arrivati). Gli uomini arrivati nel nostro Paese, invece, sono solo 2.781 perché chi ha tra i 18 e i 60 anni non può lasciare il Paese. «Mi sono rilassata solo quando ho visto il vostro mare», le parole di una delle persone condotte a Molfetta da don Gino.
A Leopoli, città ucraina non ancora devastata dagli attacchi russi, i volontari hanno portato medicinali e generi di prima necessità. Ma l'obiettivo era soprattutto portare in Italia le persone minacciate dalla guerra che adesso saranno ospitate negli ex Sprar del territorio, le strutture del Sistema di Accoglienza e Integrazione (Sai). Di seguito, alcune delle testimonianze raccolte di colleghi della redazione di MolfettaViva.
«La prima cosa che ci hanno chiesto è stata proteggersi dal freddo», le parole di Anastasia, l'infermiera di origine bielorussa partita con don Gino. «Li abbiamo subito accolti nel pullman - ha aggiunto - erano molto infreddoliti e affamati, quindi li abbiamo riscaldati, sfamati e fatti riposare perché erano molto stanchi. Don Gino ha avuto molto coraggio perché in questa terra non si sa cosa può accadere. Siamo andati di persona alla frontiera ad accogliere queste persone ed era molto pericoloso, non sapevamo nemmeno noi cosa aspettarci», ha detto Anastasia.
La guerra coglie impreparati anche quando è nell'aria. La guerra miete vittime, perseguita le persone più fragili e distrugge tutto. «Non sappiamo dove andremo, ma lì eravamo paralizzati», racconta una donna arrivata a Molfetta. «Per sette giorni non siamo usciti - spiega - A Kiev vivevamo con l'ansia e la paura, non sapevamo cosa fare».
Fino ad ora sono stati più di 2 milioni gli ucraini che hanno lasciato il Paese. La maggior parte di loro raggiunge la Polonia e gli stati al confine come la Romania, l'Ungheria e la Moldavia. Gli altri proseguono verso l'Europa occidentale. Qualcuno si ricongiunge ad amici e familiari che vivono all'estero. Qualcun altro, invece, viene portato in salvo da chi, come don Gino, macina chilometri di strada e raggiunge il confine per salvare chi fino a pochi giorni fa conduceva una vita normale e che oggi passa le giornate a nascondersi nei rifugi.
Secondo le stime del Ministero dell'Interno, sono 31.287 le persone giunte in Italia in queste prime due settimane di conflitto. Quasi 16mila di loro sono donne, molte con figli a carico (12.676 minori arrivati). Gli uomini arrivati nel nostro Paese, invece, sono solo 2.781 perché chi ha tra i 18 e i 60 anni non può lasciare il Paese. «Mi sono rilassata solo quando ho visto il vostro mare», le parole di una delle persone condotte a Molfetta da don Gino.