«Trovo l'energia da Dio, e da qualche buona tazza di caffè»
"Cucire la speranza", la missione di Suor Rosemary Nyirumbe, eroina di umiltài
lunedì 30 gennaio 2017
È tra le cento personalità più influenti al mondo ma dall'umiltà che traspare dalle sue parole si direbbe si tratti di una suora comune. Invece no, suor Rosemary è molto di più, è un'eroina dei nostri giorni che dedica la sua vita a dar voce e dignità alle ragazze, a cui la dignità è stata strappata da abusi e violenze di ogni sorta.
«È la più grande assemblea che sono riuscita a riunire in Italia e sono commossa di avere un'adunanza così giovane». Con la semplicità di questa parole si è presentata - nel pomeriggio di sabato presso la parrocchia SS. Crocifisso - alla stampa e a tutti quei ragazzi, accorsi per ascoltare la viva testimonianza della dura realtà in Uganda e Sudan. Eppure lei, di riconoscimenti per l'enorme lavoro che svolge dagli anni ottanta, ne ha ricevuti molti, confrontandosi con le più alte cariche e a breve sarà al Congresso in America. Ma si dice essere sempre la stessa, «bassa come sempre e con lo stesso abito che pian piano si sta scolorendo» e quasi arrossisce al sol paragone con Madre Teresa di Calcutta.
A colpire però, è la forza e l'energia di una suora che ha fatto della lotta al recupero della dignità femminile in Uganda una missione. Con le tante giovani suore lontane dal clamore mediatico lavora al suo fianco portando avanti la sua battaglia. Vite troppo giovani che meritavano di rinascere: questa la metafora delle borse realizzate dalle sue ragazze con materiali di scarto tornati a nuova vita, proprio come loro, che la vita ha buttato via e che suor Rosemary cerca di rendere bellissime.
«Dovevo far qualcosa, non potevo stare a guardare. Per questo sono partita, per difendere quelle ragazze da chi le schiavizza. A volte ho dato loro l'abito da suore per nasconderle e portarle via dall'incubo. Lì, ci sono bambini rapiti a cui non di rado viene chiesto di uccidere i propri familiari, dovevo fare qualcosa». Chi non ha voce, ha bisogno di qualcuno come suor Rosemary che con coraggio rischia ogni giorno la propria vita. Quando è in una situazione di pericolo - ha raccontato - parla velocemente quasi a divenire preghiera.
Un giorno ha incontrato un ribelle nascosto in cucina in cerca di medicine. Lei le ha prontamente offerte al giovane spiegandogli come usarle. Il ribelle commosso ha recuperato tutti i proiettili disseminati nella cucina, a dimostrazione che il bene genera bene anche da chi è apparentemente un nemico. A lei bastano un sorriso e l'ammirazione di quelle tante vite salvate, e a chi le ha chiesto dove trovasse l'energia ha risposto con naturalezza: «Da Dio certamente ma devo ammettere che qualche buona tazza di caffè non guasta».
A chi poi le ha chiesto quale fosse il suo sogno ha risposto: «Il mio più grande sogno è avere la capacità di andare avanti e quando i ritrovo dinanzi alle più alte cariche faccio sempre la stessa domanda: vuoi aiutarmi? Allora vieni con me!». In merito a Trump e alla costruzione del muro in Messico ha aggiunto: «Trump certamente non sta lavorando da solo e se anche la costruzione del muro continuasse egli non vivrà per sempre. C'è bisogno di speranza e futuro in questo mondo».
«È la più grande assemblea che sono riuscita a riunire in Italia e sono commossa di avere un'adunanza così giovane». Con la semplicità di questa parole si è presentata - nel pomeriggio di sabato presso la parrocchia SS. Crocifisso - alla stampa e a tutti quei ragazzi, accorsi per ascoltare la viva testimonianza della dura realtà in Uganda e Sudan. Eppure lei, di riconoscimenti per l'enorme lavoro che svolge dagli anni ottanta, ne ha ricevuti molti, confrontandosi con le più alte cariche e a breve sarà al Congresso in America. Ma si dice essere sempre la stessa, «bassa come sempre e con lo stesso abito che pian piano si sta scolorendo» e quasi arrossisce al sol paragone con Madre Teresa di Calcutta.
A colpire però, è la forza e l'energia di una suora che ha fatto della lotta al recupero della dignità femminile in Uganda una missione. Con le tante giovani suore lontane dal clamore mediatico lavora al suo fianco portando avanti la sua battaglia. Vite troppo giovani che meritavano di rinascere: questa la metafora delle borse realizzate dalle sue ragazze con materiali di scarto tornati a nuova vita, proprio come loro, che la vita ha buttato via e che suor Rosemary cerca di rendere bellissime.
«Dovevo far qualcosa, non potevo stare a guardare. Per questo sono partita, per difendere quelle ragazze da chi le schiavizza. A volte ho dato loro l'abito da suore per nasconderle e portarle via dall'incubo. Lì, ci sono bambini rapiti a cui non di rado viene chiesto di uccidere i propri familiari, dovevo fare qualcosa». Chi non ha voce, ha bisogno di qualcuno come suor Rosemary che con coraggio rischia ogni giorno la propria vita. Quando è in una situazione di pericolo - ha raccontato - parla velocemente quasi a divenire preghiera.
Un giorno ha incontrato un ribelle nascosto in cucina in cerca di medicine. Lei le ha prontamente offerte al giovane spiegandogli come usarle. Il ribelle commosso ha recuperato tutti i proiettili disseminati nella cucina, a dimostrazione che il bene genera bene anche da chi è apparentemente un nemico. A lei bastano un sorriso e l'ammirazione di quelle tante vite salvate, e a chi le ha chiesto dove trovasse l'energia ha risposto con naturalezza: «Da Dio certamente ma devo ammettere che qualche buona tazza di caffè non guasta».
A chi poi le ha chiesto quale fosse il suo sogno ha risposto: «Il mio più grande sogno è avere la capacità di andare avanti e quando i ritrovo dinanzi alle più alte cariche faccio sempre la stessa domanda: vuoi aiutarmi? Allora vieni con me!». In merito a Trump e alla costruzione del muro in Messico ha aggiunto: «Trump certamente non sta lavorando da solo e se anche la costruzione del muro continuasse egli non vivrà per sempre. C'è bisogno di speranza e futuro in questo mondo».