Triangle, le vittime del lavoro sul filo della memoria
Ieri a Barletta la prima nazionale del docu-film di Costanza Quatriglio
venerdì 13 febbraio 2015
0.52
Al nono piano di un grattacielo di New York oltre mille macchine da cucire vibrano rumorosamente, imbevute dalla fatica delle prime operaie, pioniere di una rivoluzione culturale e sociale che finisce nella tragedia, tra le fiamme di un incendio in cui perdono la vita 150 lavoratrici. 1911-2011: a un secolo di distanza, in un minuscola palazzina nel centro storico di Barletta lo stesso rumore copre le vibrazioni che, nel giro di pochi minuti, inghiottiscono sotto polvere e macerie cinque donne, vittime di una prevedibile disgrazia. Dall'incendio di una fabbrica di New York denominata Triangle Weist Company al crollo di via Roma viene teso un lunghissimo filo sull'arcolaio invisibile della memoria e dei diritti negati, e in quell'intersezione nasce il docu-film di Costanza Quatriglio, intitolato appunto "Triangle", proiettato ieri in prima nazionale al Cinema Opera proprio nella città di Barletta, ambientazione e oggetto della rappresentazione filmica. Lo skyline industriale della capitale statunitense a inizio secolo si mescola alla vita quotidiana dei mercati e delle piccole industrie tessili di Barletta: sono lunghi fili di cotone argenteo che rammendano i frammenti di queste storie lontane, eppure così simili, in un caleidoscopio di immagini di archivio e testimonianze, tra cui quella della sopravvissuta Mariella Fasanella.
«Abbiamo il dovere di misurarci con questa realtà complessa» ha commentato a caldo, subito al termine della proiezione, il sindaco Pasquale Cascella, che aveva già avuto modo di porgere il suo apprezzamento alla regista in occasione del riconoscimento per il Premio Cipputi 2014, vinto al Festival di Torino per il miglior film sul mondo del lavoro. «Questa città può guardarsi allo specchio, vedendo attraverso gli occhi degli altri, e in questo caso attraverso quelli di Costanza, che ci richiama a riflessioni anche piuttosto tormentate».
«Il film pone una questione che va al di là del pensiero corto sui diritti – ha spiegato la regista Costanza Quatriglio, che avevamo intervistato alla presentazione nel dicembre 2012 a Bari - Si tratta di un racconto che ci mette profondamente in discussione su queste questioni così importanti. Abbiamo di fronte persone che vivono una condizione di mancanza di diritti talmente interiorizzata che sembra non appartenere a questo mondo». Per spiegare l'origine dell'idea alla base del film la Quatriglio ha raccontato: «Nell'aprile 2012 ho avuto modo di visionare i materiali fotografici sull'incendio alla Triangle, con l'aspettativa di realizzarne un film. Ho avuto un momento di rigetto, quasi fisico, e mentre vivevo questo strano senso di repulsione, mi sono ritornati alla mente i fatti di cronaca della palazzina crollata a Barletta. Li ho messi insieme, per provare a raccontare cosa succede oggi». Ha poi continuato: «Cosa volevo dimostrare? È stato fondamentale conoscere Barletta e tutte le persone che mi hanno aiutato e a cui dedico questo film. Nel 2012, quando sono arrivata qui, ho trovato una città divisa, distrutta, con una ferita lancinante aperta» e nel discorso la regista ha fatto riferimento a quella tensione ancora viva legata alle responsabilità dietro il crollo, alla richiesta di giustizia e di tranquillità dei familiari delle vittime, e anche di chi a quella tragedia è sopravvissuto, portando nella memoria una sofferenza atavica e un disagio ancora non sanato. Ma Costanza Quatriglio ha tenuto a specificare, a insistere: «Non è una questione di lavoro nero». Perché arrivando a Barletta aveva vissuto la distanza di tanti che temevano ancora una volta l'ingiusto accostamento tra la tragedia del crollo e il lavoro nero. La volontà della regista era parlare di diritti, e per farlo ha scelto la tematica forte ed emblematica del lavoro femminile, in una storia che accomuna Barletta e New York in tutta la loro differenza, passando oltre un secolo di storia. Infine ha spiegato che il titolo, Triangle, non è solo il nome della fabbrica statunitense, ma richiama l'omonima forma geometrica: «E' il racconto del crollo della civiltà del lavoro. In quei filmati New York si ergeva altissima, magnificente, con una fabbrica che impone una metrica del lavoro basata sulla velocità. In mezzo c'è un secolo in ascesa, poi di nuovo la discesa, come la forma del triangolo, col crollo che rappresenta una sorta di vuoto pneumatico».
La segretaria della Cgil Susanna Camusso ha speso parole di apprezzamento sulle tematiche emerse dal docu-film, che «ripropone uno dei grandi argomenti cancellati di questa stagione. La sopravvissuta di New York del 1911 e la sopravvissuta di Barletta del 2011 raccontano allo stesso modo che il lavoro era stare con altre persone. È un straordinario fatto di libertà. Questo film ridefisce cosa è il lavoro. Ormai si discute dell'argomento solo nei termini di profitto, di un lavoro che deve costare di meno. Ci si è dimenticati che il lavoro è fatica, sacrificio, talento, innovazione che porta ogni singola lavoratrice e lavoratore».
Oltre ai doverosi interventi avvenuti in sala, nella conferenza a cui erano presenti anche la senatrice Valeria Fedeli e l'assessore regionale alle politiche per il lavoro Leo Caroli, si è aggiunto anche il commento del presidente di Rai Cinema Nicola Claudio, che in concomitanza con la prima nazionale del film a Barletta ha dichiarato: «Per Rai Cinema, che ha coprodotto il film documentario, è la conferma di una doverosa attenzione che il servizio pubblico deve rivolgere a temi storici e tuttora molto attuali come la condizione del lavoro femminile. Da questo punto di vista il lavoro di Costanza Quatriglio è esemplare: viene colta l'urgenza di continuare a domandarsi quali sono ancora oggi le condizioni del lavoro femminile, quali i costi umani e sociali. Un lavoro di indagine che scava in profondità e pone accenti di riflessione di carattere civile e invita a interrogarsi a fondo sulle vicende più dolorose che colpiscono il nostro Paese».
«Abbiamo il dovere di misurarci con questa realtà complessa» ha commentato a caldo, subito al termine della proiezione, il sindaco Pasquale Cascella, che aveva già avuto modo di porgere il suo apprezzamento alla regista in occasione del riconoscimento per il Premio Cipputi 2014, vinto al Festival di Torino per il miglior film sul mondo del lavoro. «Questa città può guardarsi allo specchio, vedendo attraverso gli occhi degli altri, e in questo caso attraverso quelli di Costanza, che ci richiama a riflessioni anche piuttosto tormentate».
«Il film pone una questione che va al di là del pensiero corto sui diritti – ha spiegato la regista Costanza Quatriglio, che avevamo intervistato alla presentazione nel dicembre 2012 a Bari - Si tratta di un racconto che ci mette profondamente in discussione su queste questioni così importanti. Abbiamo di fronte persone che vivono una condizione di mancanza di diritti talmente interiorizzata che sembra non appartenere a questo mondo». Per spiegare l'origine dell'idea alla base del film la Quatriglio ha raccontato: «Nell'aprile 2012 ho avuto modo di visionare i materiali fotografici sull'incendio alla Triangle, con l'aspettativa di realizzarne un film. Ho avuto un momento di rigetto, quasi fisico, e mentre vivevo questo strano senso di repulsione, mi sono ritornati alla mente i fatti di cronaca della palazzina crollata a Barletta. Li ho messi insieme, per provare a raccontare cosa succede oggi». Ha poi continuato: «Cosa volevo dimostrare? È stato fondamentale conoscere Barletta e tutte le persone che mi hanno aiutato e a cui dedico questo film. Nel 2012, quando sono arrivata qui, ho trovato una città divisa, distrutta, con una ferita lancinante aperta» e nel discorso la regista ha fatto riferimento a quella tensione ancora viva legata alle responsabilità dietro il crollo, alla richiesta di giustizia e di tranquillità dei familiari delle vittime, e anche di chi a quella tragedia è sopravvissuto, portando nella memoria una sofferenza atavica e un disagio ancora non sanato. Ma Costanza Quatriglio ha tenuto a specificare, a insistere: «Non è una questione di lavoro nero». Perché arrivando a Barletta aveva vissuto la distanza di tanti che temevano ancora una volta l'ingiusto accostamento tra la tragedia del crollo e il lavoro nero. La volontà della regista era parlare di diritti, e per farlo ha scelto la tematica forte ed emblematica del lavoro femminile, in una storia che accomuna Barletta e New York in tutta la loro differenza, passando oltre un secolo di storia. Infine ha spiegato che il titolo, Triangle, non è solo il nome della fabbrica statunitense, ma richiama l'omonima forma geometrica: «E' il racconto del crollo della civiltà del lavoro. In quei filmati New York si ergeva altissima, magnificente, con una fabbrica che impone una metrica del lavoro basata sulla velocità. In mezzo c'è un secolo in ascesa, poi di nuovo la discesa, come la forma del triangolo, col crollo che rappresenta una sorta di vuoto pneumatico».
La segretaria della Cgil Susanna Camusso ha speso parole di apprezzamento sulle tematiche emerse dal docu-film, che «ripropone uno dei grandi argomenti cancellati di questa stagione. La sopravvissuta di New York del 1911 e la sopravvissuta di Barletta del 2011 raccontano allo stesso modo che il lavoro era stare con altre persone. È un straordinario fatto di libertà. Questo film ridefisce cosa è il lavoro. Ormai si discute dell'argomento solo nei termini di profitto, di un lavoro che deve costare di meno. Ci si è dimenticati che il lavoro è fatica, sacrificio, talento, innovazione che porta ogni singola lavoratrice e lavoratore».
Oltre ai doverosi interventi avvenuti in sala, nella conferenza a cui erano presenti anche la senatrice Valeria Fedeli e l'assessore regionale alle politiche per il lavoro Leo Caroli, si è aggiunto anche il commento del presidente di Rai Cinema Nicola Claudio, che in concomitanza con la prima nazionale del film a Barletta ha dichiarato: «Per Rai Cinema, che ha coprodotto il film documentario, è la conferma di una doverosa attenzione che il servizio pubblico deve rivolgere a temi storici e tuttora molto attuali come la condizione del lavoro femminile. Da questo punto di vista il lavoro di Costanza Quatriglio è esemplare: viene colta l'urgenza di continuare a domandarsi quali sono ancora oggi le condizioni del lavoro femminile, quali i costi umani e sociali. Un lavoro di indagine che scava in profondità e pone accenti di riflessione di carattere civile e invita a interrogarsi a fondo sulle vicende più dolorose che colpiscono il nostro Paese».