Trasporto a misura di studente tra regione e comune

Le proposte di un’assemblea che chiede diritti

mercoledì 21 maggio 2014 11.10
A cura di Floriana Doronzo
Essere titolari di un diritto, non sempre significa avere i mezzi per esercitalo; qui i mezzi presi in considerazione sono quelli pubblici, le libertà quelle private. Studio, mobilità, accesso alla conoscenza sono i punti focali attorno a cui ruota il dibattito aperto ieri, durante un'assemblea pubblica su diritti e bisogni di studenti pendolari.

Non la solita raccolta di doléances da presentare alla regione, ma proposte e soluzioni da consigliare a chi, forse, pur amministrando la cosa pubblica conosce solo il suo mezzo privato. Al centro della discussione ci sono l'alto costo del biglietto, la mancata copertura di fasce orarie e l'integrazione tariffaria tra vari tipi di treni. Link, Rete della conoscenza e Arci "C.Cafiero" di Barletta e Studenti Medi si sono uniti per dare una spiegazione a questi disagi. Ne deriva che l'adeguamento Istat dei prezzi al consumo ha toccato pesantemente il prezzo del trasporto pubblico, pur non migliorandone la qualità del servizio. Sono sempre più frequenti i, infatti, i treni in ritardo, quelli soppressi, quelli nei quali persino piove. Ma proposito di penetrabilità: perché non poter andare a Trani con un biglietto fatto per Trinitapoli? Perché non poter prendere un Intercity pur avendo l'abbonamento regionale? Forse perché ogni diritto ha il suo raggio di esercitabilità? Eppure la fascia chilometrica non viene sforata, e la cassa a cui versare è sempre la stessa. Come mai si continua a pensare all'alta velocità (TAV) senza vedere quello che succede entro i 60 Km? Perché lo studente universitario pendolare, che svolge contemporaneamente un tirocinio presso un ente pubblico o privato fuori dalla sua città, deve pagare a sue spese il trasporto su rotaie e quello in pullman?

Troppo fastidioso porsi queste domande. E allora si prova dal basso a dare soluzioni: rendere di nuovo scaricabili i salati abbonamenti mensili; considerare il reddito e non il patrimonio in sede di assegnazioni di agevolazioni; considerare lo studente come un uomo libero di circolare nel suo territorio senza alcuna integrazione, modifica o rinuncia per le scelte di trasporto; creare un consorzio di aziende operanti nel settore dei trasporti, che permetta a studenti e lavoratori di usufruire di servizi collegati (regionali, provinciali, municipali) senza alcuna discontinuità economica. La possibilità di girare, con una sola card (biglietto, tessera, magnete), le città della propria regione indistintamente tra treni e bus darebbe prova della volontà di creare un welfare state per chi si attiva e contribuisce alla ricchezza del proprio paese. D'altronde, con quale scopo nasce l'Europa? Con quello di creare una società della conoscenza capace di integrarsi nella lontananza. Quale integrazione se, a un barlettano di periferia, un biglietto urbano sul bus per raggiungere la biblioteca comunale costa 1,50€? E' questo il vero antieuropeismo.

C'è però un altro nodo politico da sciogliere: l'eventuale agevolazione fiscale dovrà seguire parametri diretti o indiretti? Dovrà essere cioè applicata indistintamente per il solo fatto di essere studenti o dovrà dipendere da una situazione reddituale dichiarata? Da questo punto se ne dirama uno più culturale: quello di continuare ad inquadrare lo studente nel frame familiare che vive, senza lasciargli uno spazio sociale autonomo, in fase di costruzione. Non sempre le scelte dei ragazzi sono supportate dai genitori, ma questo ai piani alti poco interessa. Ciò che non può non essere considerato però è che lasciare le spugne del sapere nell'aridità dell'immobilismo significa trovarle in fase di deperimento, proprio quando le altre concorrenti europee avranno già attinto e assorbito dalle migliori sorgenti.