Storie di vita allo sportello immigrati, intervista a Badr Fakhouri
Anche la CGIL si attrezza per rispondere ai bisogni degli stranieri. Tante storie passano allo sportello di via Achille Bruni
mercoledì 24 ottobre 2012
La CGIL di Barletta ha attivato già da qualche tempo, a Barletta e Bisceglie, uno sportello gratuito per immigrati, che negli ultimi tempi ha concentrato gli sforzi per aderire alla sanatoria, in scadenza il 15 ottobre, per la regolarizzazione dei lavoratori clandestini ai fini del rilascio del permesso di soggiorno. Alla sezione di Barletta, se n'è occupato Badr Fakhouri, che abbiamo incontrato per porgergli qualche domanda.
Il suo impegno appare diviso fra quello con la CGIL e lo sportello comunale: cosa cambia tra i due?
Questi due sportelli sono entrambi per l'assistenza all'immigrato, quindi fondamentalmente uguali. Però hanno due aspetti diversi: non sono conflittuali né concorrenziali. Quello comunale ha ormai dodici anni, gestito dalla onlus che rappresento, nato dalla necessità di avere un punto di riferimento sul territorio per agevolare l'accesso ai servizi alle persone straniere che giungono a Barletta. Questa esperienza è stata pionieristica sul territorio ma grazie alla disponibilità e lungimiranza del Sindaco dell'epoca, Francesco Salerno, e dell'assessore Tarantino, il progetto è andato a buon fine, presentandosi oggi come servizio completo e necessario per la città. Ci occupiamo sia d'impegni burocratici come la compilazione di domande di permesso di soggiorno, carta di soggiorno, ma anche attività di natura interculturale come corsi di formazione linguistica e corsi di formazione professionale. Cercando di colmare quelle lacune al processo d'integrazione degli immigrati sul territorio. Lo sportello immigrati della CGIL, facendo riferimento a una sigla sindacale, si occupa principalmente di assistenza legale nelle controversie lavorative, accessibilità telematica e invio di pratiche burocratiche e fiscali, essendo abilitato a comunicare con gli uffici statali competenti.
In cosa consiste la sanatoria di cui vi state occupando in particolar modo con lo sportello della CGIL?
Il Governo ha bloccato il Decreto flussi per quest'anno, ritenendo opportuno fare una sanatoria per chi era già presente sul territorio. Mossa intelligente, a mio parere. Tuttavia si tratta comunque di una soluzione parziale, che esclude molti immigrati viste le somme necessarie per regolarizzarsi in quest'occasione. Anche perché molti datori di lavoro si sono rifiutati di pagare i contributi e la somma necessaria alla regolarizzazione. L'idea poteva essere vincente ma si è ecceduto nella richiesta delle somme di denaro necessarie: mille euro, più almeno sei mesi di contributi versati, pari a circa cinquemila euro in totale, somme decisamente troppo elevate per un immigrato.
Sono molti gli immigrati che stanno richiedendo di godere della sanatoria?
Stiamo ricevendo tante richieste d'informazione, il che indica una massiccia presenza nel territorio d'immigrati che lavorano irregolarmente, ma poche sono le pratiche che portiamo a termine.
Quali sono le comunità straniere prevalenti a Barletta e quali attività svolgono principalmente?
Certamente il gruppo prevalente è quello dei cittadini rumeni, che tuttavia non sono più extracomunitari, facendo parte dell'Europa, ma spesso vengono trattati come se lo fossero. Parlando di aree geografiche e di culture, restano prevalenti gli arabi magrebini, cioè del nord Africa. Questi, insieme ai cittadini albanesi, sono principalmente impegnati in attività di ristorazione e bar. Mentre i cittadini rumeni svolgono principalmente attività nel settore agricolo e lavori socialmente molto utili, come assistenza agli anziani (colf e badanti). Senza di questi ci sarebbe una grave mancanza nel settore sociale. Inoltre le condizioni di clandestinità, ahimè molto numerose, portano a situazioni di sfruttamento ricattatorio e di vero e proprio schiavismo.
Mentre incontravamo Fakhouri, allo sportello comunale immigrati di via A. Bruni, abbiamo avuto modo d'incontrare e conoscere meglio due persone immigrate, un uomo e una donna, ora residenti a Barletta. Abbiamo potuto scambiare qualche parola con loro, approfittando della loro massima disponibilità e simpatia, in un italiano un po' stentato, ma che stanno facendo di tutto per imparare. Anche grazie allo sportello, che punta sull'insegnamento della lingua e che li aiuta in qualsiasi loro difficoltà d'integrazione. Da subito ci hanno colpito i loro sorrisi, anche po' straniti di raccontarci le loro storie. Entrambe provenienti dall'Africa nera, come dimostra il colore della loro pelle. Godono entrambi di una particolare condizione di stato giuridico in Italia: richiedenti asilo per motivi umanitari, cioè permessi concessi in alcuni casi da una Commissione internazionale. Permessi annuali e rinnovabili.
Omar arriva da Mogadiscio, capitale della Somalia. Ci racconta di aver lasciato il suo Paese per sfuggire agli orrori di una violenta guerra che vede contrapposta la popolazione, molto povera contro il potere politico e il Governo. La sua espressività è tipica di un uomo con responsabilità, essendo marito e padre di tre figli, pur avendo solo venticinque anni. "Non c'è gran lavoro da queste parti" afferma tuttavia consapevole del difficile momento di crisi economica e occupazionale, che l'Italia si trova a vivere. La moglie se la cava con lavori saltuari per qualche impresa di pulizia, in compenso i bambini sono ben inseriti in scuole pubbliche di Barletta. Omar ha viaggiato tanto prima di giungere qua, in vari paesi d'Europa, e in Italia. Chiaramente la necessità che l'ha spinto è stata la ricerca di lavoro per mantenere la famiglia che lo segue dappertutto.
Joyce, invece, arriva dal Ghana e la motivazione che l'ha spinta ad andarsene dal suo paese è da rintracciare in lotte interne tra famiglie. Anche Joyce non ha viaggiato sola: un bambino di tre anni e mezzo, ora inserito in un asilo cittadino. Per diverso tempo hanno dovuto sostare in Libia per poi raggiunger via mare, legalmente, il porto di Bari.
Le loro storie seppur diverse, hanno in comune una voglia di lavoro per badare ai loro cari, ma si avverte in loro una comprensibile nota di solitudine, dovuta a una loro probabile e comprensibile diffidenza anche nei confronti degli altri immigrati e di alcuni italiani, insistendo a mostrare una cocciuta diffidenza nei loro confronti. Conoscendo queste storie si comprende quante tipologie di vissuto ci circondano e come sia necessario integrare, comprendere e conoscere quelle che sono vite differenti, ma non estranee.
Il suo impegno appare diviso fra quello con la CGIL e lo sportello comunale: cosa cambia tra i due?
Questi due sportelli sono entrambi per l'assistenza all'immigrato, quindi fondamentalmente uguali. Però hanno due aspetti diversi: non sono conflittuali né concorrenziali. Quello comunale ha ormai dodici anni, gestito dalla onlus che rappresento, nato dalla necessità di avere un punto di riferimento sul territorio per agevolare l'accesso ai servizi alle persone straniere che giungono a Barletta. Questa esperienza è stata pionieristica sul territorio ma grazie alla disponibilità e lungimiranza del Sindaco dell'epoca, Francesco Salerno, e dell'assessore Tarantino, il progetto è andato a buon fine, presentandosi oggi come servizio completo e necessario per la città. Ci occupiamo sia d'impegni burocratici come la compilazione di domande di permesso di soggiorno, carta di soggiorno, ma anche attività di natura interculturale come corsi di formazione linguistica e corsi di formazione professionale. Cercando di colmare quelle lacune al processo d'integrazione degli immigrati sul territorio. Lo sportello immigrati della CGIL, facendo riferimento a una sigla sindacale, si occupa principalmente di assistenza legale nelle controversie lavorative, accessibilità telematica e invio di pratiche burocratiche e fiscali, essendo abilitato a comunicare con gli uffici statali competenti.
In cosa consiste la sanatoria di cui vi state occupando in particolar modo con lo sportello della CGIL?
Il Governo ha bloccato il Decreto flussi per quest'anno, ritenendo opportuno fare una sanatoria per chi era già presente sul territorio. Mossa intelligente, a mio parere. Tuttavia si tratta comunque di una soluzione parziale, che esclude molti immigrati viste le somme necessarie per regolarizzarsi in quest'occasione. Anche perché molti datori di lavoro si sono rifiutati di pagare i contributi e la somma necessaria alla regolarizzazione. L'idea poteva essere vincente ma si è ecceduto nella richiesta delle somme di denaro necessarie: mille euro, più almeno sei mesi di contributi versati, pari a circa cinquemila euro in totale, somme decisamente troppo elevate per un immigrato.
Sono molti gli immigrati che stanno richiedendo di godere della sanatoria?
Stiamo ricevendo tante richieste d'informazione, il che indica una massiccia presenza nel territorio d'immigrati che lavorano irregolarmente, ma poche sono le pratiche che portiamo a termine.
Quali sono le comunità straniere prevalenti a Barletta e quali attività svolgono principalmente?
Certamente il gruppo prevalente è quello dei cittadini rumeni, che tuttavia non sono più extracomunitari, facendo parte dell'Europa, ma spesso vengono trattati come se lo fossero. Parlando di aree geografiche e di culture, restano prevalenti gli arabi magrebini, cioè del nord Africa. Questi, insieme ai cittadini albanesi, sono principalmente impegnati in attività di ristorazione e bar. Mentre i cittadini rumeni svolgono principalmente attività nel settore agricolo e lavori socialmente molto utili, come assistenza agli anziani (colf e badanti). Senza di questi ci sarebbe una grave mancanza nel settore sociale. Inoltre le condizioni di clandestinità, ahimè molto numerose, portano a situazioni di sfruttamento ricattatorio e di vero e proprio schiavismo.
Mentre incontravamo Fakhouri, allo sportello comunale immigrati di via A. Bruni, abbiamo avuto modo d'incontrare e conoscere meglio due persone immigrate, un uomo e una donna, ora residenti a Barletta. Abbiamo potuto scambiare qualche parola con loro, approfittando della loro massima disponibilità e simpatia, in un italiano un po' stentato, ma che stanno facendo di tutto per imparare. Anche grazie allo sportello, che punta sull'insegnamento della lingua e che li aiuta in qualsiasi loro difficoltà d'integrazione. Da subito ci hanno colpito i loro sorrisi, anche po' straniti di raccontarci le loro storie. Entrambe provenienti dall'Africa nera, come dimostra il colore della loro pelle. Godono entrambi di una particolare condizione di stato giuridico in Italia: richiedenti asilo per motivi umanitari, cioè permessi concessi in alcuni casi da una Commissione internazionale. Permessi annuali e rinnovabili.
Omar arriva da Mogadiscio, capitale della Somalia. Ci racconta di aver lasciato il suo Paese per sfuggire agli orrori di una violenta guerra che vede contrapposta la popolazione, molto povera contro il potere politico e il Governo. La sua espressività è tipica di un uomo con responsabilità, essendo marito e padre di tre figli, pur avendo solo venticinque anni. "Non c'è gran lavoro da queste parti" afferma tuttavia consapevole del difficile momento di crisi economica e occupazionale, che l'Italia si trova a vivere. La moglie se la cava con lavori saltuari per qualche impresa di pulizia, in compenso i bambini sono ben inseriti in scuole pubbliche di Barletta. Omar ha viaggiato tanto prima di giungere qua, in vari paesi d'Europa, e in Italia. Chiaramente la necessità che l'ha spinto è stata la ricerca di lavoro per mantenere la famiglia che lo segue dappertutto.
Joyce, invece, arriva dal Ghana e la motivazione che l'ha spinta ad andarsene dal suo paese è da rintracciare in lotte interne tra famiglie. Anche Joyce non ha viaggiato sola: un bambino di tre anni e mezzo, ora inserito in un asilo cittadino. Per diverso tempo hanno dovuto sostare in Libia per poi raggiunger via mare, legalmente, il porto di Bari.
Le loro storie seppur diverse, hanno in comune una voglia di lavoro per badare ai loro cari, ma si avverte in loro una comprensibile nota di solitudine, dovuta a una loro probabile e comprensibile diffidenza anche nei confronti degli altri immigrati e di alcuni italiani, insistendo a mostrare una cocciuta diffidenza nei loro confronti. Conoscendo queste storie si comprende quante tipologie di vissuto ci circondano e come sia necessario integrare, comprendere e conoscere quelle che sono vite differenti, ma non estranee.