Sta per crollare il maestoso pino di Canne della Battaglia
Appello del presidente Vinella: «Facciamo un girotondo intorno all'albero». Bisogna evitare quest'ulterio scempio per l'ambiente
venerdì 19 novembre 2010
Agonia di un albero vecchio di decenni ed ucciso dalla mano di uomini senza scrupoli. Dopo l'allarme per la tutela del paesaggio e del patrimonio boschivo nell'area archeologica di Canne della Battaglia, ora è arrivato davvero il tempo di muoversi. Il grandissimo "patriarca", quel pino maestoso che chiude il viale alberato in direzione dei Sepolcreti, rischia ora davvero di cadere da un momento all'altro. Il pino ha raggiunto un'altezza considerevole e, come gli ultimi rimasti in questa zona, é ormai entrato a far parte del paesaggio in una zona divenuta purtroppo linea di confine del Parco regionale dell'Ofanto: una posizione che, a quanto risulta dalle tracce raccolte in loco, determina tuttavia ancora scarsa vigilanza da parte delle Forze dell'ordine e dunque scatena le più sfrenate fantasie da quanti attentano alla natura ed all'ambiente.
Il sistema di… moda adesso consiste nell'arrostire, letteralmente, a fuoco lento i pini bruciandoli alla base. I delinquenti vi accatastano del legname e vi danno fuoco, aiutati in questo sia dalla presenza degli aghi dei pini, pigne ed altri scarti naturali: il tutto depositato in permanenza perché nessuno provvede alla sia pur minima pulizia dei viale, ostruendo anche le cunette laterali di scolo delle acque piovane che, in caso di precipitazioni, non riescono a smaltire il surplus che ristagna e crea pericoli alla circolazione dei veicoli e dei mezzi agricoli. Ma torniamo all'azione degli sciacalli: appiccano il fuoco che prima divampa con fiammate anche abbastanza visibili ma dopo non si spegne e continua a… covare sotto la cenere, intaccando la parte del tronco a livello strada.
La lenta combustione e l'aggressione alla parte esterna della corteccia determinano l'inizio della lenta, lunghissima ma inesorabile malattia del gigante verde: nessuno all'apparenza si accorge della sua morte "in progress" tranne che rendersene conto solo a distanza di qualche tempo, quando ormai è troppo tardi per tentare una qualsiasi "cura" botanica, allorché la chioma da sempreverde diventa marrone bruciato, diradandosi ed alla fine diventando uno scheletro di albero rinsecchito e nero. In altri casi, tutti purtroppo documentati in fotografia, il tronco divorato dal fuoco a lenta combustione tende ad inclinarsi pericolosamente su se stesso, perché roso e distrutto: a questo punto, il giustiziere di turno ha ottenuto il risultato e denuncia alla competente autorità la pericolosa di quel tronco che pende sulla testa dei passanti e ne chiede il taglio. Fine della storia. La riuscita di quest'operazione pretende l'ammissione di responsabilità da parte di tutti noi verso gli alberi in generale e questi pini più degli altri in particolare.
Ogni albero nuovo piantato rappresenta l'impegno della staffetta in corso fra la generazione che ha assistito alla messa a dimora con quella successiva che lo vede crescere e quell'altra ancora dopo che lo vede alto ed orgoglioso. Una staffetta del tempo che continua e di cui l'albero testimonia l'esistenza. Quei pini di Canne della Battaglia hanno maturato dozzine e dozzine di anni per essere cresciuti come sono adesso: furono piantati da chi adesso non c'è più e ne rappresentavano l'eredità di amore verso la natura da tramandare ai posteri. Un messaggio di rispetto per l'ambiente, l'aria pura, il paesaggio: come pure un monito in termini di soldi pubblici che, come ha ricordato lo stesso Comune di Barletta nella sua recente campagna di sensibilizzazione nei giardini pubblici cittadini, comporta l'esborso di migliaia e migliaia di euro per conservare un albero adulto di quelle dimensioni. Fermiamo i vandali adesso, tutti insieme!
Organizziamo un grande girotondo intorno al grande patriarca nei prossimi giorni!
Nino Vinella, giornalista e Presidente
Il sistema di… moda adesso consiste nell'arrostire, letteralmente, a fuoco lento i pini bruciandoli alla base. I delinquenti vi accatastano del legname e vi danno fuoco, aiutati in questo sia dalla presenza degli aghi dei pini, pigne ed altri scarti naturali: il tutto depositato in permanenza perché nessuno provvede alla sia pur minima pulizia dei viale, ostruendo anche le cunette laterali di scolo delle acque piovane che, in caso di precipitazioni, non riescono a smaltire il surplus che ristagna e crea pericoli alla circolazione dei veicoli e dei mezzi agricoli. Ma torniamo all'azione degli sciacalli: appiccano il fuoco che prima divampa con fiammate anche abbastanza visibili ma dopo non si spegne e continua a… covare sotto la cenere, intaccando la parte del tronco a livello strada.
La lenta combustione e l'aggressione alla parte esterna della corteccia determinano l'inizio della lenta, lunghissima ma inesorabile malattia del gigante verde: nessuno all'apparenza si accorge della sua morte "in progress" tranne che rendersene conto solo a distanza di qualche tempo, quando ormai è troppo tardi per tentare una qualsiasi "cura" botanica, allorché la chioma da sempreverde diventa marrone bruciato, diradandosi ed alla fine diventando uno scheletro di albero rinsecchito e nero. In altri casi, tutti purtroppo documentati in fotografia, il tronco divorato dal fuoco a lenta combustione tende ad inclinarsi pericolosamente su se stesso, perché roso e distrutto: a questo punto, il giustiziere di turno ha ottenuto il risultato e denuncia alla competente autorità la pericolosa di quel tronco che pende sulla testa dei passanti e ne chiede il taglio. Fine della storia. La riuscita di quest'operazione pretende l'ammissione di responsabilità da parte di tutti noi verso gli alberi in generale e questi pini più degli altri in particolare.
Ogni albero nuovo piantato rappresenta l'impegno della staffetta in corso fra la generazione che ha assistito alla messa a dimora con quella successiva che lo vede crescere e quell'altra ancora dopo che lo vede alto ed orgoglioso. Una staffetta del tempo che continua e di cui l'albero testimonia l'esistenza. Quei pini di Canne della Battaglia hanno maturato dozzine e dozzine di anni per essere cresciuti come sono adesso: furono piantati da chi adesso non c'è più e ne rappresentavano l'eredità di amore verso la natura da tramandare ai posteri. Un messaggio di rispetto per l'ambiente, l'aria pura, il paesaggio: come pure un monito in termini di soldi pubblici che, come ha ricordato lo stesso Comune di Barletta nella sua recente campagna di sensibilizzazione nei giardini pubblici cittadini, comporta l'esborso di migliaia e migliaia di euro per conservare un albero adulto di quelle dimensioni. Fermiamo i vandali adesso, tutti insieme!
Organizziamo un grande girotondo intorno al grande patriarca nei prossimi giorni!
Nino Vinella, giornalista e Presidente