Speciale Disfida di Barletta: il mistero narrativo dell’isola di Sant’Orsola
Una piccola Atlantide in salsa barlettana fu rifugio di Ginevra di Monreale nel racconto di Massimo D'Azeglio
domenica 10 settembre 2023
Una delle cose che più affascina del romanzo "Ettore Fieramosca" è la presenza al largo del litorale barlettano di un isolotto che si vuole collocato verso Ponente, più o meno in linea d'aria con l'attuale Chiesa di San Gaetano.
L'isola di Sant'Orsola, una sorta di piccola Atlantide in salsa barlettana, nel racconto del D'Azeglio è stata il rifugio di Ginevra di Monreale, all'interno di un vecchio monastero, durante i giorni della Disfida, condotta sin lì dal Fieramosca (insieme alla naufraga Zoraide) per sfuggire ai terribili propositi di vendetta di Cesare Borgia (detto il Valentino, dal nome italianizzato di un feudo concessogli dal Re di Francia Carlo VIII).
Oltre che dalle monache del monastero ove si sono rifugiate Ginevra e Zoraide, l'isola è abitata anche da Gennaro, un ortolano che ogni giorno viaggia verso Barletta per vendere i frutti del suo orto. E sarà proprio Gennaro l'ortolano, suo malgrado e in perfetta buona fede, a mettere Don Michele, lo sgherro del Valentino sulle tracce di Ginevra.
Molto si è favoleggiato a Barletta sulla reale esistenza dell'Isola di sant'Orsola, ma al netto di alcune dicerie che si perdono nella notte dei tempi, e in particolare di una antica tradizione marinara barlettana poi andatasi perdendo col trascorrere del tempo, che sconsiglierebbe le attività di pesca nel punto dove un tempo ci sarebbe stata l'isola.
Lo stesso D'Azeglio, che qualche anno dopo si scuserà per aver inventato di sana pianta un'isola, quella di Sant'Orsola, che egli descrive come raggiungibile, oltre che naturalmente via mare, tramite un ponte lungo e stretto, non prima però di essere passati attraverso una torre merlata custodita da una trentina di soldati armati di tutto punto agli ordini di un mercenario mezzo alcolizzato tedesco: tale Martino Schwarzenbach.
La torre di Schwarzenbach, oltre che punto di accesso per il ponte che conduce a Sant'Orsola, sarà anche luogo di prigionia temporanea prima di Don Michele (finitoci dentro quando tentò di raggiungere Ginevra, prima del patto scellerato con lo stesso Schwarzenbach), e poi di Pietraccio, il terribile e selvaggio bandito di campagna che si macchierà dell'orrenda uccisione del povero podestà Letterio De Fastidiis.
Già, ma perché inventarsi di sana pianta l'esistenza di un'isola? Si disse per attirare ancor di più l'accanimento dei lettori e la diffusione del romanzo, cosa che troviamo un pò difficile in una realtà come quella dell'Italia di metà Ottocento, un coacervo di staterelli (ormai prossimi all'unificazione) con un tasso di analfabetismo del 80%.
La stessa minuziosa descrizione che D'Azeglio fa della chiesa presente sull'isola di Sant'Orsola (pianta a croce latina, cripta, vetrate colorate ecc.) e della torre merlata ove stazionano Schwarzenbach e i suoi ci fa pensare a luoghi (sicuramente non a Barletta) realmente esistiti.
In conclusione, pare ormai ampiamente accertato da numerose ricerche che a largo di Barletta non sia mai esistita alcuna isola. Tuttavia non crediamo sia un delitto per i Barlettani fantasticare ogni tanto sulla loro piccola Atlantide.
Fonti bibliografiche:
L'isola di Sant'Orsola, una sorta di piccola Atlantide in salsa barlettana, nel racconto del D'Azeglio è stata il rifugio di Ginevra di Monreale, all'interno di un vecchio monastero, durante i giorni della Disfida, condotta sin lì dal Fieramosca (insieme alla naufraga Zoraide) per sfuggire ai terribili propositi di vendetta di Cesare Borgia (detto il Valentino, dal nome italianizzato di un feudo concessogli dal Re di Francia Carlo VIII).
Oltre che dalle monache del monastero ove si sono rifugiate Ginevra e Zoraide, l'isola è abitata anche da Gennaro, un ortolano che ogni giorno viaggia verso Barletta per vendere i frutti del suo orto. E sarà proprio Gennaro l'ortolano, suo malgrado e in perfetta buona fede, a mettere Don Michele, lo sgherro del Valentino sulle tracce di Ginevra.
Molto si è favoleggiato a Barletta sulla reale esistenza dell'Isola di sant'Orsola, ma al netto di alcune dicerie che si perdono nella notte dei tempi, e in particolare di una antica tradizione marinara barlettana poi andatasi perdendo col trascorrere del tempo, che sconsiglierebbe le attività di pesca nel punto dove un tempo ci sarebbe stata l'isola.
Lo stesso D'Azeglio, che qualche anno dopo si scuserà per aver inventato di sana pianta un'isola, quella di Sant'Orsola, che egli descrive come raggiungibile, oltre che naturalmente via mare, tramite un ponte lungo e stretto, non prima però di essere passati attraverso una torre merlata custodita da una trentina di soldati armati di tutto punto agli ordini di un mercenario mezzo alcolizzato tedesco: tale Martino Schwarzenbach.
La torre di Schwarzenbach, oltre che punto di accesso per il ponte che conduce a Sant'Orsola, sarà anche luogo di prigionia temporanea prima di Don Michele (finitoci dentro quando tentò di raggiungere Ginevra, prima del patto scellerato con lo stesso Schwarzenbach), e poi di Pietraccio, il terribile e selvaggio bandito di campagna che si macchierà dell'orrenda uccisione del povero podestà Letterio De Fastidiis.
Già, ma perché inventarsi di sana pianta l'esistenza di un'isola? Si disse per attirare ancor di più l'accanimento dei lettori e la diffusione del romanzo, cosa che troviamo un pò difficile in una realtà come quella dell'Italia di metà Ottocento, un coacervo di staterelli (ormai prossimi all'unificazione) con un tasso di analfabetismo del 80%.
La stessa minuziosa descrizione che D'Azeglio fa della chiesa presente sull'isola di Sant'Orsola (pianta a croce latina, cripta, vetrate colorate ecc.) e della torre merlata ove stazionano Schwarzenbach e i suoi ci fa pensare a luoghi (sicuramente non a Barletta) realmente esistiti.
In conclusione, pare ormai ampiamente accertato da numerose ricerche che a largo di Barletta non sia mai esistita alcuna isola. Tuttavia non crediamo sia un delitto per i Barlettani fantasticare ogni tanto sulla loro piccola Atlantide.
Fonti bibliografiche:
- "Il romanzo della Disfida. Ettore Fieramosca o La disfida di Barletta di Massimo d'Azeglio in lingua corrente" di Ruggiero Doronzo (Edizioni L'Aurora Serafica)
- "Storia d'Italia. L'Italia della Controriforma (1492-1600) (Vol. 4) di Indro Montanelli, Roberto Gervaso
- Enciclopedia online www.treccani.it