Solo un dio ci può salvare? D’Alema, Minetti, la Procura di Trani e altro ancora

Considerazioni semiserie su una farsa politica. «Il PD, nel frattempo, celebra una serie interminabili di riti inutili»

lunedì 12 novembre 2012
A cura di Alessandro Porcelluzzi
"Ormai solo un dio ci può salvare". Quando il giornale tedesco Der Spiegel raccolse una intervista eccezionale di Heidegger a proposito dei suoi rapporti con il nazismo, così intitolò quel racconto. Succede di tutto a Barletta. E, in attesa di un qualche dio misericordioso (o almeno di qualche madonnina piangente) c'è chi comincia a venerare idoli pagani, santi laici, altarini domestici.

C'è chi, nei giorni immediatamente precedenti le dimissioni in blocco, saliva la Scala santa di Palazzo di città, in udienza presso il Sindaco (o molto più credibilmente presso il dirigente allo Staff). Riccardo Memeo, consigliere comunale uscente del Pdl, ospite a Telesveva, ha confermato l'esistenza della exit strategy di Maffei: una giunta di larghe intese. Il professor Maffei ha tentato insomma di imitare il professor Mario Monti. Dimenticando un piccolo particolare. Il presidente del Consiglio è indicato dal Presidente della Repubblica e riceve solo la fiducia in Parlamento. Il Sindaco invece è eletto direttamente dai cittadini e con lui la sua maggioranza. Simul stabunt, simul cadent. Il tema della giunta (piro)tecnica è stato, secondo Memeo, oggetto di una riunione della sezione locale del Pdl. E da questo nascerebbero i distinguo di alcuni consiglieri del centrodestra, Vitobello in primis, rispetto alle dimissioni.

C'è chi confonde Bari per La Mecca. Una processione è giunta in pellegrinaggio a Bari da Massimo D'Alema. La carovana era guidata da Filippo Caracciolo, ma all'appello, tra i suoi, non mancava nessuno: ex assessori, ex consiglieri. Forse pensavano di intimorire, con la propria presenza massiccia, la Volpe del Tavoliere. Ma, come la Pizia, D'Alema ha sorriso sotto i baffi e non ha emesso alcun verdetto.

Dal poco sacro al massimo del profano, più o meno nelle stesse ore. In un locale di proprietà di un ex segretario cittadino di Rifondazione comunista (a proposito di larghe intese) è ospite, tra foto e abbracci ai giovani del Pdl, Nicole Minetti. Che dichiara: "Io sindaco di Barletta? Perché no!". L'ex consigliera regionale lombarda pare sia stata invitata da un'azienda locale di abbigliamento come testimonial. Rimane lo stupore nei confronti dei giovani del centrodestra.

Ultimo luogo di pellegrinaggio la Procura di Trani. Almeno la dea della giustizia pare si sia sbendata. L'onorevole Boccia, giunto in Procura per chiedere di aprire un'indagine sulle pressioni ricevute da Maffei prima delle dimissioni in blocco, ha scoperto che un fascicolo era già stato aperto spontaneamente. Anzi due: uno sui presunti aut aut di Caracciolo e dei suoi; l'altro sull'affaire ferie dei dirigenti. Il PD, nel frattempo, celebra una serie interminabili di riti inutili. Direzione regionale, direzione provinciale, direttivo cittadino, comitati di garanzia, assemblea cittadina e chi più ne ha, più ne metta. E mentre i livelli superiori si rimpallano la responsabilità di prendere una qualunque decisione, a Barletta il segretario Chiariello si presenta dimissionario. Di fronte a una assise composta in maggioranza da suoi sostenitori. Che naturalmente respingono le decisioni e lo confermano a capo del più sgangherato dei partiti della penisola. A quel punto a dare le dimissioni è la sua vice, Caterina Spadafora. Ma, essendo Spadafora rappresentante della minoranza, le sue dimissioni non fanno alcun effetto ai dirigenti democratici. Il comitato di garanzia si riunisce, ma non convoca col giusto preavviso la riunione. Quindi nessuna decisione. Si rimanda di un'altra settimana la sentenza del processo interno al Partito democratico. Solo un dio ci può salvare?