Sesta provincia pugliese: tragifarsa di un impegno civile
Risposta all'onorevole Boccia del dottor Di Pinto. Continuano le polemiche, si invoca un referendum
mercoledì 22 settembre 2010
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di risposta all'on. Francesco BOCCIA, apparsa sul quotidiano La Gazzetta del NordBarese, dal dr. Domenico DI PINTO, dirigente del Comitato di Lotta "Barletta Provincia" del Comune di Canosa di Puglia (BT).
Giunge alla fine del periodo feriale un articolo dell'onorevole Boccia sulla Sesta Provincia.
La diagnosi è perfettamente condivisibile almeno da parte di chi, per lunghi anni, non solo si è reso promotore ma anche deriso nel lontano passato dalla sua stessa parte politica in consiglio comunale di Canosa quando ha partecipato alla costituzione e alla vita del Comprensorio del Nord Barese oltre che nel Comitato di "lotta" Barletta Provincia.
Per la verità, ho sempre poco gradito la parola "lotta" per Barletta, sia perché ritenevo legittima la secolare aspirazione di Barletta senza lottare ma scaturente da una volontà pervicace popolare contraddistintasi con un impegno dei suoi Uomini ed ai quali si aggiungevano altri solitari dei comuni limitrofi con altrettanta sincerità e convinzione.
Il grande errore è stato commesso quando per meri calcoli elettorali, all'atto delle votazioni, si è adottato il famoso "manuale Cencelli" su ipotesi di puri futuri compromessi elettorali.
Perciò dopo la istituzione della sesta Provincia pugliese per merito della volontà popolare della Città di Barletta si sono affacciati interessi logistici mediante investimenti per acquisto di terreni dove doveva sorgere la "cittadella della Provincia", promozioni politiche di rango.
Il tempo del puro impegno istituzionale si è trasformato in un gioco di "potere" politico di alcuni e che tutt'ora impera su rappresentanze elette impreparate al nuovo ruolo oggi ricoperte e pertanto incapaci di essere stimolo e collaborazione per quanti ne godono della rappresentatività.
La diagnosi dell'onorevole Boccia la ritengo serena perché parte dal suo interno e penetra all'esterno con lo spirito del "neofita" ma che aveva avvertito innanzi tempo che non si stava procedendo ad eleggere la rappresentanza qualificata per una nuova Provincia ma un accordo quadro politico che proveniva "dai silenzi ai siluri" propedeutici alla ufficialità della Provincia e subito dopo con una vergognosa spartizione facendo tenere fuori la città di Corato e rifacendo assumere il ruolo di comuni cenerentola quello di Canosa, Minervino, Spinazzola, San Ferdinando di Puglia, Trinitapoli, Margherita di Savoia, salvo "irrealizzabili" promesse ma "certezze" di poltrone.
Caro onorevole, si è vero che di questa Provincia non sappiamo che farne e che, anzi, molti di noi si sono dichiarati "pentiti" per quanto hanno fatto nel passato.
Ad una civica amministrazione di Barletta fluttuante, ad una pervicace Andria che pur di far zittire le notevoli dissonanze locali si è pagato il prezzo della sede provinciale smembrando l'istituzione in due: quella della rappresentanza istituzionale cioè la Prefettura a Barletta e quella programmatica ed operativa ad Andria.
Così d'altronde era stato deciso nelle segrete riunioni preelettorali e così si è realizzato senza invece coinvolgere le rappresentanze ad un comune denominatore di impegno più che nella forza della propria rappresentatività, in una politica di promozione sociale e culturale di tutto l'intero territorio: le sacche povere sono rimaste povere e quelle ricche si sono maggiormente arricchite.
Ma è colpa di tutti i partiti e soprattutto delle rappresentanze di sinistra che ne detenevano il potere prima delle elezioni in vari Comuni e tra questi soprattutto il Comune di Barletta.
Sono state esse, caro Onorevole, con il loro distinguo e con la lotta interna affacciatesi nei vari Comuni gestiti dalla sinistra a rendere possibile questa situazione.
Orbene, se la sua diagnosi è giusta in quanto serena e scevra da campanilismi e da difesa del proprio orto politico, è bene aprire una nuova fase che porta a realizzare la Provincia non nelle poltrone da Lei denunziate ma nei contenitori istituzionali indispensabili.
Oppure indiciamo un referendum per abolirla anche in considerazione che la politica governativa, ad eccezione del vero vincitore nazionale Bossi, è sulla via del ridimensionamento quantitativo o dell'abolizione totale delle Province.
Dott. Domenico Di Pinto
Giunge alla fine del periodo feriale un articolo dell'onorevole Boccia sulla Sesta Provincia.
La diagnosi è perfettamente condivisibile almeno da parte di chi, per lunghi anni, non solo si è reso promotore ma anche deriso nel lontano passato dalla sua stessa parte politica in consiglio comunale di Canosa quando ha partecipato alla costituzione e alla vita del Comprensorio del Nord Barese oltre che nel Comitato di "lotta" Barletta Provincia.
Per la verità, ho sempre poco gradito la parola "lotta" per Barletta, sia perché ritenevo legittima la secolare aspirazione di Barletta senza lottare ma scaturente da una volontà pervicace popolare contraddistintasi con un impegno dei suoi Uomini ed ai quali si aggiungevano altri solitari dei comuni limitrofi con altrettanta sincerità e convinzione.
Il grande errore è stato commesso quando per meri calcoli elettorali, all'atto delle votazioni, si è adottato il famoso "manuale Cencelli" su ipotesi di puri futuri compromessi elettorali.
Perciò dopo la istituzione della sesta Provincia pugliese per merito della volontà popolare della Città di Barletta si sono affacciati interessi logistici mediante investimenti per acquisto di terreni dove doveva sorgere la "cittadella della Provincia", promozioni politiche di rango.
Il tempo del puro impegno istituzionale si è trasformato in un gioco di "potere" politico di alcuni e che tutt'ora impera su rappresentanze elette impreparate al nuovo ruolo oggi ricoperte e pertanto incapaci di essere stimolo e collaborazione per quanti ne godono della rappresentatività.
La diagnosi dell'onorevole Boccia la ritengo serena perché parte dal suo interno e penetra all'esterno con lo spirito del "neofita" ma che aveva avvertito innanzi tempo che non si stava procedendo ad eleggere la rappresentanza qualificata per una nuova Provincia ma un accordo quadro politico che proveniva "dai silenzi ai siluri" propedeutici alla ufficialità della Provincia e subito dopo con una vergognosa spartizione facendo tenere fuori la città di Corato e rifacendo assumere il ruolo di comuni cenerentola quello di Canosa, Minervino, Spinazzola, San Ferdinando di Puglia, Trinitapoli, Margherita di Savoia, salvo "irrealizzabili" promesse ma "certezze" di poltrone.
Caro onorevole, si è vero che di questa Provincia non sappiamo che farne e che, anzi, molti di noi si sono dichiarati "pentiti" per quanto hanno fatto nel passato.
Ad una civica amministrazione di Barletta fluttuante, ad una pervicace Andria che pur di far zittire le notevoli dissonanze locali si è pagato il prezzo della sede provinciale smembrando l'istituzione in due: quella della rappresentanza istituzionale cioè la Prefettura a Barletta e quella programmatica ed operativa ad Andria.
Così d'altronde era stato deciso nelle segrete riunioni preelettorali e così si è realizzato senza invece coinvolgere le rappresentanze ad un comune denominatore di impegno più che nella forza della propria rappresentatività, in una politica di promozione sociale e culturale di tutto l'intero territorio: le sacche povere sono rimaste povere e quelle ricche si sono maggiormente arricchite.
Ma è colpa di tutti i partiti e soprattutto delle rappresentanze di sinistra che ne detenevano il potere prima delle elezioni in vari Comuni e tra questi soprattutto il Comune di Barletta.
Sono state esse, caro Onorevole, con il loro distinguo e con la lotta interna affacciatesi nei vari Comuni gestiti dalla sinistra a rendere possibile questa situazione.
Orbene, se la sua diagnosi è giusta in quanto serena e scevra da campanilismi e da difesa del proprio orto politico, è bene aprire una nuova fase che porta a realizzare la Provincia non nelle poltrone da Lei denunziate ma nei contenitori istituzionali indispensabili.
Oppure indiciamo un referendum per abolirla anche in considerazione che la politica governativa, ad eccezione del vero vincitore nazionale Bossi, è sulla via del ridimensionamento quantitativo o dell'abolizione totale delle Province.
Dott. Domenico Di Pinto