Sede legale: «La maggioranza scegliesse se rimanere super partes»
L'intervento del consigliere Francesco Di Feo. Tutta la maggioranza ha la responsabilità di ciò che sta accadendo
mercoledì 19 maggio 2010
Riceviamo e volentieri pubblichiamo, l'intervento del consigliere Francesco Di Feo, in originale riportato.
Presidente, assessori, consiglieri, siamo alla seconda votazione, al penultimo atto inerente questo Consiglio per addivenire all'approvazione dello statuto. All'approvazione della nostra carta costituzionale che dovrebbe sancire la definitiva consacrazione di questa Provincia. Oggi in questa aula ho sentimenti contrastanti che invadono la mia mente ed il mio cuore. Sentimenti contrastanti perché da un lato il mio animo è mesto per come si arriverà ad approvare questo Statuto, per quello che ha preceduto questa votazione e soprattutto per come i posteri giudicheranno il nostro operato. Dall'altro lato sono ottimista perché spero che approvato lo Statuto si possa cominciare veramente a lavorare per il popolo di questa VI Provincia Pugliese. Si per il popolo perché come vado dicendo da piu' mesi, richiamando il D'Azeglio: "Fatta l'Italia occorrerà fare gli Italiani" – fatta la VI ^ provincia pugliese occorrerà formare una identità comune tra la gente di questa terra di questa nuova provincia. Un compito che non sarà particolarmente difficile visto che la comunità cristiana già si riconosce come Chiesa nei territori della provincia di Barletta-Andria-Trani. Ciò che mi preoccupa maggiormente però è il fatto che quella che doveva una festa solenne, un gemellaggio tra le 10 città, un atto di prestigio ed orgoglio dei nostri cocapoluoghi sta diventando un pretesto per alzare i muri, per inimicare le genti, per gratificare una città ed umiliarne un'altra.
Il primato della politica sta avendo la meglio anche sulla storia, anche sulla legge anche sulla morte di chi ha voluto questa Provincia. L'avvicinarsi del 150° anniversario della creazione dello Stato Italiano è un evento storico che richiede attenzione: «... chi si trova a immaginare o prospettare una nuova frammentazione dello stato nazionale attraverso secessioni o separazioni o comunque concepite, coltiva un autentico salto nel buio. Le celebrazioni del 150° sono l'occasione per determinare un clima nuovo nel rapporto tra le diverse realtà del paese, nel modo in cui ciascuna guarda alle altre con l'obiettivo supremo di una rinnovata e salda unità, e siamone certi è la sola garanzia per il nostro comune futuro...». Con queste parole del Presidente della Repubblica Napolitano dobbiamo raccogliere il buon senso e tentare l'unità degli uomini e delle donne di questa terra e non alimentare lotte fratricide. Tra gli interessi contrastanti deve prevalere quello della unità: un solo popolo, una sola Italia e una sola Provincia. Alcide De Gasperi sia come membro dell'assemblea costituente, poi come capo del governo, sia anche nella veste di leader democristiano, si adoperò con tutte le sue forze per spianare la strada alla nuova costituzione.
Egli si mosse innanzitutto per eliminare gli ostacoli che a suo avviso avrebbero creato nella futura assemblea costituente forti, e forse irreparabili, contrapposizioni tra le maggiori forze politiche vanificando il difficile tentativo di riscrivere insieme, pur con la necessaria opera di mediazione, la carta di fondazione dello Stato. Scrive Andreotti: «DE GASPERI aderì all'idea di Cattani, aggiungendo che l'assemblea eletta non sarebbe riuscita a redigere la costituzione se il problema istituzionale, vivamente sentito nel paese, ne avesse turbato i lavori». Bene, Signori, questa assise deve tentare di ritrovare l'auspicata unità di intenti, ma se la forza dei numeri dovesse prevalere questo consiglio dovrà da subito agire istituzionalmente affinché decisioni così rilevanti per il futuro della nostra Provincia possano essere rimesse alla volontà del popolo e, quindi rispettata. Solo se ci fosse questa volontà, potremmo realmente cominciare a pensare che questa istituzione potrebbe intraprendere quel cammino sancito nella costituzione, quale ente intermedio più vicino al cittadino, per la soluzione dei problemi nel perseguimento del bene comune. Se così non dovesse essere, si aprirebbero scenari desolanti in quanto le iniziative di carattere giudiziario, che già si paventano, rischierebbero di arrestare ancora l'amministrazione di questo Ente che sarebbe destinato a perire. Come ho già detto nella scorsa seduta il procedimento avviato per l'approvazione di questo statuto è viziato nella forma e nella sostanza, viola la legge 148/2004 e viola il T.U.E.L. anche per le carenze endoprocedimentali. Mi auguro che questa maggioranza abbia deciso di approvare lo Statuto e solo formalmente di indicare la sede legale in base ai numeri che la costituiscono per poi rimettersi alle determinazioni del popolo. Questo potrebbe evitare azioni legali dirette a sospendere la delibera così che la macchina burocratica politico-amministrativa non venga arrestata. Se ciò, però, non dovesse essere e cioè la maggioranza non solo vuole approvare lo Statuto ma è fermamente convinta anche sulla sede legale, esponendosi al rischio di un impantanamento istituzionale, allora propongo di ritirare il punto all'ordine del giorno e di riaprire la trattativa dove l'oggetto deve avere beni che sono nella piena autonomia dell'Ente tralasciando organi afferenti allo Stato.
Questa maggioranza non ha via di uscita: deve scegliere se rimanere super partes (approvando lo Statuto solo per il funzionamento dell'Ente) dichiarando espressamente che l'indicazione della sede è solo un atto dovuto; oppure scegliere la via dello scontro istituzionale, vivamente sentito nelle città di Andria e Barletta, forte solo dei numeri perché debole per le ragioni storiche, politiche e sociali. E' inutile nascondersi dietro le figure istituzionali del Presidente Ventola e del Presidente Riserbato: tutta la maggioranza ha la responsabilità di ciò che sta accadendo perché la volontà di non decidere sulla sede legale è di rimettere tale decisione al Consiglio non è stata presa in questi giorni, ma da quando fu istituita la Commissione Speciale Statuto e Regolamento. In quella Commissione non vi era, né la maggioranza di andriesi (Fisfola), né di barlettani (Salerno-Antonucci), ma vi erano 2 biscegliesi (Valente-Evangelista), 1 di San Ferdinando di Puglia (D'Addato), 1 di Minervino (Superbo), 1 di Trinitapoli(di Feo), 1 Margherita di Savoia (Lodispoto), 1 Canosa di Puglia (Matarrese) e 2 di Trani (Riserbato-Corrado). Evidentemente qualcuno ha pensato che sarebbe stato più facile camuffarsi tra 30 consiglieri invece di 11. Certo questo non avrebbe risolto il problema alla radice, perché l'approvazione dello Statuto è una prerogativa del Consiglio Provinciale, ma non avrebbe viziato l'iter amministrativo e la decisione sarebbe stata presa prima della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale e senza condizionamento alcuno. Ritorniamo a discutere per una via unitaria, oppure - di fronte a questa sconfitta della politica - affidiamoci, e rispettiamo, alla volontà popolare. Comportiamoci da statisti e non da politici e come dice De Gasperi e guardiamo alle prossime generazioni e non alle prossime elezioni.
Presidente, assessori, consiglieri, siamo alla seconda votazione, al penultimo atto inerente questo Consiglio per addivenire all'approvazione dello statuto. All'approvazione della nostra carta costituzionale che dovrebbe sancire la definitiva consacrazione di questa Provincia. Oggi in questa aula ho sentimenti contrastanti che invadono la mia mente ed il mio cuore. Sentimenti contrastanti perché da un lato il mio animo è mesto per come si arriverà ad approvare questo Statuto, per quello che ha preceduto questa votazione e soprattutto per come i posteri giudicheranno il nostro operato. Dall'altro lato sono ottimista perché spero che approvato lo Statuto si possa cominciare veramente a lavorare per il popolo di questa VI Provincia Pugliese. Si per il popolo perché come vado dicendo da piu' mesi, richiamando il D'Azeglio: "Fatta l'Italia occorrerà fare gli Italiani" – fatta la VI ^ provincia pugliese occorrerà formare una identità comune tra la gente di questa terra di questa nuova provincia. Un compito che non sarà particolarmente difficile visto che la comunità cristiana già si riconosce come Chiesa nei territori della provincia di Barletta-Andria-Trani. Ciò che mi preoccupa maggiormente però è il fatto che quella che doveva una festa solenne, un gemellaggio tra le 10 città, un atto di prestigio ed orgoglio dei nostri cocapoluoghi sta diventando un pretesto per alzare i muri, per inimicare le genti, per gratificare una città ed umiliarne un'altra.
Il primato della politica sta avendo la meglio anche sulla storia, anche sulla legge anche sulla morte di chi ha voluto questa Provincia. L'avvicinarsi del 150° anniversario della creazione dello Stato Italiano è un evento storico che richiede attenzione: «... chi si trova a immaginare o prospettare una nuova frammentazione dello stato nazionale attraverso secessioni o separazioni o comunque concepite, coltiva un autentico salto nel buio. Le celebrazioni del 150° sono l'occasione per determinare un clima nuovo nel rapporto tra le diverse realtà del paese, nel modo in cui ciascuna guarda alle altre con l'obiettivo supremo di una rinnovata e salda unità, e siamone certi è la sola garanzia per il nostro comune futuro...». Con queste parole del Presidente della Repubblica Napolitano dobbiamo raccogliere il buon senso e tentare l'unità degli uomini e delle donne di questa terra e non alimentare lotte fratricide. Tra gli interessi contrastanti deve prevalere quello della unità: un solo popolo, una sola Italia e una sola Provincia. Alcide De Gasperi sia come membro dell'assemblea costituente, poi come capo del governo, sia anche nella veste di leader democristiano, si adoperò con tutte le sue forze per spianare la strada alla nuova costituzione.
Egli si mosse innanzitutto per eliminare gli ostacoli che a suo avviso avrebbero creato nella futura assemblea costituente forti, e forse irreparabili, contrapposizioni tra le maggiori forze politiche vanificando il difficile tentativo di riscrivere insieme, pur con la necessaria opera di mediazione, la carta di fondazione dello Stato. Scrive Andreotti: «DE GASPERI aderì all'idea di Cattani, aggiungendo che l'assemblea eletta non sarebbe riuscita a redigere la costituzione se il problema istituzionale, vivamente sentito nel paese, ne avesse turbato i lavori». Bene, Signori, questa assise deve tentare di ritrovare l'auspicata unità di intenti, ma se la forza dei numeri dovesse prevalere questo consiglio dovrà da subito agire istituzionalmente affinché decisioni così rilevanti per il futuro della nostra Provincia possano essere rimesse alla volontà del popolo e, quindi rispettata. Solo se ci fosse questa volontà, potremmo realmente cominciare a pensare che questa istituzione potrebbe intraprendere quel cammino sancito nella costituzione, quale ente intermedio più vicino al cittadino, per la soluzione dei problemi nel perseguimento del bene comune. Se così non dovesse essere, si aprirebbero scenari desolanti in quanto le iniziative di carattere giudiziario, che già si paventano, rischierebbero di arrestare ancora l'amministrazione di questo Ente che sarebbe destinato a perire. Come ho già detto nella scorsa seduta il procedimento avviato per l'approvazione di questo statuto è viziato nella forma e nella sostanza, viola la legge 148/2004 e viola il T.U.E.L. anche per le carenze endoprocedimentali. Mi auguro che questa maggioranza abbia deciso di approvare lo Statuto e solo formalmente di indicare la sede legale in base ai numeri che la costituiscono per poi rimettersi alle determinazioni del popolo. Questo potrebbe evitare azioni legali dirette a sospendere la delibera così che la macchina burocratica politico-amministrativa non venga arrestata. Se ciò, però, non dovesse essere e cioè la maggioranza non solo vuole approvare lo Statuto ma è fermamente convinta anche sulla sede legale, esponendosi al rischio di un impantanamento istituzionale, allora propongo di ritirare il punto all'ordine del giorno e di riaprire la trattativa dove l'oggetto deve avere beni che sono nella piena autonomia dell'Ente tralasciando organi afferenti allo Stato.
Questa maggioranza non ha via di uscita: deve scegliere se rimanere super partes (approvando lo Statuto solo per il funzionamento dell'Ente) dichiarando espressamente che l'indicazione della sede è solo un atto dovuto; oppure scegliere la via dello scontro istituzionale, vivamente sentito nelle città di Andria e Barletta, forte solo dei numeri perché debole per le ragioni storiche, politiche e sociali. E' inutile nascondersi dietro le figure istituzionali del Presidente Ventola e del Presidente Riserbato: tutta la maggioranza ha la responsabilità di ciò che sta accadendo perché la volontà di non decidere sulla sede legale è di rimettere tale decisione al Consiglio non è stata presa in questi giorni, ma da quando fu istituita la Commissione Speciale Statuto e Regolamento. In quella Commissione non vi era, né la maggioranza di andriesi (Fisfola), né di barlettani (Salerno-Antonucci), ma vi erano 2 biscegliesi (Valente-Evangelista), 1 di San Ferdinando di Puglia (D'Addato), 1 di Minervino (Superbo), 1 di Trinitapoli(di Feo), 1 Margherita di Savoia (Lodispoto), 1 Canosa di Puglia (Matarrese) e 2 di Trani (Riserbato-Corrado). Evidentemente qualcuno ha pensato che sarebbe stato più facile camuffarsi tra 30 consiglieri invece di 11. Certo questo non avrebbe risolto il problema alla radice, perché l'approvazione dello Statuto è una prerogativa del Consiglio Provinciale, ma non avrebbe viziato l'iter amministrativo e la decisione sarebbe stata presa prima della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio regionale e senza condizionamento alcuno. Ritorniamo a discutere per una via unitaria, oppure - di fronte a questa sconfitta della politica - affidiamoci, e rispettiamo, alla volontà popolare. Comportiamoci da statisti e non da politici e come dice De Gasperi e guardiamo alle prossime generazioni e non alle prossime elezioni.