Scandalo calcioscommesse, l'indignazione dall'Assessora allo Sport Campese
«A ogni scandalo la stessa domanda: sarà l’ultimo?». Sotto accusa il sistema calcistico italiano
sabato 7 aprile 2012
Uno scandalo che sta facendo disamorare del calcio tanti sportivi, quello del calcio-scommesse che sta investendo la massima serie italiana, e che negli ultimi giorni ha visto tristemente ergersi agli altari delle cronache l'ex difensore del Bari Andrea Masiello, oggi in forza all'Atalanta, arrestato nella giornata di lunedì con due suoi amici e scommettitori, Giovanni Carella e Fabio Giacobbe, ritenuti complici delle combine di alcune partite disputate dal Bari nello scorso campionato di serie A. L'accusa che pende sul capo del difensore viareggino e' quella di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Una ventina gli indagati, tra loro 9 ex giocatori del Bari. Tra le partite truccate c'è anche il derby Bari-Lecce (finito 0-2) che permise ai giallorossi di centrare la salvezza proprio in casa dei biancorossi che erano già retrocessi in B. Le richieste di custodia cautelare sono state avanzate dal procuratore, Antonio Laudati, e dal sostituto Ciro Angelillis. Su questo dente dolente battono le dichiarazioni dell'Assessora allo Sport, Maria Campese, che si è espressa in merito allo scandalo del calcio- scommesse.
«A ogni scandalo la stessa domanda: sarà l'ultimo?- tuona la Campese- L'immagine della Puglia sbattuta in prima pagina come centro nevralgico del malaffare calcistico italiano, rischia di riflettersi su tutto il movimento sportivo. Ingiustamente, certo; ma come dare torto ai tanti commentatori che in questi giorni hanno inzuppato la penna nel magma dell'ennesima indagine giudiziaria della magistratura ordinaria, inchiesta che aggiunge nuovi orrori agli errori del passato portando in superficie un sistema di corruzione inquietante nella sua capacità di penetrare l'ambiente e coinvolgere giocatori, allenatori, dirigenti, tifosi. Diventa sempre più pressante la necessità di sottrarre ai falsari del calcio professionistico ogni possibile tentazione e restituire ai tifosi, quelli veri, la possibilità di godersi lo spettacolo di un agonismo sano, senza trucchi né inganni.
La Campese accusa il sistema: «Diciamolo, ogni rimedio sondato ha l'efficacia di un palliativo in questo mondo dorato dove i milioni investiti servono a dare slancio e vigore o peggio, coprire, movimenti di ben altra affaristica natura. La Bari levantina evocata sui giornali qui c'entra poco. Così come appare semplicistico e fuorviante rifarsi al Dna culturale del Tacco d'Italia per provare a capire la natura di un virus che - lo attestano le cronache - dilaga in tutta Italia, quasi un'epidemia, tra doping, arbitraggi pilotati, combine varie. La visione romantica del calcio è definitivamente tramontata, e non da oggi. Lo "sport più bello del mondo" è diventato una macchina per fare soldi. Complice il grande business dei diritti televisivi e gli introiti pubblicitari che, negli anni, hanno fortemente contribuito anche alla metamorfosi del tifoso tipo che, con l'avvento delle Pay tv, è stato trascinato dagli spalti di uno stadio al divano del salotto di casa».
E' facile, in questi frangenti, richiamare i valori dell'etica e della morale. Così come è naturale inquadrare il fenomeno nel vuoto culturale e prospettico del Paese alla luce delle molte, troppe, connivenze che abbracciano trasversalmente tutta la società. Certo è che le leggi vanno riscritte, chiamando tutti – Lega calcio, società sportive, Federazione – a un'assunzione piena di responsabilità in cui siano chiari i confini in cui pubblico e privato si incontrano e quando e dove la spettacolarizzazione del calcio ha un inizio e una fine. La gestione degli stadi, ad esempio, è un problema non più rinviabile: hanno cercato di privatizzare l'acqua volete che non si possa fare cassa cedendo (non svendendo) gli stadi? Così come è impensabile che società con bilanci milionari, abituate a fare il bello e il cattivo tempo, siano sostenute sotto varie forme, da Comuni o Province. Quei soldi, se ci sono, restino pure al calcio ma vadano dirottati alle tante società sportive che nei campetti di periferia strappano i giovani alla strada, ne curano il benessere fisico, la socializzazione, li educano al rispetto delle regole, alla lealtà, in una parola: li allenano alla vita. Ricominciamo dunque dallo sport dilettantistico e dallo sport per tutte e per tutti. Da qui, d'altronde, arriveranno i campioni del domani. Campioni puliti, dentro e fuori le società. Nella società.»
L'invito finale della Campese auspica un "annozero" del calcio italiano: «Azzerare tutto e ricominciare da capo", affermano in molti, ma più che azzerare tutto, bisognerebbe ridimensionare il fenomeno, cancellare le ombre, fare una volta per tutte pulizia dei tanti avvoltoi che hanno trasformato lo sport nazionale per antonomasia in un'industria privata, sovvenzionata attraverso il forziere della Lega, mentre agli altri sport vengono elargite briciole. Il problema è come e, soprattutto, da dove iniziare. Il sistema calcistico non può ritenersi immune da una riforma vigorosa, che tocchi anche le tasche di questi campioni e, soprattutto, di chi li paga». Ricominciamo dunque dallo sport dilettantistico e dallo sport per tutte e per tutti. Da qui, d'altronde, arriveranno i campioni del domani. Campioni puliti, dentro e fuori le società. Nella società».
«A ogni scandalo la stessa domanda: sarà l'ultimo?- tuona la Campese- L'immagine della Puglia sbattuta in prima pagina come centro nevralgico del malaffare calcistico italiano, rischia di riflettersi su tutto il movimento sportivo. Ingiustamente, certo; ma come dare torto ai tanti commentatori che in questi giorni hanno inzuppato la penna nel magma dell'ennesima indagine giudiziaria della magistratura ordinaria, inchiesta che aggiunge nuovi orrori agli errori del passato portando in superficie un sistema di corruzione inquietante nella sua capacità di penetrare l'ambiente e coinvolgere giocatori, allenatori, dirigenti, tifosi. Diventa sempre più pressante la necessità di sottrarre ai falsari del calcio professionistico ogni possibile tentazione e restituire ai tifosi, quelli veri, la possibilità di godersi lo spettacolo di un agonismo sano, senza trucchi né inganni.
La Campese accusa il sistema: «Diciamolo, ogni rimedio sondato ha l'efficacia di un palliativo in questo mondo dorato dove i milioni investiti servono a dare slancio e vigore o peggio, coprire, movimenti di ben altra affaristica natura. La Bari levantina evocata sui giornali qui c'entra poco. Così come appare semplicistico e fuorviante rifarsi al Dna culturale del Tacco d'Italia per provare a capire la natura di un virus che - lo attestano le cronache - dilaga in tutta Italia, quasi un'epidemia, tra doping, arbitraggi pilotati, combine varie. La visione romantica del calcio è definitivamente tramontata, e non da oggi. Lo "sport più bello del mondo" è diventato una macchina per fare soldi. Complice il grande business dei diritti televisivi e gli introiti pubblicitari che, negli anni, hanno fortemente contribuito anche alla metamorfosi del tifoso tipo che, con l'avvento delle Pay tv, è stato trascinato dagli spalti di uno stadio al divano del salotto di casa».
E' facile, in questi frangenti, richiamare i valori dell'etica e della morale. Così come è naturale inquadrare il fenomeno nel vuoto culturale e prospettico del Paese alla luce delle molte, troppe, connivenze che abbracciano trasversalmente tutta la società. Certo è che le leggi vanno riscritte, chiamando tutti – Lega calcio, società sportive, Federazione – a un'assunzione piena di responsabilità in cui siano chiari i confini in cui pubblico e privato si incontrano e quando e dove la spettacolarizzazione del calcio ha un inizio e una fine. La gestione degli stadi, ad esempio, è un problema non più rinviabile: hanno cercato di privatizzare l'acqua volete che non si possa fare cassa cedendo (non svendendo) gli stadi? Così come è impensabile che società con bilanci milionari, abituate a fare il bello e il cattivo tempo, siano sostenute sotto varie forme, da Comuni o Province. Quei soldi, se ci sono, restino pure al calcio ma vadano dirottati alle tante società sportive che nei campetti di periferia strappano i giovani alla strada, ne curano il benessere fisico, la socializzazione, li educano al rispetto delle regole, alla lealtà, in una parola: li allenano alla vita. Ricominciamo dunque dallo sport dilettantistico e dallo sport per tutte e per tutti. Da qui, d'altronde, arriveranno i campioni del domani. Campioni puliti, dentro e fuori le società. Nella società.»
L'invito finale della Campese auspica un "annozero" del calcio italiano: «Azzerare tutto e ricominciare da capo", affermano in molti, ma più che azzerare tutto, bisognerebbe ridimensionare il fenomeno, cancellare le ombre, fare una volta per tutte pulizia dei tanti avvoltoi che hanno trasformato lo sport nazionale per antonomasia in un'industria privata, sovvenzionata attraverso il forziere della Lega, mentre agli altri sport vengono elargite briciole. Il problema è come e, soprattutto, da dove iniziare. Il sistema calcistico non può ritenersi immune da una riforma vigorosa, che tocchi anche le tasche di questi campioni e, soprattutto, di chi li paga». Ricominciamo dunque dallo sport dilettantistico e dallo sport per tutte e per tutti. Da qui, d'altronde, arriveranno i campioni del domani. Campioni puliti, dentro e fuori le società. Nella società».