Santa Scommegna: «L'otto marzo della politica è ancora lontano...»
Intervista esclusiva alla dirigente del Settore Politiche attive di sviluppo del Comune di Barletta. Un viaggio tra presente e passato del triangolo donne-impresa-politica
giovedì 8 marzo 2012
13.26
Il mondo femminile e i suoi incroci con la politica e il mondo dell'impresa: questi i temi fondanti dell'intervista alla dirigente del Settore Settore Politiche attive di sviluppo del Comune di Barletta, la dott.sssa Santa Scommegna. All'interno del suo studio, la dottoressa Scommegna ci ha accolti per discutere del significato dell'8 marzo, toccando temi importanti, come l'assenza di donne nell'attuale giunta comunale, fino alla disparità di approcci e regolamentazione nell'accesso del genere femminile all'impresa, a cavallo tra presente e passato. Noi di Barlettalife, come si conviene in una data speciale come questa, l'abbiamo omaggiata con una mimosa, dando vita a una interessante conversazione.
8 marzo: che significato ha questa data per Santa Scommegna?
«Mi riporta immediatamente alle mie prime esperienze di impegno politico e civile. I ricordi vanno alla costituzione dell'Unione Donne Italiane a Barletta, alla creazione del consultorio, al referendum per l'aborto, alle numerose battaglie civili. E' una data di gran significato, per il significato della data in cui si onora il ricordo delle povere lavoratrici di New York morte sul lavoro, e si celebra, come dovrebbe accadere ogni giorno, l'importanza della donna».
Appunto, l'Unione Donne Italiane: vogliamo ripercorrere quest'esperienza?
«E' un'esperienza molto importante della fine degli anni '70. Io conservo ancora timbri, tessere che attestano quei ricordi. Ci hanno permesso di partecipare collettivamente alle problematiche delle donne della città, impegnate a livello culturale, sociale e politico».
Ha ancora senso festeggiare l'8 marzo, o è solo un modo per incoraggiare il teatrino consumistico?
«Ormai è diventato questo. Oggi ormai si esce per fare la pizza con le amiche. La trasformazione principale è stata questa, anche abbastanza avvilente. Però dall'altro lato penso che per molte persone è una delle rare occasioni di svago, quindi non bisogna biasimare chi vive così la serata».
Donne e impresa: quante sono ancora le difficoltà per una donna nell'avviare un'attività in proprio?
«Secondo me, anche dal punto di vista dell'Osservatorio che conduco, le difficoltà non sono differenti dagli altri ambiti. La forte differenza tra l'essere donna e l'essere uomo nella nostra società non varia. Anche nell'approccio all'impresa. Negli ultimi tempi, l'Unioncamere ha redatto recentemente dei rapporti, dai quali traspare come la donna sia più portata al lavoro autonomo che a quello dipendente, dove esistono condizioni tali da permettere con minore facilità la conciliazione tra il lavoro e il rispetto del "ruolo" che la donna ha nell'istituzione-famiglia. Le differenze emergono anche nell'impegno nell'impresa e purtroppo secondo me si stanno sempre più dilatando le distanze tra i due mondi. Io mi aspettavo che questi fossero gli anni dell'incontro, invece vedo ancora profonde differenze strutturali».
Quanto coraggio hanno le imprenditrici barlettane rispetto a quelle che lei ha conosciuto precedentemente? E' una classe imprenditoriale formata o da formare?
«In questi 30 anni di lavoro spesso ho incrociato tanti generi di proprietarie d'azienda: imprenditrici che erano solo delle prestanome, ho incontrato imprenditrici abbastanza soddisfatte della propria scelta, e poi anche imprenditrici che hanno dovuto fare i conti con le difficoltà del credito, della crisi, come per gli uomini. Quello che rimane sempre è che in carico alle donne restano ancora delle funzioni nell'organizzazione familiare, che non sempre vengono trasferite anche all'uomo. Gran parte del welfare familiare. E' un problema culturale e sociale: finchè l'organizzazione della società si fonda sulla famiglia è chiaro che il carico rimane per le donne. Teniamo conto che anche le conquiste femminili sono molto recenti, devono essere anche assimilate. Ci sono tanti passaggi che chiaramente vanno metabolizzati. Sta cambiando anche il fronte delle relazioni: è in aumento il fenomeno della violenza sulle donne, come gli episodi tra i familiari. Tensioni che si scaricano tra le persone. Gli uomini a mio avviso a volte non sanno gestire questi cambiamenti, e trasformano in rabbia, in un sentimento animale tutto questo».
Lei ritiene che ci siano differenze in un'azienda, a seconda che sia gestita e diretta da una donna o da un uomo?
«Esistono differenze. Ognuno si porta dietro la cultura dei rapporti interpersonali e il prezzo da pagarne. Però ho notato che per imporsi da donne nell'arena politica bisogna saper imitare i comportamenti maschili perché si assume maggiore credibilità e maggiore leadership».
Quanto è ancora lontano il raggiungimento della parità dei sessi in ambito lavorativo? E soprattutto, è ancora quello l'obiettivo, oppure dobbiamo cambiare questo modo di vedere?
«Secondo me il maggior problema del nostro paese è fare i conti con la debolezza in alcuni ambiti: la maternità è ancora un limite, oggi spesso ci si pone il problema del costo sociale della maternità, che pur essendo riconosciuto resta un vincolo. Esiste un periodo nella vita della donna, in cui questa fase diventa un problema ed è lasciata alla donna stessa. Anche se con la legge 53 si è stabilito che l'uomo può chiedere il permesso dal lavoro per paternità. Il fatto che la donna debba scegliere tra lavoro e maternità non è certo normale. I livelli di potere sono poi ancora limitatamente in disponibilità alle donne: credo che talvolta questa disparità sia motivata anche dal pudore proprio delle donne, che spesso nell'ambito maschile non c'è».
Ha parlato di "giochi di potere". La nostra città non ha donne in giunta. Prima del voto c'era un assessore donna su dieci, dopo il voto ci sono otto uomini su otto. Un segnale negativo o una semplice coincidenza da non biasimare?
«E' decisamente un segnale negativo: nelle mie esperienze passate, credo che non sia richiesto un particolare profilo agli assessori. Il fatto che non ci siano donne in giunta secondo me è una questione di inciviltà. La politica deve accollarsi la responsabilità di garantire le donne in giunta. E' solo un problema di riduzione del corpus maschile. Chi dice che non ci sono donne disponibili, in tutti i partiti, è da smentire: basta avere il coraggio di investire sulle donne in politica, non barrichiamoci dietro scuse poco credibili».
"Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto": dobbiamo al Rinascimento, in particolare a Ludovico Ariosto, l'irruzione delle donne nel testo occidentale. A chi dobbiamo, secondo Santa Scommegna, l'ingresso delle donne nell'industria occidentale?
«Secondo me il pieno avvento delle donne nel tessuto industriale occidentale si è avuto sia con la rivoluzione francese che con quella industriale. Il lavoro è parte dell'esperienza di una persona e ne modifica i comportamenti. La rivoluzione industriale ha dimostrato la possibilità di andare oltre il lavoro convenzionale e la possibilità di lottare per i diritti del lavoro. Ora ho purtroppo l'impressione che vi sia una sorta di involuzione: o le giovani donne non si rendono conto dei passi in avanti fatti. Io credo che il lavoro collettivo abbia segnato questo passaggio».
Guardiamo ancora al commercio con dimensione "glocal". La cittadinanza barlettana e la sua componente imprenditoriale è ancora troppo orientata al maschile?
«No, non credo. Credo che questa società non abbia tale limite, mentre li vedo più nella rappresentanza politica. Ripeto, con tutti i limiti di cui ho parlato prima, di conciliare lavoro e vita personale, in base a dei "modelli", ma non credo che la società barlettana sia talmente retrograda da non accettare questa evoluzione».
Siamo giunti in coda alla nostra intervista. Con quale augurio vuole salutare le lettrici di Barlettalife?
«Io vivo il mio 8 marzo con molta serenità e ogni volta mi fa piacere ricordare quello che ho fatto. Mantengo lo spirito combattivo e determinato con il quale ho affrontato sempre la mia vita e la mia carriera politica. Auguro con il cuore a tutte le donne di vivere bene con sé stesse, di trovare piena soddisfazione nella propria vita e di non dover mai subire limitazioni, questa è la cosa più importante».
Se dovesse chiudere questa intervista canticchiando una canzone in omaggio alle donne, che melodia sceglierebbe?
«Dedicherei alla giornata "Grazie" di Gianna Nannini».
8 marzo: che significato ha questa data per Santa Scommegna?
«Mi riporta immediatamente alle mie prime esperienze di impegno politico e civile. I ricordi vanno alla costituzione dell'Unione Donne Italiane a Barletta, alla creazione del consultorio, al referendum per l'aborto, alle numerose battaglie civili. E' una data di gran significato, per il significato della data in cui si onora il ricordo delle povere lavoratrici di New York morte sul lavoro, e si celebra, come dovrebbe accadere ogni giorno, l'importanza della donna».
Appunto, l'Unione Donne Italiane: vogliamo ripercorrere quest'esperienza?
«E' un'esperienza molto importante della fine degli anni '70. Io conservo ancora timbri, tessere che attestano quei ricordi. Ci hanno permesso di partecipare collettivamente alle problematiche delle donne della città, impegnate a livello culturale, sociale e politico».
Ha ancora senso festeggiare l'8 marzo, o è solo un modo per incoraggiare il teatrino consumistico?
«Ormai è diventato questo. Oggi ormai si esce per fare la pizza con le amiche. La trasformazione principale è stata questa, anche abbastanza avvilente. Però dall'altro lato penso che per molte persone è una delle rare occasioni di svago, quindi non bisogna biasimare chi vive così la serata».
Donne e impresa: quante sono ancora le difficoltà per una donna nell'avviare un'attività in proprio?
«Secondo me, anche dal punto di vista dell'Osservatorio che conduco, le difficoltà non sono differenti dagli altri ambiti. La forte differenza tra l'essere donna e l'essere uomo nella nostra società non varia. Anche nell'approccio all'impresa. Negli ultimi tempi, l'Unioncamere ha redatto recentemente dei rapporti, dai quali traspare come la donna sia più portata al lavoro autonomo che a quello dipendente, dove esistono condizioni tali da permettere con minore facilità la conciliazione tra il lavoro e il rispetto del "ruolo" che la donna ha nell'istituzione-famiglia. Le differenze emergono anche nell'impegno nell'impresa e purtroppo secondo me si stanno sempre più dilatando le distanze tra i due mondi. Io mi aspettavo che questi fossero gli anni dell'incontro, invece vedo ancora profonde differenze strutturali».
Quanto coraggio hanno le imprenditrici barlettane rispetto a quelle che lei ha conosciuto precedentemente? E' una classe imprenditoriale formata o da formare?
«In questi 30 anni di lavoro spesso ho incrociato tanti generi di proprietarie d'azienda: imprenditrici che erano solo delle prestanome, ho incontrato imprenditrici abbastanza soddisfatte della propria scelta, e poi anche imprenditrici che hanno dovuto fare i conti con le difficoltà del credito, della crisi, come per gli uomini. Quello che rimane sempre è che in carico alle donne restano ancora delle funzioni nell'organizzazione familiare, che non sempre vengono trasferite anche all'uomo. Gran parte del welfare familiare. E' un problema culturale e sociale: finchè l'organizzazione della società si fonda sulla famiglia è chiaro che il carico rimane per le donne. Teniamo conto che anche le conquiste femminili sono molto recenti, devono essere anche assimilate. Ci sono tanti passaggi che chiaramente vanno metabolizzati. Sta cambiando anche il fronte delle relazioni: è in aumento il fenomeno della violenza sulle donne, come gli episodi tra i familiari. Tensioni che si scaricano tra le persone. Gli uomini a mio avviso a volte non sanno gestire questi cambiamenti, e trasformano in rabbia, in un sentimento animale tutto questo».
Lei ritiene che ci siano differenze in un'azienda, a seconda che sia gestita e diretta da una donna o da un uomo?
«Esistono differenze. Ognuno si porta dietro la cultura dei rapporti interpersonali e il prezzo da pagarne. Però ho notato che per imporsi da donne nell'arena politica bisogna saper imitare i comportamenti maschili perché si assume maggiore credibilità e maggiore leadership».
Quanto è ancora lontano il raggiungimento della parità dei sessi in ambito lavorativo? E soprattutto, è ancora quello l'obiettivo, oppure dobbiamo cambiare questo modo di vedere?
«Secondo me il maggior problema del nostro paese è fare i conti con la debolezza in alcuni ambiti: la maternità è ancora un limite, oggi spesso ci si pone il problema del costo sociale della maternità, che pur essendo riconosciuto resta un vincolo. Esiste un periodo nella vita della donna, in cui questa fase diventa un problema ed è lasciata alla donna stessa. Anche se con la legge 53 si è stabilito che l'uomo può chiedere il permesso dal lavoro per paternità. Il fatto che la donna debba scegliere tra lavoro e maternità non è certo normale. I livelli di potere sono poi ancora limitatamente in disponibilità alle donne: credo che talvolta questa disparità sia motivata anche dal pudore proprio delle donne, che spesso nell'ambito maschile non c'è».
Ha parlato di "giochi di potere". La nostra città non ha donne in giunta. Prima del voto c'era un assessore donna su dieci, dopo il voto ci sono otto uomini su otto. Un segnale negativo o una semplice coincidenza da non biasimare?
«E' decisamente un segnale negativo: nelle mie esperienze passate, credo che non sia richiesto un particolare profilo agli assessori. Il fatto che non ci siano donne in giunta secondo me è una questione di inciviltà. La politica deve accollarsi la responsabilità di garantire le donne in giunta. E' solo un problema di riduzione del corpus maschile. Chi dice che non ci sono donne disponibili, in tutti i partiti, è da smentire: basta avere il coraggio di investire sulle donne in politica, non barrichiamoci dietro scuse poco credibili».
"Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie, l'audaci imprese io canto": dobbiamo al Rinascimento, in particolare a Ludovico Ariosto, l'irruzione delle donne nel testo occidentale. A chi dobbiamo, secondo Santa Scommegna, l'ingresso delle donne nell'industria occidentale?
«Secondo me il pieno avvento delle donne nel tessuto industriale occidentale si è avuto sia con la rivoluzione francese che con quella industriale. Il lavoro è parte dell'esperienza di una persona e ne modifica i comportamenti. La rivoluzione industriale ha dimostrato la possibilità di andare oltre il lavoro convenzionale e la possibilità di lottare per i diritti del lavoro. Ora ho purtroppo l'impressione che vi sia una sorta di involuzione: o le giovani donne non si rendono conto dei passi in avanti fatti. Io credo che il lavoro collettivo abbia segnato questo passaggio».
Guardiamo ancora al commercio con dimensione "glocal". La cittadinanza barlettana e la sua componente imprenditoriale è ancora troppo orientata al maschile?
«No, non credo. Credo che questa società non abbia tale limite, mentre li vedo più nella rappresentanza politica. Ripeto, con tutti i limiti di cui ho parlato prima, di conciliare lavoro e vita personale, in base a dei "modelli", ma non credo che la società barlettana sia talmente retrograda da non accettare questa evoluzione».
Siamo giunti in coda alla nostra intervista. Con quale augurio vuole salutare le lettrici di Barlettalife?
«Io vivo il mio 8 marzo con molta serenità e ogni volta mi fa piacere ricordare quello che ho fatto. Mantengo lo spirito combattivo e determinato con il quale ho affrontato sempre la mia vita e la mia carriera politica. Auguro con il cuore a tutte le donne di vivere bene con sé stesse, di trovare piena soddisfazione nella propria vita e di non dover mai subire limitazioni, questa è la cosa più importante».
Se dovesse chiudere questa intervista canticchiando una canzone in omaggio alle donne, che melodia sceglierebbe?
«Dedicherei alla giornata "Grazie" di Gianna Nannini».