Sacchetti bio, difficoltà per gli esercenti obbligati a richiederne il pagamento

Confcommercio: «Si tratta di un principio virtuoso ma tempistiche poco graduali»

lunedì 15 gennaio 2018
Dal 1° gennaio 2018 è entrata in vigore la norma che mette al bando i sacchetti di plastica ultraleggeri per imbustare frutta, verdura, carne, pesce e affettati e l'obbligo di sostituzione con shopper biodegradabili e compostabili a pagamento.

«Sebbene il principio alla base con la sostituzione dei sacchetti ultraleggeri in uso con quelli biodegradabili sia lodevole, confermandoci un Paese virtuoso in Europa, nel rispetto dell'ambiente e dunque di noi stessi, coerentemente in linea con l'abolizione delle shopper non compostabili disposta ed accolta già nel 2011, credo – dichiara Leo Carriera Direttore Confcommercio Bari – sia poco corretto lo strumento imposto dall'Unione Europea che prevede, tra l'altro, tempistiche di applicazione poco graduali». A differenza delle shopper, infatti, che possono a discrezione dei consumatori essere opzionate in cassa o sostituite anche con borse riutilizzabili per il trasporto, la nuova norma che vieta l'uso dei sacchetti ultraleggeri come imballaggio primario per gli alimenti sfusi obbliga gli esercenti a richiedere ai clienti, di fatto, il pagamento dei nuovi sacchetti biodegradabili e compostabili, poiché, non esiste una vera alternativa ad essi.

«Per gli addetti ai lavori e gli esercenti è oltremodo difficile monitorare l'uso da parte dei clienti di sacchetti portati da casa e verificarne l'idoneità senza evitare di creare contenziosi e confusione con la clientela. Sarebbe auspicabile – conclude Carriera – pensare di prendere almeno sei mesi di tempo senza elevare da subito salate sanzioni per i commercianti che non rispettano la normativa vigente, per verificare gli effetti pratici scaturiti da un provvedimento del genere e dare la possibilità a consumatori ed esercenti di adeguarvisi gradualmente».