'Riportando tutto a casa' con Nicola Lagioia
Lo scrittore barese si racconta in una esclusiva intervista. L'incontro si è svolto al Punto Einaudi di Barletta
domenica 10 ottobre 2010
Mercoledì pomeriggio, nella splendida cornice della libreria Punto Einaudi di Barletta, l'associazione Globegrotter di Trinitapoli, in collaborazione con la detta libreria, ha organizzato e coordinato un incontro con lo scrittore barese Nicola Lagioia, autore del best-seller "Riportando tutto a casa", Premio Viareggio 2010 per la narrativa.
L'incontro-intervista è stato moderato dalla Presidente dell'associazione Globegrotter, Antonietta D'Introno. Nel corso dell'evento Lagioia, sempre bravo nell'affabulare il pubblico e disponibile nel soddisfare le curiosità dei lettori, ha descritto le emozioni alla base della sua scrittura, senza sottrarsi al confronto con le (poche a dire il vero) critiche che il suo libro ha suscitato tra gli addetti ai lavori.
"Riportando tutto a casa" è il terzo romanzo dello scrittore barese dopo Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (2001) e Occidente per principianti (2004). Attualmente dirige Nichel, la collana di letteratura italiana di minimum fax. Nel 2010 è alla conduzione di Pagina3, la rassegna quotidiana delle pagine culturali trasmessa da Radio3.
Riportando tutto a casa di Nicola Lagioia è un libro che costringe a fare i conti con molti stereotipi, raccontando in modo nuovo cose che credevamo di conoscere. Apparentemente, ci troviamo a leggere un romanzo di formazione ambientato a Bari negli anni Ottanta. In realtà, basta seguire per poche pagine le avventure dei tre ragazzini al centro del libro per capire che questo non è un romanzo di formazione, ma d'iniziazione, o di corruzione: la strada dell'età adulta si rivela fin da subito una discesa a rotta di collo, carica di delusioni, compromessi e rinunce. Gli anni Ottanta, nel resto d'Italia e anche a Bari, non sono quel periodo futile da molti raccontato in chiave pop, ma una stagione insieme oscura e scintillante, dove la divaricazione fra realtà e desideri s'insinua dentro le persone. Una stagione in cui è facile riconoscere le premesse di un presente che non è né migliore né peggiore, solo più stanco e disilluso.
Un romanzo d'iniziazione che ha comportato per l'autore uno sforzo: il tentativo di riappropriarsi di un cumulo di esperienze informi raccontate nel libro per trasformarle nella viva materia di un romanzo, di qualcosa di narrabile e trasmissibile al lettore.
Al termine dell'incontro, Nicola Lagioia si è concesso ai nostri taccuini per un'esclusiva intervista.
1) In "Riportando tutto a casa" i protagonisti sono i tre ragazzi (Giuseppe, Vincenzo e il "terzo amico"), ma qual è il messaggio che il libro vuole lanciare descrivendo le famiglie "particolari" che questi giovani hanno alle spalle?
Io penso che avesse ragione Eduardo De Filippo, il quale diceva che se avesse voluto lanciare un messaggio avrebbe fatto il postino. Secondo me un romanzo non deve avere per forza un messaggio, o una tesi, perchè le tesi sono sempre riduttive. Mi interessava raccontare delle famiglie investite da questa ondata di presunto benessere qual'era quello esploso, o che si diceva fosse esploso negli anni '80. Queste famiglie sono però incapaci di gestire la fortuna da cui sono toccate. Questi proletari che vedono tanti soldi all'improvviso sul proprio conto corrente pensano prima a soddisfare bisogni secondari, come la pelliccia di visone per il cane, che non a pagarsi il mutuo. E' la storia di un rapporto disastroso con il denaro.
2) Il libro è ambientato nella Bari dei primi anni '80, epoca in cui "il denaro corre veloce per il paese": come è cambiata Bari, e i baresi, in questo quarto di secolo?
Bari da città moderna si è evoluta in città postmoderna. Quando io ero un ragazzo c'erano delle differenze che si notavano molto facilmente: c'era il quartiere proletario, come Japigia o Carbonara 2, il quartiere "bene", ossia il Murattiano, Bari vecchia non era ancora il cuore della movida, anzi era considerata una sorta di "città proibita". Oggi tutto questo è mescolato, le barriere sono cadute: credo che però dietro questa apparente normalizzazione vi sia sempre lo spettro della mimetizzazione. Oggi è finita l'era degli spacciatori in acetato, come si vedevano a Japigia, ed è iniziata l'epoca dello spacciatore in gessato, come Gianpaolo Tarantini. Quindi la polvere esiste ancora, ma è stata accantonata sotto il tappeto. In tal senso l'apice si toccò probabilmente in occasione dell'incendio del Teatro Petruzzelli, quando preumibilmente vi era connivenza tra malavita locale e la creme della cittadinanza barese. Là ci si rese conto che probabilmente in città il bene e il male non erano poi cosi' distanti.
3) Negli ultimi capitoli del libro vediamo lunghi periodi dedicati alla descrizione degli effetti della tossicodipendenza: come arriva uno scrittore a conoscere e poter descrivere cosi' minuziosamente un mondo "difficile" come quello della droga?Ha conosciuto persone che hanno vissuto questo dramma?
La mia generazione era fatta da comitive in cui era facile avere 2-3 amici in comunità di recupero; all'epoca le grandi città erano piene di tossici, che erano visti come uno "scandalo vivente". Erano la prova provata che dietro l'opulenza, i lustrini vi era anche un malessere molto forte. Dunque incontrare tossicodipendenti non era cosi' difficile: di qui deriva la loro conoscenza.
4) A quale tipologia di lettore è rivolta la scrittura di Nicola Lagioia?
Ho sicuramente un lettore ideale, molto severo, capace di appassionarsi alla lettura di un libro, che mi raffiguro nella mia mente. Però al tempo stesso ritengo importante che uno scrittore nella sua mente non abbia un target; con ciò non voglio dire che lo scrittore debba comporre per sé, ma neanche essere imprigionato dalla figura del lettore-tipo, che è meglio rimanga sempre un po' "astratta".
5) Cosa ne pensa della situazione dei giovani di adesso? Quanto sono cambiati rispetto a venti anni fa?
Secondo me non sarà mai meglio o peggio, magari ieri si faceva più uso di eroina, oggi sono più usate le pallette, l'MDMA. Io da questo punto di vista sono a favore della legalizzazione delle droghe leggere: in Olanda, dove è consentito dalla legge l'uso di queste sostanze,non vi è una percentuale di consumatori di droghe leggere superiori all'Italia, anzi. Sicuramente questo traffico arricchisce le mafie, essendo il secondo per volume di denaro dopo il traffico di armi. Oggi parlare di giovani "tipizzati" è inutile, in quanto ogni generazione ha le sue caratteristiche: il suo modo di essere stupida, eroica, i propri eroi.
6) Usciamo "fuori traccia": da intellettuale come vede la situazione delle universita' italiane? Quali giovani cervelli stiamo producendo?
La situazione mi sembra disastrosa. E' un paese che non produce più cervelli: non investiamo più sui giovani, sugli studenti, anche se è vero che molti si trasferiscono per studiare fuori. Assistiamo ad una nuova immigrazione "proletaria", di stampo piccolo-medio borghese, ma pur sempre di immigrazione si tratta. Un paese che non cura più il futuro è un paese spacciato!
7) Il Premio Viareggio per la letteratura vinto quest'anno e' un punto d'arrivo o un punto di partenza?
Il premio Viareggio è sicuramente un punto di partenza: faccio gli scongiuri (incrocia le dita, ndr) perchè ogniqualvolta ti vanno bene tre cose di seguito, e parlo delle ultime 3 opere, è facile che dopo vada male qualcosa. Sono molto scaramantico in tal senso. Un premio per uno scrittore è sempre uno stimolo a far meglio, a scrivere un altro libro "decente" o addirittura bello (sorride, ndr). Dunque il premio non è un punto di partenza anche perchè ho 37 anni, un'età relativamente giovane per uno scrittore; posso scrivere fino a quando il cervello sorregge la mia attività intellettuale.
E noi ti ringraziamo con l'augurio che i tuoi lettori, "tipo" o no, restino sempre soddisfatti e incantati dalle tue opere.
L'incontro-intervista è stato moderato dalla Presidente dell'associazione Globegrotter, Antonietta D'Introno. Nel corso dell'evento Lagioia, sempre bravo nell'affabulare il pubblico e disponibile nel soddisfare le curiosità dei lettori, ha descritto le emozioni alla base della sua scrittura, senza sottrarsi al confronto con le (poche a dire il vero) critiche che il suo libro ha suscitato tra gli addetti ai lavori.
"Riportando tutto a casa" è il terzo romanzo dello scrittore barese dopo Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (2001) e Occidente per principianti (2004). Attualmente dirige Nichel, la collana di letteratura italiana di minimum fax. Nel 2010 è alla conduzione di Pagina3, la rassegna quotidiana delle pagine culturali trasmessa da Radio3.
Riportando tutto a casa di Nicola Lagioia è un libro che costringe a fare i conti con molti stereotipi, raccontando in modo nuovo cose che credevamo di conoscere. Apparentemente, ci troviamo a leggere un romanzo di formazione ambientato a Bari negli anni Ottanta. In realtà, basta seguire per poche pagine le avventure dei tre ragazzini al centro del libro per capire che questo non è un romanzo di formazione, ma d'iniziazione, o di corruzione: la strada dell'età adulta si rivela fin da subito una discesa a rotta di collo, carica di delusioni, compromessi e rinunce. Gli anni Ottanta, nel resto d'Italia e anche a Bari, non sono quel periodo futile da molti raccontato in chiave pop, ma una stagione insieme oscura e scintillante, dove la divaricazione fra realtà e desideri s'insinua dentro le persone. Una stagione in cui è facile riconoscere le premesse di un presente che non è né migliore né peggiore, solo più stanco e disilluso.
Un romanzo d'iniziazione che ha comportato per l'autore uno sforzo: il tentativo di riappropriarsi di un cumulo di esperienze informi raccontate nel libro per trasformarle nella viva materia di un romanzo, di qualcosa di narrabile e trasmissibile al lettore.
Al termine dell'incontro, Nicola Lagioia si è concesso ai nostri taccuini per un'esclusiva intervista.
1) In "Riportando tutto a casa" i protagonisti sono i tre ragazzi (Giuseppe, Vincenzo e il "terzo amico"), ma qual è il messaggio che il libro vuole lanciare descrivendo le famiglie "particolari" che questi giovani hanno alle spalle?
Io penso che avesse ragione Eduardo De Filippo, il quale diceva che se avesse voluto lanciare un messaggio avrebbe fatto il postino. Secondo me un romanzo non deve avere per forza un messaggio, o una tesi, perchè le tesi sono sempre riduttive. Mi interessava raccontare delle famiglie investite da questa ondata di presunto benessere qual'era quello esploso, o che si diceva fosse esploso negli anni '80. Queste famiglie sono però incapaci di gestire la fortuna da cui sono toccate. Questi proletari che vedono tanti soldi all'improvviso sul proprio conto corrente pensano prima a soddisfare bisogni secondari, come la pelliccia di visone per il cane, che non a pagarsi il mutuo. E' la storia di un rapporto disastroso con il denaro.
2) Il libro è ambientato nella Bari dei primi anni '80, epoca in cui "il denaro corre veloce per il paese": come è cambiata Bari, e i baresi, in questo quarto di secolo?
Bari da città moderna si è evoluta in città postmoderna. Quando io ero un ragazzo c'erano delle differenze che si notavano molto facilmente: c'era il quartiere proletario, come Japigia o Carbonara 2, il quartiere "bene", ossia il Murattiano, Bari vecchia non era ancora il cuore della movida, anzi era considerata una sorta di "città proibita". Oggi tutto questo è mescolato, le barriere sono cadute: credo che però dietro questa apparente normalizzazione vi sia sempre lo spettro della mimetizzazione. Oggi è finita l'era degli spacciatori in acetato, come si vedevano a Japigia, ed è iniziata l'epoca dello spacciatore in gessato, come Gianpaolo Tarantini. Quindi la polvere esiste ancora, ma è stata accantonata sotto il tappeto. In tal senso l'apice si toccò probabilmente in occasione dell'incendio del Teatro Petruzzelli, quando preumibilmente vi era connivenza tra malavita locale e la creme della cittadinanza barese. Là ci si rese conto che probabilmente in città il bene e il male non erano poi cosi' distanti.
3) Negli ultimi capitoli del libro vediamo lunghi periodi dedicati alla descrizione degli effetti della tossicodipendenza: come arriva uno scrittore a conoscere e poter descrivere cosi' minuziosamente un mondo "difficile" come quello della droga?Ha conosciuto persone che hanno vissuto questo dramma?
La mia generazione era fatta da comitive in cui era facile avere 2-3 amici in comunità di recupero; all'epoca le grandi città erano piene di tossici, che erano visti come uno "scandalo vivente". Erano la prova provata che dietro l'opulenza, i lustrini vi era anche un malessere molto forte. Dunque incontrare tossicodipendenti non era cosi' difficile: di qui deriva la loro conoscenza.
4) A quale tipologia di lettore è rivolta la scrittura di Nicola Lagioia?
Ho sicuramente un lettore ideale, molto severo, capace di appassionarsi alla lettura di un libro, che mi raffiguro nella mia mente. Però al tempo stesso ritengo importante che uno scrittore nella sua mente non abbia un target; con ciò non voglio dire che lo scrittore debba comporre per sé, ma neanche essere imprigionato dalla figura del lettore-tipo, che è meglio rimanga sempre un po' "astratta".
5) Cosa ne pensa della situazione dei giovani di adesso? Quanto sono cambiati rispetto a venti anni fa?
Secondo me non sarà mai meglio o peggio, magari ieri si faceva più uso di eroina, oggi sono più usate le pallette, l'MDMA. Io da questo punto di vista sono a favore della legalizzazione delle droghe leggere: in Olanda, dove è consentito dalla legge l'uso di queste sostanze,non vi è una percentuale di consumatori di droghe leggere superiori all'Italia, anzi. Sicuramente questo traffico arricchisce le mafie, essendo il secondo per volume di denaro dopo il traffico di armi. Oggi parlare di giovani "tipizzati" è inutile, in quanto ogni generazione ha le sue caratteristiche: il suo modo di essere stupida, eroica, i propri eroi.
6) Usciamo "fuori traccia": da intellettuale come vede la situazione delle universita' italiane? Quali giovani cervelli stiamo producendo?
La situazione mi sembra disastrosa. E' un paese che non produce più cervelli: non investiamo più sui giovani, sugli studenti, anche se è vero che molti si trasferiscono per studiare fuori. Assistiamo ad una nuova immigrazione "proletaria", di stampo piccolo-medio borghese, ma pur sempre di immigrazione si tratta. Un paese che non cura più il futuro è un paese spacciato!
7) Il Premio Viareggio per la letteratura vinto quest'anno e' un punto d'arrivo o un punto di partenza?
Il premio Viareggio è sicuramente un punto di partenza: faccio gli scongiuri (incrocia le dita, ndr) perchè ogniqualvolta ti vanno bene tre cose di seguito, e parlo delle ultime 3 opere, è facile che dopo vada male qualcosa. Sono molto scaramantico in tal senso. Un premio per uno scrittore è sempre uno stimolo a far meglio, a scrivere un altro libro "decente" o addirittura bello (sorride, ndr). Dunque il premio non è un punto di partenza anche perchè ho 37 anni, un'età relativamente giovane per uno scrittore; posso scrivere fino a quando il cervello sorregge la mia attività intellettuale.
E noi ti ringraziamo con l'augurio che i tuoi lettori, "tipo" o no, restino sempre soddisfatti e incantati dalle tue opere.